Sul welfare Rifondazione ha fatto la vittima ma forse ha avuto la meglio

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Sul welfare Rifondazione ha fatto la vittima ma forse ha avuto la meglio

28 Novembre 2007

Nella giornata di ieri sembra che il Governo abbia
finalmente trovato la quadra sul protocollo Welfare. Il Governo ha infatti
presentato un maxi – emendamento riassuntivo dell’intero testo, sul quale viene
posta la questione di fiducia. Il Ministro Chiti ha precisato che si tratta di
una fiducia politica.

Si è trattato di un parto faticoso e non privo di
conseguenze, considerato che ha portato gli esponenti della sinistra radicale
ha prospettare l’apertura di una verifica di governo a gennaio. E’ anche circolata
l’ipotesi di un ritiro della delegazione comunista dal Governo. A Giordano e
compagni non è proprio andata giù che il Governo abbia ceduto al veto di Dini
ed abbia imposto una marcia indietro rispetto al testo approvato dalla
Commissione lavoro della Camera. Alcuni autorevoli esponenti della maggioranza
– in primis il lidèr maximo Walter Veltroni – hanno infatti salutato con favore
il ripristino del testo sottoscritto dalle parti sociali il 23 luglio (e che
rifondazione comunista giudica un pessimo accordo).

A ben vedere le cose non stanno esattamente così. In realtà,
il testo sul quale il Governo ha posto la fiducia non è affatto la
riproposizione dei contenuti dell’accordo di luglio. E non è nemmeno la
ripresentazione del testo originario del d.d.l. che includeva le ulteriori
concessioni al sindacato. E’ l’ennesima mediazione al ribasso di Prodi che, pur
di durare, cede alle pretese della sinistra radicale. Per rendersene conto
occorre però ripercorrere le tappe fondamentali della vicenda.

A luglio viene sottoscritto dalle parti sociali quello che
viene pomposamente appellato accordo sul Welfare. In realtà, nella sostanza si
trattava soprattutto di due contro-riforme. Quella pensionistica con
l’abolizione dello scalone della legge Maroni (ritenuto iniquo dalla sinistra
ma in realtà voluto all’epoca dai sindacati che si opposero ad un innalzamento
graduale dell’età pensionistico preferendo spostare tutto l’aumento sino a 60
anni al 2008). E quella – di scarsa portata – della legge Biagi sul mercato del
lavoro (con una disciplina più restrittiva sui contratti a termine).

Ma, evidentemente, per Rifondazione si trattava di
controriforme insufficienti: nonostante il plebiscito sindacale, il Governo
pensava bene di licenziare un disegno di legge più sbilanciato “a sinistra” su
alcuni punti significativi (introduzione di un termine massimo di rinnovo dei
contratti a tempo determinato, eliminazione del tetto di lavori usuranti che
possono dare diritto ad un trattamento pensionistico agevolato).

Così, dopo una nuova contrattazione lampo, il Governo
trovava nel mese di ottobre un nuovo accordo, il quale in realtà (con la
complicità o la distrazione di Confindustria) confermava tutte le concessioni
in favore della sinistra radicale (con la sola eccezione dell’esclusione dalla
nuova disciplina dei contratti a termine per le attività stagionali).

Ma evidentemente neanche questa soluzione poteva bastare e
così la Commissione lavoro della Camera (con il voto favorevole di tutta la
maggioranza) ha ulteriormente modificato il testo su punti significativi:

– modificano
dei requisiti per la qualificazione di lavoro notturno (ai fini del trattamento
pensionistico agevolato) eliminando la necessità svolgere almeno 80 ore di
lavoro notturno per ciascun anno;

– affermazione
del principio generale per cui il contratto di lavoro è di regola a tempo
indeterminato. (Norma di principio, apparentemente innocua, ma rischiosissima
in sede giurisprudenziale)

– ulteriore
stretta in materia di contratti a termine, dove i tre anni possono essere anche
non continuativi e l’unica proroga ammessa non può superare gli 8 mesi;

– abolizione
della dello staff leasing e del job sharing figure introdotte dalla legge
Biagi.

Di fronte alle minacce di Dini, che avevano messo a rischio
la maggioranza al Senato, Prodi ha definito una nuova versione del testo che
alcuni spacciano come ripristino del testo originario dell’accordo di luglio.
In realtà la nuova versione non ripristina affatto il testo iniziale del
protocollo ma conferma tutte le modifiche accumulatesi nel frattempo. Comprese
alcune fra quelle introdotte dalla Commissione lavoro della Camera. In
particolare, rimane l’abolizione di staff leasing e job sharing. Rimane
l’affermazione secondo cui il contratto è di regola a tempo indeterminato.
Rimane la stretta sui contratti a termine (tre anni non consecutivi e termine
di ulteriore proroga fissato dai contratti collettivi). Rispetto al testo del
disegno di legge presentato in Parlamento il maxi emendamento ripristina
unicamente il requisiti delle 80 ore ai fini della qualificazione del lavoro
notturno. Ma questa era un novità troppo vistosa politicamente e sicuramente
onerosa dal punto di vista finanziaria per poter essere digerita da Dini e
compagno.

La cosa curiosa a questo punto è la reazione della sinistra
radicale che pure ha mantenuto quasi tutto ciò che era riuscita a conquistare.
Probabilmente però si tratta solo di una commedia degli equivoci. Probabilmente
Rifondazione ha capito che l’unico modo che ha per difendere le concessioni che
riesce ad ottenere da Prodi è protestare. L’unico modo che ha per arginare venti di crisi provenienti dal centro della coalizione è minacciare essa stessa l’apertura di una crisi. Si tratta del resto di una banale tecnica negoziale che esperti
sindacalisti come Bertinotti & co. a volte rischiano di dimenticare. 

Per una volta ci tocca essere in radicale dissenso con il
Presidente emerito Francesco Cossiga che ha detto “è sublime come Prodi prende
per il c… Rifondazione. No Presidente! è sublime come Prodi prende per il c….
Dini e i moderati della maggioranza.

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