Tra Silvio e Walter il nuovo è sempre il Cav.

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Tra Silvio e Walter il nuovo è sempre il Cav.

18 Febbraio 2008

Assemblea Costituente del PD. Le prime file sembrano (sono)
studiate a tavolino. Un alternarsi di vecchi tromboni post-comunisti e
post-democristiani, riformisti da salotto, mischiati a facce giovani un po’
spaesate e un po’ intimorite, ignare comparse della commedia nuovista
dell’Obama italiano. Pezzi di società civile che fanno politica da sempre e da
%0Asempre ricevono favori dalla politica, colonna sonora d’ordinanza, immagini
dell’Italia che lavora e che produce, sì quella che da anni è sbertucciata
dalla sinistra (soprattutto quella sedicente riformatrice) e dai suoi apparati.

Non manca nulla insomma, in questa apoteosi di
vetero-nuovismo, strumentale e falso, non manca purtroppo neanche la triste e rancida
demagogia, quando l’Obama italiano annuncia la candidatura di Antonio Boccuzzi,
operaio sopravvissuto al rogo della Thyssen a Torino, che per una sorta di
tragica nemesi, rappresenta proprio il simbolo della classe operaia sfruttata e
utilizzata dalla sinistra, per i propri giochetti politici e le proprie rendite
di posizione. L’annuncio della candidatura di Antonio Boccuzzi precede di poco
un altro annuncio, quello di Matteo Colaninno in una sorta di apoteosi del “ma
anche” che se non abusasse della tragedia di vedove ed orfani, conterrebbe un
grado di parossismo dell’assurdo per il quale le piece di Ionesco assumono un grado di realismo esasperato. E’ già,
Matteo Colaninno, il rappresentante di quell’aristocrazia confindustiale
impomatata ed allergica alla competizione, dedita all’economia delle relazioni,
quella strana concussione sotterranea che permette ai soliti noti di
acquistare monopoli a prezzi di saldo, con i soldi delle banche, per poi
rivenderli, pieni di debiti, con plusvalenze miliardarie. Matteo Colaninno,
figlio del Capitano Coraggioso che comprò Telecom, quando palazzo Chigi
sembrava una merchant bank e il Presidente
del Consiglio era D’Alema. Il nuovo che ritorna, insomma.   

La verità è che il blocco sociale del PD rimane lo stesso
di sempre, vecchio e stantìo, lo stesso che ha sostenuto il Governo Prodi, che
non a caso ha aperto i lavori dell’Assemblea Costituente del PD. Sono tutti là,
il netturbino mancato Bassolino e i rappresentanti dell’inquitante Margherita
calabra, i garanti politici locali del politicume organizzato delle regioni
rosse e delle loro municipalizzate, Bersani e le sue Coop per finire con Realacci,
ormai la controfigura buonista di Pecoraro Scanio.

La solita sinistra, intrisa di miti e pregiudizi, di
citazioni e intellettuali a rimorchio, che mischia di simboli e forme senza
identità, che rinnega la propria storia (l’Obama italiano ha finanche
sbertucciato il ’68… lasciando D’Alema con la molotov in mano) e usa le
tragedie per legittimarsi. Ma una sinistra, come al solito, senza idee e senza
una visione della società; basta scorrere i dodici punti che costituiscono le
proposte di innovazione (sic!) del PD. Infrastrutture (leggi “grandi opere” di
Berlusconi), meno tasse (leggi “meno tasse per tutti” di Berlusconi), piano
case (già annunciato da Berlusconi, qualche settimana fa), sicurezza e aumento
degli agenti per strada (leggi i poliziotti di quartiere di Berlusconi),
controllo della spesa pubblica (leggi, tra l’altro, tetto di spesa di spesa per
gli enti locali, già imposta dal Governo Berlusconi, quando Veltroni, si
proprio lui, urlava dicendo che così sarebbero stati chiusi gli asili nido e
spenti i lampioni). Il tutto condito con il politically
correct
tipico veltroniano, le donne trattate come la foca monaca in
estinzione, il bonus bebè gia promesso dal Governo Prodi e mai attuato, il
salario minimo per i precari dopo aver straparlato del merito e delle
eccellenze e aver tranquillamente sorvolato sulla scandalosa stabilizzazione
dei precari nella PA, appena approvata da Prodi e compagni. Non un accenno
ovviamente all’apparentamento con Di Pietro, da quando il PD doveva andare alle
elezione “libero e solo”, si ritrova in compagnia del giustiziere di Montenero
di Bisaccia, come dire il pulman e la Mercedes a spasso per l’Italia.

Poche idee e molto fumo, una pomposa messa in scena che
scopiazza il vecchio programma della Casa della Libertà come si fa a scuola,
cambiando di tanto in tanto qualche parola dai resoconti dei dizionari
enciclopedici, per non farsi scoprire dal professore. Poi un bel titolo
colorato e tutto è pronto per servire il pacco (nell’accezione romana del
termine) agli italiani.

Insomma un programma finalmente liberale ma messo in mano
a ex-comunisti e cattocomunisti, a liberali del giorno dopo, a riformisti delle
riforme degli altri.

Ma l’Obama italiano, ha fatto i conti senza l’oste. Ancor
più ora che finalmente Casini se ne andato, il programma del PdL deve esser
coraggioso e profondamente liberale, andare oltre le basi già gettate negli
anni passati.

Le tasse giù, non alla Visco, un punto all’anno e poi
vedremo, come detto dal PD, ma giù ora e tanto da non superare un terzo dei
guadagni di ciascun cittadino. Il tutto finanziato con la riduzione della spesa
pubblica: blocco del turn over, mobilità e, dove è possibile, liberalizzazione
della PA, a casa i fannulloni di Stato e i “distaccati” sindacalizzati. E poi,
innalzare l’età pensionabile a 65 anni, come in tutti paesi civili del mondo, aumentare
il potere d’acquisto dei cittadini con un programma di liberalizzazioni
(servizi pubblici locali, trasporti, distribuzione, energia, professioni…)
che introduca trasperenza e competizione (e quindi prezzi più bassi). Dare
spazio alla sussidiarietà, dare ai cittadini la libertà di scelta e far fare
allo Stato solo quello che la società non riesce a fare; una rivoluzione della
sussidiarietà per eliminere la
devastante e rapace  intermediazione
della politica e per ridurre i costi dei servizi aumentandone la qualità. E poi
contrattare i salari, laddove i salari vengono erogati, legandoli alla
produttività e detassando pesantemente gli straordinari e i premi di
produzione.

Insomma, un terremoto liberale, un vortice di libertà, per
strapazzare i liberali d’accatto, i parvenu
interessati e far vincere la libera scelta dei cittadini.