Sulle liberalizzazioni è il Pd che pone ostacoli al programma di Monti

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Sulle liberalizzazioni è il Pd che pone ostacoli al programma di Monti

06 Marzo 2012

Le dimissione in blocco dei vertici dell’Abi, l’associazione bancaria italiana, contro le norme del decreto sulle liberalizzazioni che vietano le commissioni bancarie nei contratti di concessione di prestiti e per i nuovi conti correnti dei pensionati con una pensione di almeno 1.500 euro, mettono in luce un aspetto paradossale di questo decreto. Liberalizzare significa togliere i vincoli. Non porne di nuovi. Ma significa anche lasciar fare, non obbligare a fare dei contratti che si vogliono fare. Si può però aggiungere: chi è causa del proprio male pianga se stesso.

Al vertice di ABI c’è Giuseppe Mussari, presidente del Monte dei Paschi di Siena, banca vicinissima al PD, di cui fa parte la senatrice Anna Rita Fioroni, eletta nell’Umbria, che ha presentato l’emendamento sul divieto delle banche di esigere commissioni bancarie nei mutui, che con esso ha voluto “difendere” gli utenti dei servizi bancari. E d’altra parte l’Abi non ha certo espresso disapprovazione per la norma del decreto Salva Italia che impone per i pagamenti della pubblica amministrazione e quindi anche per quelli ai pensionati   sopra i mille euro, poi diventati 1500, di dotarsi di conto corrente, che era stata introdotta per combattere l’evasione fiscale, mediante il massimo uso di moneta informatica costituita da bancomat e carte di credito. Al contrario l’ABI, di intesa con il ministero dell’Economia aveva fatto sapere che avrebbe lanciato nuovi conti correnti ad hoc, pensati proprio per questo tipo di utilizzo.

Faceva comodo raccogliere nuova liquidità, in un periodo in cui scarseggiava, non essendoci ancora il prestito triennale all’1% della Bce alle banche, diretto allo scopo di sopperire alle difficoltà di funzionamento del mercato monetario interbancario. E faceva comodo avere nuovi depositi di clienti che, con un meccanismo automatico, avrebbero alimentato ogni mese il proprio corrente con una nuova somma, che andava a rimpiazzare quella appena utilizzata, del medesimo importo. Adesso però il quadro della liquidità è cambiato e il conto corrente gratuito dei pensionati è un precedente pericoloso. Rimane il fatto che l’emendamento è doppiamente aberrante: perché impedisce alle banche di stipulare il contratti di conto corrente ai pensionati con le modalità che esse preferiscono, ferma restando la possibilità del pensionato di andare in un’altra banca, magari quella della posta; e perché una parte dei pensionati in questione ha già un conto corrente bancario.

Che succede in questi casi? Questi soggetti, in quanto pensionati potranno pretendere che il loro conto diventi gratuito? Potranno chiuderlo e aprirne un altro gratuito nella stessa banca o altrove. Quid dei conti correnti gratuiti dei pensionati a cui si aggiunga il nome di un altro correntista della famiglia, che così beneficia della gratuità? Ma è la norma base del decreto salva Italia, relativa ai pensionati che è sbagliata: infatti bastava stabilire che il fisco farà controlli selettivi su coloro che percepsicono compensi pagamenti di stipendi o pensioni di entità annua rilevante senza avvalersi di un conto corrente. Quanto al divieto di porre commissioni bancarie nella concessione dei crediti, esso è fritto di ignoranza di concetti economici elementari. La commissione nei contratti bancari non è una anomalia vessatoria, è uno strumento tecnico di “tariffa a due parti” per far pagare il servizio: da un lato con la commissione, dall’altro lato con il tasso di interesse, in modo da tener conto di costi fissi e variabili.

Vietandolo, il prezzo si scarica tutto sui tassi di interesse, sino al livello del divieto a tassi di usura, che andrebbe quantificato tenendo conto anche delle commissioni. Il problema della liberalizzazione del credito non sta nelle commissioni ma nella liberalizzazione di parametri che vi danno diritto. La vicenda del decreto sulle liberalizzazioni testé approvato dal senato fornisce la  dimostrazione che su questo tema vi sono grandi divergenze fra i partiti della coalizione, soprattutto fra PDL e PD e che la mentalità dirigista prevale ancora largamente nel PD anche nella concezione piuttosto paradossale con cui esso concepisce le liberalizzazioni, ossia, con un dirigismo benevolo a protezione del consumatore, del dovere fiscale, dei giovani, degli esercenti potenziali di professioni e altri servizi ossia le liberalizzazioni non come libertà, ma come regolamentazioni di protezione.

Così per le farmacie, si è stabilita la possibilità di averne altre cinquemila in Italia, a beneficio dei nuovi farmacisti. Chissà quale importanza può avere ai fini dello sviluppo economico del Paese, questo aumento che, comunque, non risolve il vero problema del settore farmaceutico, che è la sua burocratizzazione dipendente dal fatto che, in sé, il sistema sanitario è burocratizzato per le esigenze organizzative dello “stato del benessere” e del fatto che in Italia a differenza che in Francia non si è liberalizzato il servizio dei medici pubblici, cioè non si consente a ciascun iscritto al servizio sanitario nazionale di scegliersi il medico da cui farsi visitare e prescrivere le ricette. Si è fatta, in parlamento, marcia indietro per i taxisti stabilendo che la competenza è dei comuni, senza possibilità della nuova autorità dei trasporti di modificarne le decisioni. La norma corretta sarebbe stata quella di dare a questa autorità il compito di intervenire, quando ravvisasse distorsioni nel regime di servizio universale di pubblica utilità di interesse regionale e locale, ad esempio in tema di tariffe e di orari e non di mero numero di veicoli dotati di licenza, una nozione molto rozza di come si possa esplicare nei servizi di pubblica utilità, cioè in quelli che, inerendo a una strada o a una rete, hanno elementi intrinseci di monopolio.

Si è disposto un aumento del numero di notai, mentre la vera liberalizzazione in questo campo consiste nella abrogazione delle norme che comportano formalismi giuridici che richiedono la certificazione notarile. Si è litigato sulle norme per gli avvocati, mentre la vera liberalizzazione consisterebbe nella delegificazione , nella riduzione delle procedure , nell’ampliamento della possibilità di ricorrere ad arbitri, nella diminuzione delle sanzioni penali e dei processi penali , tutte le volte che si può ricorrere con più efficacia alle sanzioni civili. Non bisogna, insomma, guardare al dito, ma alla luna . E’ stato rinviata la decisione sulla riduzione al 5% del possesso ENI di Snam, che serve a facilitare la liberalizzazione della rete  gas di Snam, forse per evitare che l’Eni che dovrà passare dal controllo della maggioranza a una quota di minoranza, sia costretto a venderla in tempi troppo brevi a prezzi bassi imposti dall’obbligo di vendere , ma io in questo caso penso che si poteva lasciare all’ENI una quota maggiore , per alleggerire il problema.

E tutto il resto, il grosso, se lo sono dimenticato, perché ci sono veti pesanti del PD , che trovano un sostegno nei partiti di opposizione all’attuale governo.  Sarebbe meglio dire che, quel tutto, non  si è voluto  affatto toccarlo, sin dal principio. Mi riferisco a tre reti, o gruppi di reti. la rete da modernizzare della banda larga su cui pesa il veto alla liberalizzazione da parte del gruppo Telecom Italia, che ha poteri tentacolari, tramite i collegamenti con le banche e con i media d’opinione, il gruppo delle  reti dei servizi pubblici locali, la rete ferroviaria di FS che sono gestiti malissimo. Questo “pacchetto” di liberalizzazioni è necessario al Paese per creare sviluppo e occupazione  basata sullo sviluppo. Faccio alcuni esempi per le Ferrivie dello stato. Ci sono tratte ferroviarie che sono stati cancellate, come  la Colico-Chiavenna, che servirebbe a convogliare i turisti in Val Chiavenna e gli utenti internazionali delle stazioni turistiche di Saint Moritz e dintorni, quando scendono con l’aereo a Linate; la linea  Reggio Calabria-Catanzaro, che le FS gestiscono  con treni vecchi e lenti lasciando così il capoluogo di una regione come la Calabria senza un collegamento importante, con la sua città metropolitana principale e con la Sicilia.

Anche la rete ferroviaria statale della Sicilia ha bisogno di essere liberalizzata. Contro la liberalizzazione dei servizi locali hanno avuto una grande responsabilità anche la Lega Nord, legata a un localismo che non aveva senso e anche l’Italia dei Valori e la sinistra di Vendola, con la loro curiosa teoria per cui l’acqua è un bene pubblico e come tale non può essere oggetto di gestione da parte di imprese di economia di mercato, sottoposte alla regolamentazione propria delle imprese di pubblica utilità. Poi ci sono le grandi e piccole lobbies del settore delle costruzioni che, alleate con giustizialistisi oppongono alle liberalizzazioni nel settore degli appalto delle grandi opere  e degli acquisti della Protezione civile, per gli interventi più rapidi nelle situazioni di emergenza.

Infine c’è la liberalizzazione del mercato del lavoro, che è  un altro dei veri banchi di prova della volontà del PD di liberalizzare pro crescita. Qui il punto di riferimento il modello Marchionne accolto anche da Bombassei, candidato presidente di Confindustria: una volta stabilite delle regole generali, in ogni azienda le parti sociali raggiungono il contratto che vogliono, tenuto conto di necessità differenti, di un’enormità di differenze. Con l’approvazione del decreto sulle liberalizzazioni Monti ha vinto una battaglia simbolica, quella della approvazione di un testo senza troppi veti e senza modifiche stravolgenti, che gli consente di sostenere, in sede europea, una analoga battaglia di principio, per le liberalizzazioni, verso stati come la Germania e la Francia. Mentre le disposizioni non risolvono affatto i nostri problemi di fondo di liberalizzazione dimostrano ancora una volta che è il PD, non il PDL, che pone ostacoli alla linea programmatica di Monti, quando si tratta di principi di economia di mercato. Monti, poi, non sarà certo dispiaciuto delle dimissioni della presidenza dell’ABI, per protesta contro un suo decreto. Può, infatti, esibirla per dimostrare che il suo governo non è “un governo dei banchieri”, anche se tanti suoi membri provengono dal mondo delle banche.