Top secret, tutto quello che sappiamo sui doc di Biden (e Pence)

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Top secret, tutto quello che sappiamo sui doc di Biden (e Pence)

Top secret, tutto quello che sappiamo sui doc di Biden (e Pence)

27 Gennaio 2023

Ogni amministrazione Usa ha il suo ‘gate’, che non vuol dire scandalo ma è il suffisso della madre di tutti gli scandali. Il Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon. Ora tocca a Joe Biden e al suo Garagegate, come lo ha ribattezzato la destra conservatrice.

Tutto ha inizio lo scorso novembre, quando gli avvocati del presidente trovano quattro scatole chiuse nell’armadio di un think tank usato da Biden tra il 2017 e il 2020, il Penn Biden Center for Diplomacy and Global Engagement. In quelle scatole ci sono documenti riservati, classificati top secret. In teoria, ogni presidente e il suo vice quando chiudono il mandato debbono consegnare tutti i loro documenti al National Archives. Cosa che gli avvocati di Biden fanno ma, nel caso dei documenti al Penn Center, con tre anni di ritardo.

Così, contestualmente, scatta un’indagine del Dipartimento di Giustizia a cui seguirà quella di una commissione del Congresso americano. La Casa Bianca però non rilascia dichiarazioni pubbliche su quanto sta avvenendo. In ballo ci sono le elezioni di medio termine ed evidentemente l’Amministrazione teme un effetto esplosivo sui Democratici. Qualche elettore potrebbe chiedersi perché i documenti sono rimasti tutto questo tempo nel think tank.

Qualcuno ha avuto accesso a queste informazioni riservate? E perché Biden ha fatto la morale al suo predecessore, Donald Trump, accusandolo di essere un “irresponsabile” per via di altri documenti riservati che il Don si era portato a Mar-a-Lago? Con tanto di operazione della Fbi per recuperarli. La Casa Bianca tace pubblicamente, mentre collabora in modo attivo con il Dipartimento di Giustizia.

Nel mese di dicembre, saltano fuori nuovi documenti classificati, stavolta nel garage della casa di famiglia dei Biden a Wilmington, nel Delaware. Garage dove il presidente conserva la sua Chevrolet Corvette Stingray del ’67. Gli avvocati di nuovo consegnano tutto alla giustizia, ma qualcosa inizia a filtrare. Anche perché i ritrovamenti a Wilmington si moltiplicano, dureranno fin quasi alla fine di gennaio.

Il 9 gennaio, arrivano le prime dichiarazioni pubbliche di fonti istituzionali. Il 10 la emittente CBS solleva il caso. Il 13 la CNN scrive le uniche cose che fino adesso sappiamo sul contenuto delle carte riservate di Biden. Tra i documenti ritrovati al Penn Center – perché ancora pubblicamente non si parla di quelli rinvenuti a Wilmington – ci sarebbero dei memo della intelligence Usa su Ucraina, Cina e Regno Unito.

Il Dipartimento di Giustizia, a questo punto ha indicato un procuratore speciale incaricato di seguire il caso. L’avvocato personale di Biden si premura di spiegare che non ci sono state comunicazioni pubbliche precedenti per non ostacolare la giustizia. Il presidente liquida la questione, prima dicendosi “sorpreso” dell’accaduto, poi spiegando che “non c’è niente lì dentro”, cioè niente di sensibile, di rilevante nei documenti.

Ma ormai i repubblicani, Trump compreso, insorgono. The Donald è arrabbiatissimo perché, dice, a Mar-a-Lago sono piombati i Federali, da Biden no. In realtà l’Fbi andrà a Wilmington, lavorando però di comune accordo con il team Biden. FOX News punta a testa bassa il figlio del presidente, Hunter, coinvolto in affari poco chiari quando faceva il lobbista e aveva un posto nella società del gas ucraino Burisma. Hunter ha avuto accesso ai documenti top secret del padre?

Karl Rove, ‘l’architetto’ di tante campagne elettorali repubblicane, attacca in tv sul Penn Center, il think tank di Biden a Washington. Rove si chiede se il pensatoio sia collegato ai finanziamenti milionari cinesi ricevuti dall’Università della Pennsylvania. Biden, tetragono, va avanti. La linea è quella della massima collaborazione. CNN però ricorda come gli ultimi appuntamenti istituzionali dell’allora vicepresidente di Obama, nel 2017, furono con il presidente ucraino Poroshenko a Kiev e con il cinese Xi Jinping a Davos. Miele per le orecchie dei complottisti.

Negli ultimi giorni, anche il vicepresidente di Trump, il devoto Mike Pence, che aveva criticato con forza Biden per le questione dei documenti riservati e ritrovati, si becca una indagine tra capo e collo. I suoi avvocati hanno fatto sapere che anche Pence non aveva consegnato tutti i suoi documenti al National Archives. Insomma, una storia sempre più ingarbugliata.

Ora Biden rischia la sua ricandidatura alle prossime elezioni presidenziali. Stesso discorso per Pence, che poteva essere uno dei potenziali candidati alle primarie dei Repubblicani. Così Trump riprende a salire nei sondaggi su Biden, per la prima volta da due anni. Il Garagegate per ora si è rivelato un bel favore al Don, ancora convinto di poter tornare alla Casa Bianca. Certo che tra i documenti top secret di Trump a Mar-a-Lago, quelli di Biden del Penn Center e di Wilmington, e adesso pure quelli di Pence, negli Usa si può dire che negli Usa c’è un bel problema di sicurezza nazionale.