Tatticismi a parte, la crisi rivela la “volontà di impotenza” del governo di fronte allo “stato di biosicurezza”
05 Gennaio 2021
La crisi di governo innescata dalle richieste del senatore Renzi al premier Conte, al netto di tatticismi di convenienza elettorale che pure ci sono, presenta dei rilievi politici al cui esame non ci si può sottrarre.
Le istanze del senatore Renzi, importanti perché provenienti da forza politica della stessa maggioranza, rivelano e mettono a nudo tutti gli equivoci, le criticità, le mistificazioni su cui si fonda l'”incompetenza” rivendicata quale elemento valoriale dal maggior partito di governo.
Nelle tesi del senatore di Scandicci è sotteso un conflitto di valori che assume una forma, all’attualità, drammatica. Conflitto di valori tra la politica e la scienza medica chiamata a gestire un’epidemia anzi una pandemia che sta diventando il nuovo terreno della politica: in pratica quello che i politologi americani chiamavano “security state”, stato di sicurezza (che si fondava sul terrorismo), ha ceduto ora il posto ad un paradigma di governo che si può definire “biosicurezza” che si fonda sulla salute.
E’ importante, e prendo a prestito le tesi di Agamben, comprendere che la biosicurezza supera per efficacia e pervasività tutte le forme di governo che abbiamo conosciuto. La “minaccia alla salute” è stata la leva per delle limitazioni delle libertà personali e costituzionali mai accettata in passato. Al paradosso che la cessazione di ogni relazione sociale e di ogni attività politica viene presentata come la forma “esemplare” di partecipazione civica.
Con un’operazione di retorica di matrice forense si è trasformato il “diritto alla salute” nella “obbligazione giuridica” alla salute che occorre adempiere a qualsiasi prezzo. E’ la dicotomia già posta da Weber tra scienza come professione e politica come professione. Nella lettura che delle tesi di Weber dà Massimo Cacciari (Il lavoro dello spirito) risulta dovere sociale del medico scienziato comparare le diverse visioni della malattia, indicare, in termini del tutto probabilistici, le conseguenze che possono derivarne ma mai in nessun modo, in quanto medico scienziato, stabilirne il valore sulla base di finalità universali.
I valori restano al di fuori dell’ambito scientifico sia nel campo delle scienze fisico-matematiche che nel campo medico. Valori che richiedono una risposta politica, una visione sul “come si debba agire” una responsabilità (anche tragica) di decisione cui la politica non può sottrarsi.
Il campo che tale domanda spalanca va ben oltre il problema della funzione e del carattere in generale della profezia e del carisma demagogico per investire appunto quello della “politica come professione”. Secondo Cacciari è su questo nodo che la prospettiva weberiana si concentra: l’opposizione tra due ordini, professionale scientifico da un lato e valoriale (politico) dall’altro, che può apparire generica si configura e determina come conflitto tra lavoro intellettuale scientifico e lavoro intellettuale politico.
Ma quale politico? Un politico capace di porsi non quale mero esecutore ma in “analogia” con il lavoro intellettuale scientifico: funzione “analoga” resa possibile dalla padronanza di un apparato tecnico burocratico organizzato e specializzato nelle competenze quale politico professionale. Ciò che manca per cifra culturale a questo governo, la cui forza principale risulta composta da politici improvvisati e da un premier fino a poco tempo fa sconosciuto ed assolutamente estraneo alla politica. Governo che, nella propria incompetenza, fa compiere alla scienza quello che mai la politica avrebbe dovuto permettere: e cioè che la scienza prendesse parte direttamente e attivamente al “polemos” dei valori.
Nelle parole del senatore Renzi, che pur sostiene questo governo, appare il “disincanto” sulla possibilità che l’esecutivo possa riappropriarsi dell’elemento di tragica responsabilità del “decidere” facendosi sostituire nella determinazione dell’elemento valoriale politico dall’apparato tecnico scientifico. Nelle critiche del senatore Renzi viene messa a nudo l’incapacità di questo esecutivo di far funzionare le potenti strutture amministrativo-burocratiche da un ceto burocratico competente capace anche di resistere alle incertezze di un governo di debole coalizione e all’inevitabile occasionalismo legislativo cui questa situazione dà inevitabilmente luogo.
E’ questa, io voglio credere, la questione posta dal senatore Renzi. E cioè che la politica riprenda quella nobiltà e quel dovere del decidere, anche tragico nella responsabilità, che le appartiene per struttura e funzione.
L’epidemia o la pandemia non può essere, né deve, la morte della politica. Epidemia, come mostra l’etimologia del termine dal greco demos, è un concetto innanzitutto politico. Polemos epidemios è in Omero la guerra civile. Habent sua fata verba.