Tra il rebus del Fondo Ue e i mercati scettici, l’Italia deve fare da sola per salvarsi

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Tra il rebus del Fondo Ue e i mercati scettici, l’Italia deve fare da sola per salvarsi

01 Novembre 2011

Lo spread sui nostri titoli pubblici sale oltre quota 400 a livelli pericolosi, in giornate con poche contrattazioni e molta speculazione, ma anche molta incertezza su ciò che farà l’Europa. Il Fondo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria si è provvisoriamente arenato perché una sentenza della Corte costituzionale tedesca ha giudicata illegittima la composizione della Commissione che ne dovrebbe delineare la architettura di intervento a favore degli stati di grandi dimensioni dell’euro zona con elevato debito pubblico, come l’Italia o con elevato deficit come la Spagna, per rilevare quote dei loro titoli o offrire per essi garanzie assicurative , in modo da sostenerne i corsi.

Inoltre cinesi e giapponesi a cui gli architetti franco-tedeschi di questo Fondo si sono rivolti per ottenere dei finanziamenti che ne aumentino la capacità di intervento, al presente nicchiano, in quanto non sono ancora chiare le strutture e i compiti che esso dovrebbe avere.

Così, la discussione sul fatto se la lettera di Berlusconi sia o meno convincente nel contenuto e se sia o meno convincente la tempistica assegnata alle misure in essa contenute, passa in seconda linea , dal punto di vista del quesito se abbia o meno convinto i nostri partner politici europei . Si potrebbe dire che essa è “tanquam non esset”. A livello europeo è come se essa non ci fosse. E pertanto  lo spread sui nostri titoli pubblici rimane affidato al giudizio dei mercati finanziari, riguardo al nostro futuro-politico finanziario così come da essi percepito e alle future condotte della Bce .

Poiché Mario Draghi non ne è ancora il presidente, lo sarà da domani, non è ancora chiaro che cosa farà la Bce, circa i nostri titoli pubblici. L’ex governatore della Bundesbank , candidato sconfitto alla presidenza della Bce, ha scritto su Handelsblatt che la Bce non deve più comprare titoli spagnoli o italiani in quanto il suo compito è la stabilità monetaria e non il sostegno dei prezzi di tali titoli. Draghi replica che il compito di stabilizzare la moneta della Bce è più ampio dovendosi considerare le ripercussioni sul sistema finanziario di mercato delle variazioni dei prezzi del debito pubblico. In effetti, erra Il Sole 24 Ore quando lancia la proposta che la Bce non sia solo obbligata a stabilizzare la moneta, ma anche a sostenere la stabilità economico finanziaria complessiva .

Infatti i prezzi dei beni capitali sono rilevanti per la teoria “austriaca” dell’economia ancor più dei prezzi dei beni correnti, ai fini della stabilità dei prezzi e quindi della stabilità monetaria . E quindi con la teoria austriaca del capitale e dei prezzi, la Bce non ha bisogno di cambiare statuto per comprare titoli di stato onde evitare che cadano i coefficienti patrimoniali delle banche che posseggono tali titoli e si restringa il credito.

Non lo è nemmeno con la teoria quantitativa della moneta di Friedman, che dovrebbe essere il guru dei liberisti. Stranamente benché la teoria austriaca dell’economia e quella di Friedman siano quelle più rigorosamente fautrici del mercato che si conoscano, esse sembrano  essere ignorata dall’ex governatore della Bundesbank e dal giornale della Confindustria. Anche la teoria della stabilità monetaria, basata sull’equazione di Cambridge, cui aderiva Einaudi e che mi pare la più corretta include nella nozione di stabilità monetaria  i prezzi dei beni capitali . E poiché la Bce persegue la stabilità monetaria, Draghi dovrà operare  per evitare la deflazione, che si sta verificando, nei valori patrimoniali e nel credito, assieme al rialzi dei prezzi dei beni e servizi correnti, un difficile equilibrio. Ma ciò appartiene al futuro, seppure non remoto.

Nel presente, la stampa specializzata internazionale sostiene che Berlusconi non è in grado di attuare il suo programma, per ragioni politiche: non tanto quello della lettera, quanto quello ad essa precedente, consistente nella politica di rigore e insieme di sviluppo . Ma si ammette anche che l’opposizione dà speranze ancora minori. In parte questo pessimismo è strumentale, perché serve agli operatori che debbono piazzare titoli espressi in dollari e in sterline e in parte è una eco delle campagne che si fanno in Italia contro il governo attuale, a favore di governi tecnici o di grandi alleanze, che spaventano i mercati internazionali mentre gettano cattiva luce sui dati della nostra economia e della nostra finanza che sono molto migliori di quelli che si voglia fare apparire con tale propaganda . C’è poi il silenzio del Ministro dell’economia Giulio Tremonti , che per gli osservatori internazionali è incomprensibile: fa supporre che non sappia attuare il programma di pareggio che egli ha posto come obbiettivo, mentre risulta chiaro che è ostile ai programmi di crescita che il governo vorrebbe varare.

Ma il programma di risanamento finanziario marcia verso il traguardo, anche se il Ministro dell’economia è silenzioso, perché sta nelle leggi approvate e nelle conseguenti azioni della macchina amministrativa . Il problema centrale è ora quello di un programma pro-crescita convincente che deve basarsi su una spesa pubblica per investimenti accompagnata da un multiplo di spesa privata da esso attivata e su estese privatizzazioni e liberalizzazioni , ma deve anche basarsi sulla ricapitalizzazione delle banche, fine per il quale mi pare essenziale convertire i loro titoli pubblici in covered bond pubblici, cioè titoli pubblici collateralizzati con la garanzia del 20% di beni pubblici : con 20 miliardi se le convertono 100, la prima tranche e con altri 20 altri 100. Il totale di titoli statali italiani  posseduto dalle 5 maggiori banche italiane, cioè Intesa-San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi , Banco Popolare e Ubi Banca è 194 miliardi.

Rimangono ancora 4 miliardi di covered bond pubblici da offrire ad altre banche. In attesa che un simile  compito sia assunto dal Fondo europeo, in modo più ampio, occorre agire al più presto con le nostre forze, sul cuore del problema.