Team building in cucina, l’intesa che si costruisce ai fornelli

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Team building in cucina, l’intesa che si costruisce ai fornelli

05 Dicembre 2017

In Italia, si sa, il cibo non è mai solo cibo: a tavola si consuma la vita, non gli alimenti, e le cucine si abitano come se fossero piccoli (o grandi) mondi all’interno della casa. Quello dei fornelli è lo spazio dell’incontro e dello scontro, delle chiacchiere e delle risate, delle confidenze nascoste nel clamore dei coperchi che cadono sulle pentole e del tintinnio delle stoviglie. La cucina, insomma, è il luogo dell’intimità, della complicità e dell’intesa che arriva anche quando, talvolta, non c’è.

Sarà per questo che le aziende, piccole o grandi che siano, sempre più spesso scelgono le cucine di ristoranti, alberghi o scuole di cucina per futuri chef come palestre di team building per i propri dipendenti. Tra le start up della Silicon Valley va adesso molto di moda il social eating, ovvero il condividere tutti insieme, manager e impiegati, il pasto della pausa pranzo. A dimostrare che il mangiare in compagnia fa bene alla produttività sono state fatte negli Stati Uniti, addirittura, delle ricerche universitarie.

Noi italiani non abbiamo bisogno di evidenze scientifiche per credere al potere collante della convivialità perché, tendenzialmente, la pratichiamo – diciamo – per predisposizione naturale. Il team building ai fornelli è però diverso, comincia molto prima della condivisione del pasto, e incuriosisce anche noi. A quanto pare, il percorso verso l’esecuzione dei piatti può anche partire dall’assegnazione di un budget per la spesa e dalla meticolosa ricerca degli ingredienti, cosa che potrebbe significare anche estenuanti battute di caccia al prodotto “chiave” della ricetta, a piedi o in bicicletta, da una fattoria all’altra.

E’ in questa fase che si comincia a guardare il collega, in questo caso, il compagno di avventura, con occhi diversi, scoprendo, magari, che nella vita oltre le scrivanie ci si somiglia più di quanto si sia mai immaginato.  Viene poi la preparazione vera e propria dei piatti, i test di cottura, gli assaggi e le correzioni “in corsa” alla spasmodica ricerca della perfezione. In genere, a nessuno viene assegnato un ruolo preciso, perché è attraverso il gioco che ognuno deve scoprire il proprio. L’importante, come sempre, è dare il meglio di sé, lavorare in vista di un obiettivo, divertirsi e, possibilmente, vedere premiata la fatica del gruppo. Proprio come dovrebbe accadere, ogni giorno, anche in ufficio, lontano dai fornelli.