Sulla scuola la politica cede alla piazza e sbaglia strada

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Sulla scuola la politica cede alla piazza e sbaglia strada

18 Ottobre 2007

Una classe politica degna di questo nome deve possedere due
qualità: saper capire che cosa si muove nella società e avere il coraggio di
decisioni anche impopolari. Quel che è accaduto ieri in Senato merito alla
scuola e alla faccenda dei cosiddetti esami di riparazione autunnali dimostra
che queste due qualità sono merce rara nel nostro paese.

Chi conosca un minimo gli umori circolanti nel nostro paese
sa che da molto tempo cresce il desiderio che nella scuola ritorni rigore e
serietà e che vengano smantellate certe deliranti riforme degli ultimi quindici
anni. Sa anche che questo desiderio è cresciuto a dismisura nell’ultimo anno,
anche in relazione al diffondersi del bullismo a scuola, che il crollo di
autorità degli insegnanti – largamente dovuto anche all’impossibilità di
sanzionare il cattivo rendimento scolastico – non riesce a frenare. Basta
leggere le lettere inviate ai giornali e parlare in giro, per rendersi conto
che la stragrande maggioranza degli insegnanti, la stragrande maggioranza delle
famiglie e anche un consistente numero di studenti ha accolto con favore i pur
timidi provvedimenti del ministro Fioroni, incluso quello teso a compiere una
verifica dei debiti formativi entro l’anno e non ogni due anni. Casomai,
Fioroni andrebbe stimolato ad essere più coraggioso e incalzato ad affrontare
anche una profonda revisione dei contenuti dell’insegnamento. Che poi ci sia
chi si oppone, è ovvio. Ed è altrettanto ovvio che si tratta delle minoranze
più vocianti, tanto vocianti da far credere a chi non ha capito nulla della
situazione, che si tratti della maggioranza.

Dar retta alle manifestazioni studentesche di questi giorni
non significa soltanto non aver capito niente, ma anche non avere il coraggio
che si richiede ad una classe politica degna di questo nome, la quale non
dovrebbe esitare a fare quel che è giusto anche di fronte alle proteste,
soprattutto tenendo conto che una scuola la cui organizzazione viene decisa
dagli studenti è morta e sepolta.

Il senatore Calderoli – pronto a esibire rigore e fermezza
estrema quando si tratta di questioni padane o di immigrazione – ha sbagliato
tre volte: ha mostrato di cedere miseramente di fronte alle sgangherate
richieste della piazza; ha dimostrato di non avere il polso della situazione,
perché se crede di conquistare un po’ di voti di famiglie che non hanno il
senso del dovere perderà molti più voti di altre famiglie e di insegnanti; e
infine non ha capito il merito della questione, perché il provvedimento di
Fioroni non ripristina gli esami autunnali, che richiedevano la formazione di
commissioni, bensì accorcia i tempi di verifica del recupero dei debiti
formativi e cerca di porre rimedio allo scandalo immorale di studenti che non
fanno nulla e vanno avanti lo stesso.

Se poi è proprio questo cui mirava Calderoli, e cioè
stoppare il provvedimento di Fioroni, per lisciare il pelo ai nullafacenti,
agli asini, ai bulli e alle loro irresponsabili famiglie – come risulterebbe
dalla sua dichiarazione tesa a restituire “tranquillità ai nostri ragazzi” – ha
fatto il peggio del peggio in nome di un misero vantaggio di popolarità che
peraltro non incasserà mai. In cambio, ha vibrato una picconata micidiale alla
scuola, lanciando un segnale che va in direzione opposta al recupero di rigore,
di serietà, di disciplina e di efficacia.

Quel che è stato sconvolgente è l’immagine di un Senato che
si è accodato quasi tutto a una simile sconsiderata iniziativa, probabilmente
sempre per la paura della piazza, per insipienza e incomprensione della realtà.

Arrivano molte telefonate sconsolate. Qualcuno si chiedeva
anche in quale paese civile si potrebbe emigrare. Si continui pure così, ma poi
non ci si lamenti se il vento della sfiducia e dell’antipolitica s’ingrosserà
sempre di più.