Trenta metri di seta per unire Roma all’Oriente
16 Ottobre 2011
di Carlo Zasio
Trentun metri di seta dipinta a inchiostro su un supporto di carta con 211 toponimi cinesi in gran parte traslitterati dal persiano, sogdiano, arabo, armeno, tocario, greco, uiuguro e molte altre lingue dell’Asia centrale: è la Carta del Paesaggio mongolo, acquistata nel 2002 dalla casa d’aste Beijing Sungari International Auction co. in Giappone, dove era giunta negli anni Venti del XX secolo, custodita nei depositi del museo privato di Fuji Yurinkan come esemplare di pittura di paesaggio di epoca Qing (1644-1911) e dal 21 ottobre esposta per la prima volta in assoluto nelle aule delle Terme di Diocleziano a Roma nel contesto della mostra a Oriente. Città, uomini e dei sulla via della seta.
Il manufatto, rivelatosi in realtà molto più antico grazie alle analisi di numerosi specialisti cinesi e dagli esperti dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente guidati da Francesco D’Arelli, illustra i territori che all’epoca della dinastia Ming si estendevano a occidente del Celeste Impero fino alla Mecca e Costantinopoli. La datazione precisa, grazie ad alcuni elementi topografici ben definiti – la posizione dell’osservatorio astronomico di Samarcanda, le fortificazioni sul passo di Jiayu, la mancata raffigurazione delle prime opere difensive della Grande Muraglia – viene fatta cadere tra il 1524 e il 1539. Lo stile pittorico del “paesaggio blu e verde” cattura e affascina, le raffigurazioni delle città fanno volare l’immaginazione alle carovane di mercanti e alle ambascerie che, prima dell’apertura delle rotte marittime dell’Oceano Indiano, collegavano Occidente e Oriente.
La via della seta, lungo cui transitavano uomini, idee, religioni, invenzioni si dipana in tutta la sua vastità davanti agli occhi dei visitatori di questa mostra che, fino al 26 febbraio, illustrerà la fitta trama di rapporti suggestivamente descritta da Arnold Toynbee nel Mondo e l’Occidente. Un modo originale per riflettere sui movimenti epocali che ancora contraddistinguono il nostro tempo.