Sulla Birmania dopo il ciclone si abbatte anche la censura

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Sulla Birmania dopo il ciclone si abbatte anche la censura

07 Maggio 2008

Pochi minuti fa un giornalista
della Bbc è stato espulso dall’ex Birmania. Il regime non vuole ancora una
volta fare trasparire la verità. Torna a usare il bieco mezzo della censura,
stavolta persino di fronte alla strage, senza pietà nemmeno per i cadaveri e la
gente affamata.

La violenza del ciclone “Nargis” e
l’onda anomala che si è scatenata nella zona più colpita del delta dell’Irrawaddy
continua a centellinare il suo bollettino di morte. Salgono a 22.500 le
vittime, mentre da giorni non si sa più nulla di oltre 41.000 birmani,
scomparsi, dispersi, forse altre vite risucchiate dalla furia del cataclisma
(dati diffusi dalla Tv di Stato).  L’
associazione “Save The Children” per il Myanmar riferisce di milioni
di senzatetto (due terzi delle case distrutte), di rischio epidemie con migliaia
di cadaveri rilasciati dalle acque che si stanno ritirando, mentre i superstiti
sono rimasti senz’acqua potabile e cibo. È il ciclone più violento dopo quello
dell’aprile 1991, che in Bangladesh spezzò la vita di 138 mila persone. Secondo
l’ONU ci sono 5000 km
quadrati di territorio vicino all’ Irrawaddy ancora sott’ acqua.

L’aeroporto di Rangoon è stato
riaperto, così la Croce Rossa
ha iniziato a distribuire viveri, medicinali, vestiario, mentre la Comunità Internazionale,
dall’ONU all’Unione Europea, dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda fino alla
Cina e alla Thailandia, si sta mobilitando promettendo aiuti e sostegni
economici. Dalla stessa Croce Rossa giunge l’appello a raccogliere 4 milioni di
euro per portare tende, acqua, zanzariere e altri aiuti.

Anche l’ atteggiamento di fronte
alla solidarietà del mondo da parte del
governo locale è parziale e sconcertante davanti al disastro che ha colpito il
Paese. I generali, fin ora, hanno aperto agli aiuti
internazionale unicamente attraverso le Nazioni Unite – dopo avere negato per
ore l’ingresso dei soccorritori e degli aiuti – e avviato da poco negoziati con
le Ong che vogliano entrare nel territorio per interventi umanitari.
Soccorsi
che stanno arrivando con notevole ritardo e solo quando il regime ha capito che
non era più nelle condizioni di potere gestire da solo l’ecatombe. Nei giorni
precedenti, comunque, i cittadini stessi si disperavano non trovando per le
strade militari – quelli stessi, però, che nei giorni di repressione invece si
scatenano a centinaia – e hanno dovuto arrangiarsi da soli e con l’unico aiuto spontaneo
prestato dai monaci buddisti.

Gli Stati Uniti hanno deliberato 3
milioni di dollari per il Myanmar ma non intendono affidarli direttamente nelle
mani dei generali preferendo l’intermediazione dell’ONU, sia per essere sicuri
che i soldi vengano utilizzati per aiutare le popolazioni e sia per bypassare
la spocchia del governo locale che, con una nazione in ginocchio, si permette
di rifiutarli dal Paese – gli Usa appunto – che in passato hanno promosso aspre
sanzioni contro di loro.

Per complicare tutto la giunta
militare ha nominato addirittura un ministro incaricato di esaminare le
richieste di visto per i lavoratori umanitari stranieri. Nel mezzo scoppia la
polemica con la Francia,
la quale ha ridimensionato gli aiuti, accusando di
“collaborazione non trasparente” il regime.

L’Italia
attraverso il Ministero degli Esteri ha stanziato 1
23 mila euro per la
prima assistenza alla popolazione, domani partirà un volo umanitario con 30
tonnellate di beni di prima necessità (tende, depuratori d’acqua, generatori,
kit sanitari). La Farnesina,
inoltre, si è impegnata per un altro milione di euro (500 mila tramite il Pam
più altri 500 mila a un fondo emergenza ONU), inoltre attreverso l’OMS, fornirà
300.000 euro in generi sanitari e medicine.

Distrutte le risaie vicino
all’Irrawaddy schizza alle stelle il prezzo del riso. In 24 ore si è impennato
anche il costo di uova, olio e raddoppiato quello della benzina. La
disperazione popolare potrebbe riaccendersi con violenza, anche in relazione
all’anticha credenza birmana secondo cui, quando un
disastro naturale colpisce il Paese, significa che i governanti hanno perso il
loro