Trump, richiesta di impeachment affossata dai democratici: la grande stampa ne parla?
12 Dicembre 2017
Trump non si rende conto che la libertà della stampa è fondamentale? E la libera stampa non si rende conto che unilateralità e manipolazione non l’aiutano a restare “libera”? “Doesn’t Donald Trump – even Donald Trump – realise that he invites more persecution this way? That’s he’s a malignant pustule on the scarred face of democracy?”. Peter Preston sul Guardian del 3 dicembre si chiede se Trump non si renda conto come attaccando in questo modo i liberi media, sfigurando così la democrazia, non faccia che aumentare l’accanimento contro se stesso?
Spesso alcune frenesie tweettarole trumpiste sconcertano e imbarazzano chi vorrebbe una discussione pubblica più ordinata e razionale. Però i difensori della sacrosanta libertà di stampa dovrebbero rendersi conto del perché è cresciuta l’animosità di aree decisive dell’opinione pubblica contro di loro e quanto proprio la loro (dei media “liberi”) diretta responsabilità abbia contribuito a realizzare questo risultato.
Quando Marc A. Thiessen si lamenta sul Washington Post del 2 dicembre che “Liberals not only allowed Bill Clinton to survive; but in his post-presidency, they made him into a Democratic icon,” che i “liberal” non solo hanno consentito a Bill Clinton di sopravvivere politicamente ma ne hanno fatto un’icona democratica, fa un’osservazione convincente. Ma se il Washgingtron Post fosse stato meno fazioso a sostegno di Hillary Clinton, l’osservazione intelligente ma del tutto tardiva non apparirebbe così beffarda a tanti cittadini.
“’I don’t think it’s in keeping with the spirit of the transition’ one of president-elect Trump’s national security advisers told Politico on Nov. 10, 2016, ‘to try to push through agenda items that are contrary to the president-elect’s positions’. Even Democratic former CIA director and Defense secretary Leon Panetta said it was a ‘stretch’”. James S. Robbin su Usa Today del 4 dicembre scrive come già nel novembre del 2016 lo staff di Trump denunciò lo scarso spirito da transizione di Barack Obama, e anche l’ex segretario alla difesa (e capo della Cia) Leon Panetta ammette che vi fu uno strascicamento nel passaggio di consegne. Magari se Usa Today avesse scritto queste cose un anno fa, certe animosità nella politica americana non sarebbero state le stesse.
Matt Fuller sull’Huffpost del 6 dicembre scrive che: “Fifty-eight House Democrats voted to advance the impeachment of President Donald Trump on Wednesday, in direct defiance of the pleas of House Democratic leaders earlier in the day. A vote to table the impeachment resolution was agreed to 368-58, with four Democrats voting just “present” and 126 other Democrats voting with Republicans to kill the resolution”, 58 deputati democratici hanno chiesto di avviare le procedure di impeachment di Trump, mentre 126 parlamenatri democratici hanno votato con i repubblicani per affossare l’iniziaitva. Avete letto questa notizia con una qualche evidenza e con un qualche commento sulla grande stampa americana o su quella italiana?
Anche un nemico dichiarato di Trump come Edward Luce sul Financial Times del 7 dicembre non può non notare come ”Last year, Democrats accused the FBI of being a damaged outfit. Today they hold the agency up as the epitome of public virtue. In 2012, Democrats attacked Mitt Romney, the Republican nominee, for saying Russia was America’s ‘number one geopolitical foe’. Today that is the Democratic position”. L’anno scorso i democratici accusavano l’Fbi di essere uno strumento di indagine malmesso, ora considerano il Bureau la sintesi della virtù pubblica. Nel 2012 i democratici accusavano Romney di demonizzare la Russia, ora questa è la loro posizione. Benissimo, peccato che Luce svolga queste ragionevoli considerazioni quando gran parte dei danni per sbandare la discussione politica americana sono stati già effettuati.
La libera informazione è il principale baluardo di una democrazia, ma è un cane da guardia efficiente quando esercita la sua funzione con razionalità (e puntualità: senza prendersi le lunghe pause che abbiamo citato) altrimenti si aggiunge ai già tanti botoli ringhiosi in circolazione.
Perché a vivere impressionati, si può finire ben ben gabbati. “Ho l’impressione che tutti abbiano una grande stima di Padoan” dice Paolo Gentiloni al Corriere della Sera del 30 novembre. Sì, certamente. Ed è forte l’impressione che gli europei preferiscano Milano ad Amsterdam come sede per l’Ema, nonché che Emanuel Marcon in Libia su questioni come quelle dei profughi e simili, stia lavorando per l’Italia invece che per gli interessi francesi. “E’ un calmante” dice Carlo Calenda di Gentioloni sul Corriere della Sera del 3 dicembre. Comprendiamo quanto di questi tempi sia utile sedarsi un po’, ma per un qualche minutino un premier più o meno sveglio, servirebbe.
Quel descamisado demitiano. “Appoggiare ‘un governo del presidente’ se di fronte al pericolo dell’ingovernabilità il capo dello stato, Sergio Mattarella, dovesse fare un appello al senso della responsabilità delle forze politiche”. Massimo Franco sul Corriere della Sera del 3 dicembre scrive che i grilllini dopo il voto potrebbero appoggiare un governo del presidente. Non mi stupirei troppo. Quando Corrado Augias sulla Repubblica del 25 novembre scrive che: “Il candidato Di Maio coltiva un’immagine molto più vicina a quella di un giovane democristiano che non al descamisado Grillo” mi pare si scordi come Beppe Grillo, descamisado quanto si vuole, sia stato inventato e promosso dal duo Ciriaco De Mita-Pippo Baudo per attaccare Bettino Craxi. E demitiano semel, demitiano semper.
Alle trombette antiberlusconiane dei Serra e dei Merlo, risponde una potente scampanata dell’Espresso. “La sede di Deutsche Bank a Francoforte La Procura di Milano indaga su Deutsche Bank per una maxi-speculazione sui titoli di stato italiani. L’ipotesi di reato è la manipolazione del mercato. Lo scrive L’Espresso, che nel numero in edicola con Repubblica da domenica 10 dicembre ricostruisce le operazioni sotto accusa, per un totale di circa dieci miliardi di euro, realizzate dal colosso bancario tedesco nel 2011, dopo il crac della Grecia, nei mesi neri dello spread, quando la crisi del debito pubblico minacciava altri paesi europei tra cui Italia e Spagna”. Così Paolo Biondani e Luca Piana sul sito on line dell’Espresso dell’8 dicembre sintetizzano l’inchiesta approntata dal settimanale fratellino della Repubblica. Bè se si muove la procura di Milano è un po’ diverso che se si muove quella di Trani. Magnifico dunque lo scoop pro-berlusconiano dei giornalisti dell’Espresso. Solo dei mascalzoni possono, poi, pensare che si tratti di una risposta ispirata dalla Monica Mondardini, Amministratore Delegato del Gruppo Editoriale L’Espresso, al malmostoso Carlo De Benedetti.