Tremonti è costretto a tenere stretti i cordoni della borsa e fa bene a farlo

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Tremonti è costretto a tenere stretti i cordoni della borsa e fa bene a farlo

19 Ottobre 2010

Da quest’anno la legge finanziaria si denomina legge di stabilità ed è molto più semplice che nel passato, perché si compone di un solo articolo e di tabelle che recepiscono gli effetti finanziari delle leggi precedenti, compresa la manovra di finanza pubblica varata con il decreto legge del 31 maggio di quest’anno.

Non ci sarà, pertanto le discussione fiume sulle centinaia di commi della legge finanziaria, che, negli ultimi trenta anni, hanno tenuto occupato il senato e la camera ed il governo per oltre due mesi nell’ultima parte dell’anno, con effetti spesso dannosi per i conti pubblici. E comunque, sempre con il rischio di non riuscire a varare in tempo la legge principale dei conti pubblici dell’anno a venire e, con le conseguenti incertezze degli operatori economici e finanziari nazionali e internazionali.

Al Ministro Giulio Tremonti va il merito di avere realizzato questa operazione che può definirsi di portata storica. Meno meritoria però è stata la scelta che ha fatto il Ministro dell’economia, di costruire le sue tabelle delle entrate e delle spese correnti e in conto capitale e del bilancio al loro e al netto della spesa per interessi, in perfetta solitudine, senza discuterne con gli altri Ministri. Che, per conseguenza, si sono trovati di fronte al fatto compiuto e se ne sono lamentati in modo più o meno palese.

Silvio Berlusconi ha avvallato la tesi di Giulio Tremonti per cui il suo disegno di legge di stabilità andava preso in blocco, con la modalità  del “prendere o lasciare”, senza alcuna modifica preventiva. Da ciò è emerso un giudizio “tranchant”  sulla natura dell’attuale governo da parte di un abile e competente editorialista de Il Corriere della Sera, quale è Pier Luigi Battista. Questi ha scritto che ora, a causa della non modificabilità della “legge di stabilità”, si è passati dal governo Berlusconi al governo Tremonti.  Si tratta di una affermazione fuori luogo. Come è fuori luogo la affermazione del leader della Lega Nord Umberto Bossi che ha asserito che Tremonti è come il cancelliere di ferro Bismarck che aveva dichiarato “chi tiene stretta la borsa tiene stretto il potere”. In queste due tesi vi è molto di provinciale.

Chi tiene stretta la borsa dell’Italia non è Tremonti, alleato con la Lega Nord. Sarebbe troppo bello. E’ la Germania di Angela Merkel che chiede all’Italia la drastica riduzione del suo rapporto debito/Pil. Accanto alla Merkel, a farci stringere la borsa ci sono le agenzie internazionali di rating, che potrebbero degradare il nostro debito pubblico, se noi facessimo un passo falso. Giulio Tremonti che si trova a gestire un debito pubblico enorme in valore assoluto ed elevato rispetto al Pil italiano, ha assolutamente bisogno di “esibire i muscoli”. E ciò, in Italia, non solo e non tanto a con i suoi colleghi e con il premier, quanto  on la Banca di Italia. Mentre, a livello internazionale, nelle riunioni di Ecofin, il gruppo dei Ministri finanziari dell’Unione Europea, nonché di fronte alla Banca Centrale Europea e agli esperti del Fondo Monetario Internazionale.

Giulio Tremonti avrebbe potuto evitare di scontrarsi con il Ministro Gelmini per un emendamento alla legge sull’Università che comporta una maggiore spesa di 90 milioni nel 2011, di 263 per il 2012, di 400 per il 2013, di 253 per il 2014 e di 480 a regime. Una legge che consente di promuovere per concorso (non automaticamente) 9 ricercatori al posto di professore associato, sostituendo parzialmente i professori ordinari e associati che vanno in pensione nello stesso periodo, in numero molto alto, anche per effetto della riduzione a 68 anni dell’età di pensionamento degli associati e a 70 degli ordinari contenuta nello stesso disegno di legge.

Perché la Ragioneria generale dello stato ha detto – e proprio ora – che non c’è la copertura di questa modesta cifra, di fronte a una riforma universitaria che con varie operazioni riduce strutturalmente la spesa universitaria? Il Ministro Tremonti dice che risolverà il problema a fine dicembre con il decreto mille proroghe e Umberto Bossi dice che “ i soldi si troveranno”. Perché allora e non ora? La verità è che con questo gesto di forza contro Maria Stella Gelmini, Tremonti vuol  far sapere ai colleghi ministri e agli interfaccia internazionali, che ha il pieno controllo della situazione finanziaria italiana sia allo scopo di tenere alto il livello di credibilità del nostro debito pubblico, sia allo scopo di avere una adeguata capacità negoziale nella riscrittura del patto di stabilità europeo di fronte alla Germania, che ha chiesto sanzioni automatiche per chi non riduca in modo rapido e costante il suo rapporto debito Pil in eccesso al livello del 60%. 

L’Italia che ha un debito in eccesso a tale percentuale di quasi 60 punti, dovrebbe attuare una riduzione annua di quasi 3 punti percentuali del suo rapporto debito Pil sino ad arrivare vicino al 60%. Tremonti, nella riunione di lunedì a Lussemburgo, è riuscito ad ottenere che questa regola sia applicata in modo flessibile, tenendo conto anche di altri parametri come il basso debito del nostro settore privato. Ha anche ottenuto che le sanzioni consistenti in grosse pene pecuniarie per chi viola le nuove regole non siano irrogate in modo automatico. Ora la decisione finale passa al Consiglio dei capi di stato e di governo europei, ove dovrà essere Silvio Berlusconi a sfoggiare tutta la sua abilità per fare passare la tesi di Tremonti.

Berlusconi sa perfettamente che la reputazione finanziaria dell’Italia dipende dalla credibilità di Tremonti. E questa è la ragione per cui, con grande senso di responsabilità, ha chiesto ai suoi Ministri di accettare senza modifiche il disegno di legge di stabilità di Tremonti. Dato ciò, il teorema di Pier Luigi Battista va rovesciato. Tremonti non si può toccare perché diversamente l’Italia ritornerebbe nel club Med (quello dei paesi mediterranei non credibili) assieme a Grecia, Portogallo e Spagna, cui si è aggiunta l’Irlanda.

Tremonti non è Bismarck, è il ragioniere dell’azienda Italia che ne tiene i conti e li garantisce in Europa. Ma se ciò è vero, risulta anche evidente che il governo Berlusconi è l’unico possibile perché senza di esso non vi sarebbe Tremonti e quindi ci sarebbe il caos finanziario. Né questo è un governo Tremonti-Lega. E’ un governo Berlusconi che autorizza Tremonti a fare il “poliziotto cattivo”, in quanto ci sono, nell’opposizione e nella CGIL, troppi “poliziotti buoni” che chiedono nuove spese e minori imposte mentre insistono a volere il mantenimento dei  contratti di lavoro tradizionali, che non tengono conto della produttività. E a difesa di tutto ciò preparano lo sciopero generale. Ciò mentre l’unica via di uscita per ridurre il nostro debito pubblico è di avere più produttività per avere più crescita. Questa è appunto nell’agenda del Ministro Sacconi che appoggia e fiancheggia la linea favorevole ai contratti di lavoro aziendali, a cui aderiscono Cisl e Uil e che è propugnata dalla Confindustria e dalle altre organizzazioni di imprese. Ci si renda conto che è questa dei contratti di lavoro, la questione dirimente fra governo Berlusconi e altri governi.