Tributo a Nora Ephron, la principessa della celluloide
30 Giugno 2012
Il “New York Times” l’ha ricordata per l’indiscutibile genialità umoristica. Il “Los Angeles Times” l’ha definita invece scrittrice dallo sguardo arguto e pungente. E tra New York e Los Angeles si è svolta, in maniera sin troppo dinamica, la vita di Nora Ephron, alla quale andrebbe assegnato il titolo hollywoodiano di principessa della celluloide, come Lubitsch, però per il “tocco femminile”.
Nora Ephron è stata una magnifica incarnazione della scrittura al femminile, sofisticata, arguta e leggera. Sin da giovane ha mostrato una naturale vocazione per la letteratura. Ma è con le immagini che è diventata una celebrità. Come regista di commedie romantiche e soprattutto come sceneggiatrice di un capolavoro del genere, “Harry ti presento Sally” (1989), per la regia di Rob Reiner. Il film verrà ricordato per la scena dell’orgasmo simulato dalla protagonista Meg Ryan in un ristorante gremito di gente. Dopo un crescendo di sospiri, dimenamentidella testa e mani fra i capelli, Sally come nulla fosse torna a sedersi con corretta postura, e assesta una palettata alla coppa di gelato. Una signora un po’ attempata, che ha assistito alla perfomance con grande interesse, ordina al cameriere: lo stesso di quella ragazza. “Harry ti presento Sally”non è soltanto un’opera divertentissima. Ha il valore di un trattato, istantanea della nuova generazione, giovane e in carriera, che si stava affacciando sulla scena americana, e che avrebbe dominato gli anni Ottanta del secolo passato, epoca segnata dalla figura di Ronald Reagan: gli yuppie. Acculturati, ricchi, consumatori di tendenza, disinibiti, perennemente alle prese con difficoltà sentimentali. E bevitori di acqua minerale Evian (regolarmente non gassata), divoratori di insalate fresche e germogli di soia comperate al banco dell’organico, vestiti griffati pur se informali, alloggiati in case belle, spaziose e comode, con le immancabili Nike ai piedi per sgambettare al Central Park di New York, la città più “glamour” d’America, prima che venisse resa popolare dalla serie “Sex and the City”.
Nel lavoro di scrittrice, saggista, notista di costume, sceneggiatrice, regista e produttrice, sempre elegante e fortunata, mai banale, Nora Ephron ha saputo raccontare con precisione la scalata dei “bobos” americani (borghesi e bohémien, cioè ricchi e alternativi) al Paradiso. Due di loro, Bill e Hillary Clinton, nel 1992 divennero la coppia più attraente e potente del mondo, tarpando le ali agli ideali socialisti degli anni Sessanta, e mettendo il turbo alle spinte materialiste e individualistedegli anni Ottanta e Novanta. Nora Ephron, tre mariti uno più interessante dell’altro (prima lo scrittore Dan Greenberg; poi il giornalista Carl Bernstein; infine lo sceneggiatore Nicholas Pileggi), dietro la macchina da presa, o al tavolo della scrittura, è stata in grado di tramutare il dolore in sorriso, la rabbia in umorismo, le ferite profonde in divertimento, gli accidenti sgradevoli della vita in bellezza. Ne è un esempio “Affari di cuore”, da lei scritto, e diretto da Mike Nichols nel 1986, interpretato da Meryl Streep e Jack Nicholson. I tormenti sentimentali della coppia Nora Ephron li ha pescati nel tourbillon, piuttosto movimentato, del suomatrimonio (fallito) con il mitico Carl Bernstein, il giornalista che fece scoppiare lo scandalo del Watergate, da cui ha avuto due figli.
Nella professione di regista Nora Ephron non ha avuto nessun timore reverenziale nell’adattare, in versione postmoderna, un classico della commedia, come dimostra il suo preciso e garbato “C’è post@ per te”(1998), con Meg Ryan e Tom Hanks, versione aggiornata al femminile (non femminista) di “Scrivimi fermo posta”, diretto da Ernst Lubitsch nel 1940). E se l’è cavata bene, tutto sommato, anche con la moda New Age, trasformando in “Michael” (1996) John Travolta, icona feroce del tarantinismo stile “Pulp Fiction” (1994), riportato dalle sue mani adangelo, certo discolo, ma fra i più simpatici e del cinema hollywoodiano.
Un male terribile e imbattibile ha spento per sempre la creatività di Nora Ephron. Ma prima di arrendersi ha voluto mettere sotto i denti una bella bistecca. Lei sempre così salutista, attenta a nutrirsi di cibi sani, organici, politicamente corretti, cucinati con maniacale professionalità, ha dichiarato, con estrema disinvoltura, di essersi mangiata una bella bistecca, cucinata come piaceva a suo padre, cioè cotta col burro. Crosta scura e saporita fuori. Cuore tenero e succulento dentro. Una bomba calorica, dunque. E chissenefrega del colesterolo, della glicemia e del girovita. Anche grazie a questo tardivo appagamento della carne, adesso riposa in pace.