Sulla pedofilia la Chiesa ha cambiato strada, ma già dal 2003
14 Aprile 2010
La pubblicazione sul sito del Vaticano delle Istruzioni canoniche su come comportarsi in caso di sospetti casi di pedofilia dei sacerdoti ha un triplice significato: un attacco a tre punte contro le critiche spesso animate da astio e desiderose di demolire l’avversario anziché valutare le cose in tutti i loro aspetti.
Il primo significato deriva dal fatto che non si tratta di nuove istruzioni, come qualcuno ha creduto sentendo i lanci di agenzia di ieri e le notizie dei tg. Si tratta della pubblicazione delle linee guida risalenti al 2003 dietro alle quali c’era la penna del Cardinale Ratzinger, e che a loro volta si rifacevano al Motu Proprio di Giovanni Paolo II del 2001 sui “Delicta graviora”, pure, a quanto sembra, insistentemente voluto da Ratzinger. Vengono rese note ora, ma dentro la Chiesa hanno cominciato ad essere applicate dal 2003, ossia in tempi nei quali nessun quotidiano sparava a zero contro il papa e il New York Times non aveva ancora scoperto questo promettente filone sensazionalistico. La matrice è ancora precedente al 2003, dato che il Motu proprio è di due anni prima. La pubblicazione delle Istruzioni nel sito del Vaticano ha voluto quindi ricordare che già un decennio fa il problema non solo era tristemente noto ai vertici della Chiesa, ma essa aveva già predisposto delle linee operative di intervento piuttosto chiare.
Il secondo significato possiamo chiamarlo effetto trasparenza. Il fatto di riproporre quelle linee guida, di richiamarne l’attenzione dei media, di fornire addirittura dei compendi delle stesse ad uso dei lettori dei quotidiani e di internet che richiedono strumenti veloci, indica una volontà di fare chiarezza, di informare e di comunicare che obiettivamente contrasta con la confusione di illazioni e supposizioni prodotta dalla stampa scandalistica, che purtroppo non è più costituita solo dai tabloid. Nel mentre la Santa Sede vuole chiarire e ne dà prova anche con questa ultima operazione, il giornale tedesco “Stern” accusa senza fondamento Benedetto XVI di aver voluto insabbiare il caso del fondatore dei Legionari di Cristo, viene aperto su Facebook il Gruppo di chi si oppone alla visita del papa a Malta, sulla casa natale di Ratzinger si scrivono frasi oscene con le bombolette.
Il terzo significato è di contenuto. Le linee guida contengono alcuni importanti disposizioni che illustrano come la Chiesa si fosse già posta sulla linea dura da tempo. La prima disposizione riguarda l’indicazione di attenersi alle legislazioni dei singoli Stati. Se queste prevedono l’automatismo della denuncia si deve fare la denuncia alla procura. Se invece le leggi vigenti non prevedono l’automatismo della denuncia, si deve favorire piuttosto l’autodenuncia della persona colpevole degli abusi. La seconda disposizione riguarda i casi particolarmente gravi per i quali le linee guida prevedono la possibilità che la Congregazione per la Dottrina della Fede – responsabile di questi problemi solo dal 2001 – ricorra direttamente al Papa e chieda la riduzione allo stato laicale del prete colpevole anche senza processo. Nel presentare le linee guida, inoltre, la Santa Sede ha reso noto che si sta esaminando la possibilità di togliere dal Motu proprio del 2003 la prescrizione, ora fissata in 10 anni, per questo tipo di delitti. In altri termini: la linea che verrà seguita sarà ancora più dura.
La linea mediatica della Santa Sede sembra essere quella di proteggere a tutti i costi il papa, proteggerlo però con la verità e non con ricostruzioni artificiose che avrebbero vita breve. Gli ultimi interventi della Santa Sede, come la pubblicazione delle linee guida, le recenti dichiarazioni di padre Lombardi, il sostegno degli episcopati al papa – ultimo quello espresso ieri dai vescovi italiani – vanno tutti in questa direzione. Non sono però un levare di scudi senza argomenti, non mancano mai di sottolineare la gravità dei fatti, la vicinanza agli abusati e alle loro famiglie e nello stesso tempo la vicinanza al papa, non solo in quanto tale e quindi per diritto di lesa maestà, ma perché effettivamente il cardinale Ratzinger è stato tra i più decisi a dettare una linea di condotta molto esigente. Difesa del papa e difesa della verità, secondo la Santa Sede, vanno insieme.
Nei giorni scorsi aveva fatto discutere l’affermazione del Cardinale Sodano che aveva paragonato le attuali insistenze a colpire il papa su questo tema della pedofilia, con le analoghe guerre mediatiche e culturali riservate a Paolo VI sulla Humanae vitae e a Pio XII per i suoi presunti silenzi sullo sterminio degli ebrei. Anche gli ebrei avevano protestato, considerando improvvido un simile accostamento. A ben vedere, però, lo spunto del cardinale Sodano non è privo di fondamento. In tutti e tre i casi, al di là della loro ovvia diversità, si nota una polemica che va oltre gli elementi reali in possesso dei polemisti.
Da qui la strategia informativa della Santa Sede: incalzare gli accusatori proprio sul terreno degli elementi reali, dare ogni informazione che si possa fornire senza pregiudizio per nessuno e nello stesso tempo proteggere il papa dalle polemiche esasperate e ideologiche. Non è detto però che l’operazione riesca: quando le menti sono eccitate ad arte, come provano le bombolette spry di Markt am Inn, gli elementi reali e i dati di fatto sembrano non essere mai sufficienti. Come direbbe René Girard, le folle eccitate vogliono sempre il capro espiatorio, perché così trovano al loro interno una unità di cui non godrebbero se solo fissassero l’ettenzione sulla quantità di abusi sui minori di cui esse, le masse eccitate, sono responsabili.