Sulle intercettazioni Berlusconi ha spiazzato tutti, da Travaglio a Di Pietro

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Sulle intercettazioni Berlusconi ha spiazzato tutti, da Travaglio a Di Pietro

13 Gennaio 2009

 

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi , nella campagna elettorale in Sardegna e in ulteriori dichiarazioni ha affrontato il tema  della riforma della giustizia in relazione alle intercettazioni telefoniche da parte della magistratura.

Ci si aspettava, probabilmente, che affermasse che occorre vietare tali intercettazioni  per tutti i reati, tranne quelli riguardanti il terrorismo e quelli riguardanti la mafia, la camorra e le altre attività criminali analoghe, ma egli ha aggiunto che ritiene che occorre consentire le intercettazioni  anche per i reati contro la pubblica amministrazione come quelli riguardanti la corruzione. E presumo che affermando ciò Berlusconi non intendesse solo riferirsi ai reati previsti dagli articoli 318-322 del codice penale in cui compare il termine “corruzione”; ma anche a quelli di peculato, malversazione, indebita percezione di erogazioni a danno dello stato, concussione, abuso di ufficio che sono tutti caratterizzati da un movente economico per chi li effettua e da un connesso danno per il cittadino-contribuente.

Penso che la dichiarazione di Berlusconi  abbia spiazzato tutti i giustizialisti, da Travaglio a Di Pietro, perché era un loro luogo comune quello che Berlusconi volesse la riforma della giustizia e, in particolare,  dei  metodi di indagine e di sbattere in galera di cui una parte della magistratura abusa allo scopo di lasciare impuniti questi reati. Ciò perché da oramai molti anni si è inventata la storia assurda che in Italia ci siano, in tema di giustizia,  due schieramenti politici, quello delle “mani pulite” a sinistra, l’altro, quello della corruzione sul lato opposto dello schieramento politico. Le etichette  di sinistra e di destra stanno diventando sempre più equivoche perchè il  centro destra è un movimento politico di stampo liberale, e di liberalesimo sociale mentre la sinistra attuale è strettamente legata a lobbies bancarie e affaristiche.  E il dipingere il partito guidato da Berlusconi come movimento politico a favore della corruzione mentre l’opposto varrebbe per il centro sinistra, è non solo falso, è assurdo. Se vi è un movimento politico che per sua natura è contrario ai reati commessi dai pubblici amministratori a danno della cosa pubblica e quindi dei contribuenti, è quello che si preoccupa in primo luogo dei diritti dei normali contribuenti e che pertanto è contro gli sprechi e i dispendi nella spesa pubblica.

Gli elettori del centro destra  che votano Berlusconi e che sono contro gli sprechi della cosa pubblica e la cattiva amministrazione non desiderano certo favorire i rati economici della pubblica amministrazione. E Silvio Berlusconi ha fatto pertanto molto bene a fare sua  questa “eccezione al garantismo” in fatto di violazione della privacy mediante le intercettazioni telefoniche.

Il garantismo a difesa di ogni cittadino e la tutela del contribuente e del fruitori dei pubblici servizi dagli assalti al denaro pubblico, fanno parte dello stesso assieme di diritti. E quindi la tutela della privacy non può servire per lasciare impuniti i reati economici contro la pubblica amministrazione.  E ciò anche se  questi non appaiono, dal punto di vista delle sanzioni penali,  reati gravissimi, paragonabili al terrorismo o alla criminalità organizzata.

In termini puramente politici questo è un messaggio molto importante, in quanto sottolinea il fatto che la battaglia  liberale del garantismo e della privacy di Berlusconi e del suo movimento politico che li porta a chiedere la riforma della giustizia e azioni giudiziarie più corrette non ha nulla a che fare con la tutela delle mani sporche, che di fatto, in Italia albergano soprattutto in altri movimenti politici. In termini di politica giudiziaria, poi, la distinzione fra reati puniti con pene molto gravi, per cui si dovrebbero ammettere le intercettazioni telefoniche sistematiche e altri  reati  per cui esse non vanno ammesse  è  fuorviante. Per capirlo, basta osservare che fra reati puniti con le pene più gravi, nel codice penale  ci sono quelli di omicidio anche indipendentemente dal fatto che si riferiscano alla mafia o al terrorismo.

Nessuno seriamente pensa che per sventare gli omicidi determinati da odio, da desiderio di vendetta, da perversioni sessuali, serva utilizzare le intercettazioni telefoniche sistematiche. La ragione per l’impiego sistematico delle intercettazioni telefoniche come metodo di indagine giudiziaria  non sta nella  gravità delle pene previste ma nelle  caratteristiche dei reati. Per certi reati, che riguardano azioni concertate, riferite a soggetti noti, le intercettazioni sono  strumento di indagine spesso indispensabili e c’è un rapporto costi-benefici per cui è sensato ammetterle. Per altri reati esse non sono necessarie mentre  si prestano ad attività di spionaggio, con finalità improprie.

E’ vero che, in taluni casi, le interferenze dei politici con la pubblica amministrazione, in rapporto a contratti pubblici, che risultano dalle registrazioni, non sembrano a integrare un vero e proprio reato di corruzione o d’ abuso di ufficio, apparendo piuttosto episodi di malcostume. Ma nelle indagini giudiziarie non si può a priori tracciare questa distinzione. D’altra parte, le fughe di notizie su tali colloqui registrati possono servire a giudicare la classe politica. Ed è un peccato che Rosa Russo Jervolino abbia distrutto la registrazione del suo colloquio coi leader del suo partito riguardante la giunta comunale di Napoli. Che cosa c’era di tanto sgradevole da doverlo nascondere alla pubblica opinione? Chi è che, adesso, ha paura di far conoscere le registrazioni?