Sulla interdizione del Cav. il Pdl non faccia autogol

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Sulla interdizione del Cav. il Pdl non faccia autogol

28 Agosto 2013

Che il Governo Letta sia fondato su una fragile luna di miele non è un mistero, ma molto più complesso appare prevedere gli scenari futuri, visti i notevoli passaggi istituzionali che di qui a breve vedranno la luce, sia in caso di crisi che in caso di  prosecuzione della compagine governativa. Molto dipenderà infatti dall’atteggiamento del Partito democratico durante la riunione della Giunta per le elezioni del Senato. Non è escluso che, anche già prima, visto l’esito scontato del voto, il centrodestra possa far saltare il tavolo con le contestuali dimissioni del Governo Letta. Ma attenzione. Le dimissioni del Presidente del Consiglio, che, come è noto, comportano con sé le dimissioni dell’esecutivo, non rappresenterebbero, sotto il punto di vista formale, un atto dovuto. È solo un esempio di scuola, certo, ma l’uscita del Pdl dal governo non provocherebbe seduta stante la sua caduta. L’esempio del governo Andreotti, che sostituì in poche ore i ministri della sinistra dc contrari alla Legge Mammì, è sotto gli occhi di tutti. L’esecutivo allora andò avanti senza il bisogno di un un nuovo passaggio formale alle Camere per l’ottenimento della fiducia. Pur paradossale e davvero improbabile è, tuttavia, una delle possibilità che Napolitano e Letta hanno comunque sul loro tavolo.

Si badi bene che, sotto il punto di vista formale, il voto della giunta non è di per sé definitivo poiché sarà comunque l’aula del Senato a doversi esprimere, con voto segreto, sul destino del seggio di Silvio Berlusconi. Non sono in pochi a pensare nei ranghi dei peones democratici che, un eventuale assenso alla decadenza comporterebbe, in breve tempo, lo scioglimento delle Camere e quindi, per molti di loro, l’addio prematuro (troppo prematuro) al magari tanto agognato seggio. Non è è quindi improbabile che il Pd, come già molto spesso in questi mesi, si spacchi nel segreto dell’urna.

Dopo le eventuali dimissioni del governo si aprirebbe comunque spazio ad una serie di soluzioni. La prima di queste è che Napolitano, notoriamente avverso all’ipotesi del ricorso anticipato alle urne, possa non accettare le dimissioni, rinviando alle Camere il governo, magari dopo aver fatto giurare i nuovi ministri chiamati a sostituire la delegazione del Pdl. In quel caso, dando per scontato l’ottenimento della  fiducia alla Camera, la battaglia sulla soglia di voti si sposterebbe, di nuovo, al Senato. Sarà poi agli strateghi trovare un altra pattuglia di responsabili pronti, stavolta a parti inverse, a ripetere il 14 dicembre 2010. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di incaricare ex novo Letta, permettendogli di mutare le caselle dell’esecutivo, in base alla futura costituenda maggioranza.

In entrambi i casi, specie se la crisi dovesse tardare qualche settimane, il Pdl si troverebbe privo di rappresentanza al governo il quale rischierebbe, come quello Monti, di durare un bel po’ oltre la sua scadenza naturale. In caso di elezioni meno ravvicinate o di difficoltà nel formare il governo, l’esecutivo Letta potrebbe ben gestire, con un monocolore Pd, tutta la lunga fase delle elezioni e del post. Un rischio, anche questo, che il Pdl non può permettersi di correre, tanto più che un rinvio dal voto della giunta o anche un eventuale ricorso alla Consulta concederebbe a Berlusconi un tempo limitato di azione, visto che la Corte d’Appello di Milano si appresterà, a breve, a riformulare la condanna sull’interdizione dai pubblici uffici. Un esito questo, che non lascia spazio a tentativi nevrotici, tanto più che risulterebbero inutili, a meno di un diretto intervento di Napolitano.

Il problema della condanna a Berlusconi, infatti, viaggia su due binari: non solo gli arresti domiciliari o l’eventuale affidamento ai servizi sociali ma anche su quello, temporalmente più importante, della interdizione stessa; una parte del Pdl, oggi, sembra concentrata troppo sul primo aspetto, dimenticando erroneamente il secondo. Far cadere oggi un governo senza essere sicuri di andare alle elezioni rappresenterebbe un errore di strategia clamoroso. Tanto più in vista del secondo e più gravoso ostacolo rappresentato dalla interdizione.