“The Iron Lady” non rende merito alla grandezza politica di Margaret Thatcher

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“The Iron Lady” non rende merito alla grandezza politica di Margaret Thatcher

29 Gennaio 2012

Nancy Astor, americana naturalizzata inglese nota come “Lady Astor”, fu la prima donna ad entrare nel parlamento britannico. Eletta nel 1919 nelle file del partito conservatore. Di lei sono diventati epici gli scontri verbali con Wiston Churchill, suo compagno di partito. Un giorno, presa dall’ira, gli disse che se fosse stata sua moglie la mattina gli avrebbe portato il caffè al letto aggiungendo il veleno nella tazzina. Nella sciagurata ipotesi che lei fosse sua moglie, gli rispose sornione Churchill, quel caffè lo avrebbe bevuto volentieri. Sempre più imbarazzati della sua incontenibile presenza i conservatori si sbarazzarono di lei. E tirarono un sospiro di sollievo.

Lo stesso destino è toccato a Margaret Thatcher, la “lady di ferro”, prima donna a varcare la soglia del 10 di Downing Street (residenza del premier britannico), restandoci dal 1979 al 1990, e protagonista del film “The Iron Lady” di Phyllida Lloyd, che potrebbe assicurarsi la statuetta dorata  per la migliore protagonista femminile, grazie alla grandiosa interpretazione di Meryl Streep. Lo scorso anno agli Oscar trionfarono le peripezie del sovrano balbuziente. Quest’anno potrebbe accadere lo stesso per la figlia di un bottegaio, laureata in chimica ad Oxford, diventata il politico inglese più importante nella seconda metà del XX secolo.

Lo spettatore di “The Iron Lady” che ha vaghe conoscenze della reale funzione storica rivestita da Margaret Thatcher, ne può restare rapito. In realtà il film è una macchina ad ingranaggi perfetti. Un gioiello di narrazione e ricostruzione. Della “lady di ferro” viene offerto il ritratto della massima dedizione umana al potere, solenne messa in scena di una sconfinata ambizione. Margaret Thatcher ha triturato tutti gli ostacoli (e gli uomini) che si sono frapposti tra lei i suoi obbiettivi. Poi è arrivata la stagione fredda, l’autunno inoltrato della vita. Una così straordinaria avventura si è conclusa prima con la perdita dell’amato marito (la parte veramente umana della sua esistenza) e poi con un male terribile, la demenza senile, che non le consente di distinguere più la realtà dal passato.

In vita Margaret Thatcher si è attirata odi irrefrenabili. Il ritratto preferito fabbricato con perfidia dai suoi detrattori è stato quello di un Robin Hood alla rovescia: ha tolto ai poveri per dare ai ricchi. Ha inoltre scacciato, malmenato e ridotto alla fame la categoria dei minatori. Infine ha trascinato la Gran Bretagna in una guerra insensata con l’Argentina nel 1982, per la sovranità di un lontano, povero e inutile arcipelago, le Falkland (o Malvinas). Tutto falso. Quella guerra, ad esempio, che nessuno voleva (non la volevano gli italiani, gli europei e gli americani), in realtà era combattuta contro un dittatore, il generale Leopoldo Galtieri, fra i principali responsabili del “colpo di stato” organizzato nel 1976 dai militari guidati da Roberto Videla. Oggi molti hanno perso la memoria, come la vecchia Thatcher, e non ricordano più i “desaparecidos”, fiore all’occhiello di Videla. La sconfitta nella guerra con gli inglesi costrinse Galtieri ad abbandonare. Il crollo della dittatura era imminente. La democrazia poté così tornare in Argentina nel 1983, quando alle libere elezioni presidenziali vinse Raúl Alfonsín. La “débacle” dei militari argentini divenne il detonatore per far saltare in tutto il continente latino-americano la tirannia.

Considerare quella guerra voluta con ostinazione dalla Thatcher una sciagura per il popolo inglese (così come viene presentato in “The Lady Iron”), la dice lunga sull’orientamento di fondo della biografia cinematografica. E che dire del ruolo ricoperto dalla Thatcher, al fianco di Ronald Reagan e Giovanni Paolo II, nel mettere in difficoltà e successivamente battere il comunismo? Nel film non vi è traccia. Quindi, in conclusione, bellissimo film “The Iron Lady”, ma l’immagine della figlia del droghiere che rovesciò come un guanto l’Inghilterra, è la risultante di un fraintendimento “politicamente corretto”.