Tokyo e Pechino litigano ma presto torneranno a una “pace fredda”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Tokyo e Pechino litigano ma presto torneranno a una “pace fredda”

27 Settembre 2010

Tra Cina e Giappone le tensioni non tendono a scemare  anche dopo il rilascio, da parte di Tokyo, dell’intero equipaggio  del peschereccio cinese che poche settimana fa si è scontrato con due vedette giapponesi al largo delle isole Senkaku/Daoyu, contese dai due Paesi asiatici (e da Taiwan). La rottura diplomatica in realtà continua e le ritorsioni cinesi sono già iniziate. Nella disputa pesano la Storia e le materie prime.

Da una parte la posizione cinese:  “Le Isole Diaoyu fanno parte del territorio cinese fin dall’antichità. La Cina detiene sovranità indiscutibile su quelle isole. La detenzione e l’inchiesta aperta sui pescatori cinesi ed il peschereccio e tutte le relative misure giudiziarie sono illegali e prive di valore.  Il Giappone deve offrire le sue scuse alla Cina assieme ad un risarcimento.”  Dall’altra, la risposta giapponese: “ Non vi è dubbio alcuno nell’affermare che le Isole Senkaku sono palesemente parte integrante del Giappone, alla luce di fatti storici e sulla base del diritto internazionale […] Il Governo giapponese ha affrontato il recente episodio agendo in maniera ferma e coscienziosa sotto la propria giurisdizione ed in base alla legislazione nazionale prevista nel caso di resistenza a pubblico ufficiale da parte di un peschereccio cinese. Perciò, la richiesta di scuse e risarcimento avanzata dalla Cina è totalmente priva di fondamento ed inaccettabile”.

Queste le reazioni ufficiali di Cina e Giappone a seguito della liberazione, ad opera di Tokyo, dapprima dei quattordici membri dell’equipaggio e successivamente del capitano del peschereccio cinese che il  7 settembre scorso si è scontrato con due guardia vedette giapponesi al largo di un gruppo di isolotti del Mar Cinese Orientale contesi tra i due Paesi – le Senkaku per i giapponesi, Diaoyu per i cinesi –  ma de facto controllati dal Giappone. Benché i comunicati rilasciati dalle cancellerie di Tokyo e Pechino richiamino alla cooperazione bilaterale, è evidente la fermezza e l’importanza data alla vicenda da ambo le parti.

Nelle ultime due settimane le relazioni diplomatiche tra le due colonne economiche dell’Asia Orientale hanno raggiunto livelli tra i più bassi degli ultimi dieci anni. Il caso ha avuto ampio risalto nei media di entrambi i Paesi, catalizzando l’attenzione delle opinioni pubbliche e sollevando ondate di nazionalismo. Il Governo giapponese non ha accettato il comportamento irregolare da parte di una imbarcazione straniera  all’interno del proprio mare territoriale; la Cina invece considera il sequestro del peschereccio e l’arresto dell’equipaggio e del capitano una provocazione inaccettabile nonché azioni del tutto illegali.

La risposta cinese è stata ferma e decisa: sospensione immediata degli scambi interministeriali in programma tra i due Paesi; posticipo delle discussioni riguardanti la disputa sulle riserve di gas presenti  lungo la linea territoriale; cancellazione del concerto della celebre pop band giapponese SMAP in programma il prossimo ottobre; cancellazione della prevista visita di un migliaio di studenti giapponesi all’Expo di Shanghai. Inoltre, secondo la stampa giapponese, anche l’arresto ed il successivo rilascio di quattro impiegati del colosso giapponese delle costruzioni Fujita,  avvenuto nella provincia di Heibei con l’accusa di aver valicato territorio militare, sarebbe in realtà una ritorsione ad opera di Pechino.

Il contenzioso circa la sovranità  delle Senkaku/Diaoyu, tornato in superficie come un fiume carsico a più riprese negli ultimi due decenni, muove da due motivazioni principali: la prima è di natura storica, la seconda di carattere strategico/economico.

Secondo Tokyo, dopo aver appurato per dieci anni consecutivi l’assenza di presenza umana nelle isole, il 14 gennaio 1895 il Giappone le incorporò. La Cina, per parte sua, afferma che il Giappone, appropriatosi di Taiwan e delle Isole Diaoyu con il Trattato di Shimonoseki del 1895, avrebbe in seguito dovuto restituirle (assieme a Taiwan) con il Trattato di Pace di San Franscisco firmato nel 1951. Il gruppo di isole è situato nel bel mezzo di una delle tratte marittime più importanti dell’Asia Orientale. Per di più, si tratta di un’area estremamente pescosa e sotto la quale potrebbero nascondersi cospicui giacimenti di greggio e gas naturale.

È molto probabile che le tensioni diplomatiche, che tuttora permangono, verranno comunque smussate nel medio periodo: i forti e crescenti interessi economici, commerciali e finanziari bilaterali (la Cina è dal 2009 il primo partner commerciale del Giappone) nonché la presenza stabilizzatrice degli Stati Uniti – l’altra potenza regionale – ricondurranno i rapporti sino-giapponesi verso quello stato di semi-normalità che li ha caratterizzati nell’arco degli ultimi venticinque anni.