Sulla Thyssen Confindustria chiede scusa. E mostra tutta la sua pochezza
12 Maggio 2011
di Milton
«L’applauso all’amministratore delegato di Thyssen è stato sbagliato, inopportuno, e colgo l’occasione per chiedere scusa a nome di Confindustria ai familiari delle vittime e all’opinione pubblica che si è sentita colpita e offesa». Così ieri il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, è dovuto intervenire per cercare di attutire il coro di indignazione che si è ingenerato domenica scorsa dopo che in una riunione a porte di chiuse (quindi non pubblica) di Confindustria, si era levato uno spontaneo applauso di solidarietà nei confronti di Harald Espenhahn, amministratore delegato di Thyssen Group, condannato in primo grado dal Tribunale di Torino a 16 anni di carcere, per omicidio volontario a seguito della morte di sette lavoratori nell’incendio della sede torinese della società tedesca. Il dottor Galli è persona stimabilissima ed economista raffinato, ma non ha mai evidentemente governato un’azienda e d’altronde anche il suo attuale Presidente, l’azienda l’ha ereditata dal papà.
Non c’è infatti altra spiegazione rispetto al comportamento di Confindustria, ormai ridotta a mediocre centro studi di seconda a categoria, nei confronti di una vicenda aberrante per il suo carico di pelosa ipocrisia, dove la giustizia deve essere esemplare e non giusta, perché così l’opinione pubblica si acquieta, e gli indignati di professione si sentono soddisfatti. Una sentenza che rappresenta, per stessa ammissione del procuratore Guariniello, un unicum (ma la giustizia non era uguale per tutti?) , una sentenza già scritta sotto la spinta di un’emotività da tribunale del popolo e che in pratica dice che Espenhahn ha volontariamente, ripeto volontariamente, omesso le necessarie misure di sicurezza all’interno del reparto, consapevole che ciò avrebbe potuto generare la morte degli operai.
L’ipocrisia del processo risiede tutta però, nell’esame delle parti civili: ebbene, tra gli altri, parti civili al processo erano il Comune, la Provincia e la Regione e, ovviamente, gli ineffabili sindacati. Mi chiedo, chi avrebbe dovuto inviare gli Ispettori ASL a seguito delle segnalate carenze all’interno del reparto nel quale si è sviluppato l’incendio, ed ancora che cosa ha fatto, per prevenire quello che è accaduto, la Commissione di Sicurezza aziendale, che per legge ha tra i suoi membri i rappresentanti sindacali?
Al di là di questo, resta la sentenza, obbrobriosa rispetto a quella che è la realtà di ciascun azienda e la responsabilità che un amministratore delegato ha nella sua conduzione. Ma c’è veramente qualcuno che pensa che possa esistere un AD, capace di intendere e di volere, che volontariamente, per risparmiare i soldi per l’acquisto di nuovi estintori o per la messa in sicurezza di impianti, decide di ammazzare consapevolmente i propri operai? Ma suvvia, questa è solo una sentenza che in quanto unicum, riconferma che la sola certezza di diritto rimasta nella giustizia italiana è quella dell’obbligatorietà dell’azione penale nei confronti del Presidente del Consiglio.
Di contro, l’applauso alla sessione di Confindustria era, caro Dott. Galli, un grido d’aiuto degli imprenditori italiani, quelli che ogni mattina vanno a lavorare con i propri operai, e che gli operai li considerano il primo valore della loro azienda, quelli che bussano inascoltati alle porte della banche (guarda caso tutte assolte per il caso Parmalat, per il quale non si registrano indignati) , quelli che prima di licenziare qualcuno ci pensano, quelli che ora rischiano ogni giorno di fare la stessa fine degli assassini della peggior specie, quelli che ovviamente Confindusria, tutta intenta a blaterare di crescita ed incentivi, non rappresenta più da tempo.