Sull’acquisto degli F-35 Veronesi dimostra di vivere fuori dal mondo

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Sull’acquisto degli F-35 Veronesi dimostra di vivere fuori dal mondo

16 Febbraio 2012

In un articolo pubblicato su “Repubblica” di Domenica 12 febbraio Umberto Veronesi ha fornito il suo contributo al dibattito sull’opportunità, per il nostro Paese, di proseguire nel programma di acquisto dei cacciabombardieri F-35, programma che com’è noto ha suscitato polemiche a non finire. Il pezzo s’intitola “Non comprate quei caccia: meglio costruire asili”, e le tesi ivi sostenute sono – almeno dal punto di vista di chi scrive – piuttosto sconcertanti.

Veronesi è un grande scienziato, e nota giustamente che in un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo attraversando il dibattito sull’acquisto di armi così costose – 120 milioni di euro per aereo – è più che giustificato. Soprattutto rammentando i tagli alla spesa pubblica che il nostro Governo sta realizzando per ovviare ai guasti di un sistema di welfare che è negli anni cresciuto a dismisura, senza tener conto della sua sostenibilità finanziaria a lungo termine.

Il problema è che Veronesi parte da alcune assunzioni di fondo che paiono, come ho dianzi detto, sconcertanti, almeno per chi ritiene che l’Italia sia uno Stato nazionale che deve preoccuparsi di difendersi, e di difendere i propri cittadini, da possibili attacchi militari di potenze straniere. Tuttavia, secondo Veronesi, l’acquisto degli F-35 è non solo assurdo, ma anche contrario alla nostra Costituzione, il cui articolo 11 recita che l’Italia ripudia la guerra, se non come strumento di difesa. E continua notando: “i caccia sono armi di attacco, e chi mai l’Italia dovrebbe attaccare?”.

Tralasciando il fatto ovvio che gli aerei da guerra sono strumenti offensivi quando si attacca e difensivi quando si è aggrediti, l’autore dell’articolo dà per scontato che la posizione geografica dell’Italia sia supersicura e che nessuno – neppure nel futuro – si sogni di attaccarla. Più in là si legge che gran parte del mondo sta disarmando, ne è riprova il fatto che persino gli Stati Uniti riducono le spese militari e ritirano truppe dalle missioni all’estero. E poi una conclusione che per la verità sembra saltare qualche passaggio logico.

“La guerra è uno strumento barbaro per la risoluzione dei conflitti e barbari sono i suoi strumenti, le armi. Per fortuna sarà storicamente destinata a sparire, perché la pace è la condizione imprescindibile del progresso, economico, sociale, scientifico”. Di qui, sempre a detta dell’autore, la necessità che l’Italia, “Paese pacifico per cultura”, non assuma una posizione antistorica proseguendo il programma di acquisto degli F-35.

Nessuno osa negare che la guerra è uno strumento barbaro per risolvere i conflitti, su questo punto il consenso è più o meno unanime. Almeno nei Paesi di democrazia liberale che si ispirano ai valori dell’Occidente. Ma quali sono i motivi che inducono Veronesi a ritenere con tanta sicurezza che essa sia storicamente destinata a sparire? In realtà i conflitti – regionali e non – sono più che mai vivi. Ci sono nazioni che si stanno armando a tappe forzate – si pensi all’Iran – o che spendono cifre astronomiche per rafforzare le proprie forze armate come la Cina. Senza trascurare il fatto che buona parte della cultura islamica considera la guerra quale atto necessario e doveroso.

In realtà il ragionamento di Veronesi si basa sulla solita idea degli “italiani brava gente” che non attaccano perché naturalmente miti, e proprio in quanto tali non verranno neppure aggrediti. Insomma un pacifismo a senso unico, e pure con una forte vena di utopia quando parla della fine inevitabile della guerra come strumento per dirimere le controversie. Tutti vorremmo la pace, a patto che pure gli altri la pensino così. E non pare davvero questa la situazione reale: forse Veronesi vive in un altro mondo.