Superare i confini della differenza

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Superare i confini della differenza

30 Marzo 2008

Il problema
affrontato dagli ultimi testi di Luce Irigaray è il seguente: come incontrarsi di
nuovo dopo aver frantumato il mondo comune? Come si può rimettere insieme un
mondo unitario dopo che con il pensiero della differenza lo si è scisso in due:
maschile e femminile? Questo è il punto di partenza degli ultimi testi
pubblicati in italiano dell’autrice francese. Irigaray è universalmente nota
per essere stata la filosofa della differenza: in alcuni testi come Speculum affermò il carattere non
generico, non neutrale e non universale della cultura; e così pure del linguaggio,
delle sfere di sapere e di azione che compongono la realtà e la conoscenza.
Sostenne che in essi era racchiuso un progetto di esclusione delle donne dalla
scena pubblica: non un progetto di un qualche individuo malvagio, bensì di
tutto il mondo maschile. Di conseguenza, il femminile era stato  occultato, rimosso, tolto nella sua
specificità e differenza, e nascosto, inglobato in un soggetto neutro e
universale (l’”uomo”, l’”individuo”, la “persona”, l’”essere umano”) che finiva
per estendere anche alla donna le caratteristiche ontologiche, psicologiche,
gli atteggiamenti conoscitivi e pratici di una sola parte da cui era composto:
quella maschile. Il pensiero della differenza si propose di togliere il velo
che copriva la differenza di genere e di affermarla nella sua dirompente realtà
in tutti settori della vita e del sapere.

Il pensiero della
differenza giunse anche in Italia e, a opera del gruppo “Diotima” costituitosi
all’Università di Verona attorno alla figura di Luisa Muraro, prese piede e si
diffuse notevolmente. Finì per ricacciare indietro, e quasi considerare suo
nemico, il pensiero emancipazionista, che aveva sorretto il movimento delle
donne dalla richiesta di suffragio universale in poi: se questo si muoveva
attorno all’idea di uguaglianza fra uomo e donna, l’altro più recente ragionava
su una differenza incolmabile fra i due sessi da non cancellare ma semmai da
sottolienare. L’uguaglianza era un traguardo che doveva essere raggiunto; la
differenza una spaccatura nel genere umano che andava segnalata, espressa,
esasperata. Il fine dell’emancipazionismo era il raggiungimento per le donne degli
stessi diritti di cui godevano  gli
uomini; il fine della differenza era solo mettere in rilievo la differenza fino
ad allora nascosta. Mentre l’emancipazionismo era andato insieme al movimento
femminista e alla richiesta di diritti civili, così non fu per il pensiero
della differenza: con esso era difficile supportare un movimento e delle
rivendicazioni. Ma la sua forza avrebbe portato frutti sulla distanza.

Grande
fu lo sconcerto iniziale nelle donne (per non parlare degli uomini), enorme il
senso di onnipotenza fornito da una teoria che spiegava tutto con la stessa
chiave, larga la diffusione di queste tesi. Con un percorso non lineare, la
teoria della differenza si è affermata anche se venendo a patti con
l’emancipazionismo, e cioè riconoscendogli la sua parte di merito se non altro
come apripista: oggi ci troviamo spesso di fronte a un femminismo che, avendo
rinunciato al tempo breve dell’intervento immediato, si colloca in una
prospettiva mista fra emancipazione e differenza.

Le opere recenti di
Irigaray hanno tuttavia deluso un po’ i lettori, e soprattutto le lettrici: Essere due, Amo a te (dedicato al sindaco dell’epoca di Bologna, Renzo Imbeni,
con il quale nacque una particolarissima storia d’amore), In tutto il mondo siamo sempre in due, La democrazia comincia a due, Sessi
e genealogie
, si volgevano già nella direzione degli ultimi due testi di
Irigaray apparsi in italiano: Oltre i
propri confini
(originariamente del 2007) e La via dell’amore (in italiano nel 2008, ma originariamente del
2002). Oggi trattiamo del primo dei due, rimandando il secondo a un’altra
puntata. Rispetto al Speculum, che compiva
il percorso distruttivo dell’unità, con queste opere è evidente che la
motivazione è quella ricostruttiva: è dall’esigenza di riunione dei due mondi
che la differenza aveva separato che muove tutta questa ultima riflessione.

Da alcuni anni Irigaray
si è volta all’educazione di genere dei ragazzi, nella convinzione che se la
società in cui viviamo è infelice per carenza di riflessione sulla differenza,
per carenza di desiderio, il modo migliore per rimediare è insegnare ad amare a
chi non è ancora adulto. Amare al rispetto delle rispettive differenze, educare
a sessuare la lingua che si usa, a inserire la differenza all’interno della
democrazia; scrive in Oltre i propri
confini
: “E’ necessario che (i cittadini e le cittadine) coltivino una
relazione intersoggettiva fra loro, una relazione di desiderio, non inteso come
semplice attrazione sessuale, ma come energia nata dalla differenza che deve
sbocciare nel divenire di ciascuno/a e in opere diverse: individuali e
collettive.” Nel frattempo ha scoperto il cristanesimo e la sua trasfigurazione
della carne, critica il consumismo e la nostra società acquisitiva, denuncia
l’imperialismo tecnologico dal quale siamo oppressi, sostiene che dobbiamo
educare i nostri sensi per destarli alla contemplazione, contrappone il
contemplare al consumare, cerca una cultura dll’interiorità, critica la cultura
del soggetto unico, mentale e astratto che non conduce alla felicità e cerca
invece una sapienza del corpo, dell’amore, della persona intera. Amare è
condividere in due nel rispetto delle reciproche differenze attraverso il
desiderio e senza passare per il dominio: “Credo che sia venuto il tempo –
afferma – di promuovere una cultura che anteponga la felicità a ogni forma di
dominazione, di appropriazione, di possesso, compreso quello della verità e del
bene.”

Questa strada verso
la riunione pare potersi realizzare solo per via mistica. Irigaray la delinea in
questo volume: la natura diventa un terreno vivente nel quale ci si incontra,
l’amore appare una forza che anima il tutto e che consente di essere non solo
più felici ma più saggi, più generosi, più predisposti alla conoscenza, il
rapporto di corrispondenza fra microcosmo e macrocosmo anima tutto ciò che è
dentro e fuori di noi, lo spirituale trasforma la materia (pur senza abolirla),
lo spirituale si fa carne, la carne diventa verbo, i due tornano all’Uno, si
verifica l’avvento dell’umanità, avviene l’incontro con l’Altro attraverso la
grazia, la mobilitazione delle energie del cosmo, dell’interiorità, del
sentimento, attraverso il linguaggio.