Tra Putin e Medvedev prove di diarchia in Russia

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Tra Putin e Medvedev prove di diarchia in Russia

13 Giugno 2008

L’elezione di Medvedev ha salvato la carriera politica di Putin ma ha anche decretato la biforcazione del potere tra un presidente in deficit di carisma e un primo ministro con vocazione all’egemonia. L’immobilismo della politica russa viene smosso da un’inedita fase di convivenza per stabilire i nuovi equilibri di una potenziale diarchia. La politica estera è l’elemento più sensibile a questa tensione perché né Medvedev né Putin intendono rinunciare alle loro prerogative. Però la diplomazia bicefala si può sviluppare un equilibrio di poteri più dinamico per una Russia abituata ad un Cremlino monolitico.

L’orso a due teste
Per la prima volta in Russia la fine di una leadership non produce rivoluzioni e colpi di stato. Ma la distribuzione del potere tra Cremlino e governo sta producendo un’inaspettata incertezza. Infatti il nuovo governo di Putin conserva gli uomini chiave della sua amministrazione presidenziale. Il record di sette vice-premier conferma la tradizione sovietica di un nucleo ristretto che accentra i principali poteri. I due primi vice-premier sono fedelissimi di Putin, mentre la carriera politica di quelli restanti è stata praticamente scritta da Putin verso cui vantano un’amicizia personale. Secondo la costituzione è il presidente che coordina la gestione dei più prestigiosi ministeri, lasciando al primo ministro la supervisione sui ministeri secondari. Tuttavia Medvedev ha sostituito soltanto due nomi su sette nel suo nuovo gabinetto presidenziale. Dunque il ritorno di Putin a primo ministro ha depotenziato il Cremlino privandolo delle figure più potenti. Si sta quindi verificando una sfasatura tra il potere personale di Putin e l’autorità istituzionale di Medvedev. 

E’ il presupposto per il profilarsi di una diarchia che interrompe la secolare tradizione monocratica della Russia senza però fomentare antagonismi. Questa potenziale diarchia è sbilanciata a favore di Putin perché nonostante la sua autorità istituzionale Medvedev non può competere con il prestigio e il potere personale del suo primo ministro. Inoltre la ferrea leadership di Putin sul partito maggioritario nella Duma garantisce la fedeltà del potere legislativo ma unicamente verso Putin. A differenza di Medvedev, che non può superare un ipotetico secondo mandato, Putin non deve sottostare a nessun limite temporale come primo ministro. Inoltre alla scadenza del mandato di Medvedev potrà anche ricandidarsi al Cremlino. Finora la diarchia resta pacifica perché l’asimmetria dei due poteri è così marcata da rendere improbabile una completa autonomia di Medvedev.

Un viaggio per due
Finora la politica estera della Russia è stata il dominio riservato del Cremlino. Ma non è ancora chiaro se sarà Medvedev il nuovo timoniere della Russia nei rapporti internazionali oppure se Putin conserverà questo settore nevralgico. La visita in Francia esemplifica questa ambiguità. Putin incontra Sarkozy – e non Fillon – una settimana prima della visita di Medvedev. Coincidenza o messaggio politico alla Francia che a luglio subentra alla presidenza dell’Unione Europea? Sarà infatti Parigi a concludere l’Accordo sulla Partnership e la Cooperazione che definirà per i prossimi due decenni la struttura delle relazioni tra Mosca e l’Europa. Con Putin indaffarato in Europa, Medvedev viaggia in Cina per rinsaldare i rapporti con Pechino e confermare il suo ottimo rapporto personale con la Cina. La politica estera può diventare il laboratorio per sperimentare gli equilibri necessari a stabilizzare il rapporto tra presidente e primo ministro. Infatti i primi viaggi all’estero disegnano una ripartizione geopolitica del potere tra Putin e Medvedev che oltrepassa le cariche formali. Putin resta a presidiare gli spinosi rapporti con l’Occidente, mentre Medvedev può occuparsi dell’Asia, dove Mosca gioca una partita meno rischiosa. La Russia adotta una diplomazia bicefala, che consente di sdoppiare la sua autorità suprema in due vertici distinti e intercambiabili a seconda delle contingenze: Medvedev il volto liberale e Putin l’icona della potenza.  

E’ ancora prematuro prevedere gli esiti di questa inaspettata fluidità del potere russo. Nel soddisfare l’esigenza di una fondamentale continuità, la permanenza di Putin sulla scena politica ha prodotto conseguenze inattese. Il dato di fatto è che oggi in Russia non esiste più un uomo solo al di sopra di tutti – e questo cambiamento non sta producendo effetti negativi.