Turchia, la Corte ha deciso: il partito di Erdogan è salvo

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Turchia, la Corte ha deciso: il partito di Erdogan è salvo

30 Luglio 2008

Erdogan e il suo partito sono salvi. La corte costituzionale ha respinto l’istanza del procuratore generale per lo scioglimento del partito filo-islamico AKP, al governo della Turchia dal 2002, e per la messa al bando da ruoli politici di settantuno alti dirigenti del partito per cinque anni.

Per i giudici supremi l’AKP non svolge attività lesive della laicità dello stato e dell’unità nazionale: pertanto, non sta procedendo nell’islamizzazione della Turchia. Invece dello scioglimento e del bando, equivalenti ad una condanna capitale per il partito e la carriera politica di Erdogan, la corte suprema ha decretato una consistente sanzione economica. L’AKP vedrà dimezzati i suoi finanziamenti pubblici per una cifra che potrebbe aggirarsi intorno ai sessanta milioni di dollari.

Ci sono voluti due giorni di camera di consiglio per formulare un verdetto che interrompe un anno di tensioni in cui le fondamenta dell’identità turca sono state scosse dal conflitto tra il partito AKP, forte di un ampio consenso popolare, e i difensori della laicità kemalista dello stato, dalle forze armate fino ai supremi giudici. Eppure questa tensione è penetrata anche nella camera di consiglio, dove si è riproposta la spaccatura tra i due fronti.

Il verdetto è il frutto della scelta di un solo giudice che ha deciso il futuro della Turchia. Per accogliere l’istanza accusatoria, sarebbe bastata una maggioranza di sette toghe su un totale di undici. La storia e il caso hanno voluto che l’istanza fosse accolta soltanto da sei giudici. Un voto in meno ha determinato la differenza tra maggioranza e minoranza.

L’AKP sopravvive dunque alla minaccia più pericolosa per una formazione politica. La sentenza assume così i contorni di una legittimazione della matrice islamica del partito da parte di una delle roccaforti delle tradizioni laiche. La sanzione economica e la spaccatura della corte esprimono un’incertezza di fondo che le toghe non sono state in grado di superare, ma la sentenza è la prima eccezione ad una lunga serie di scioglimenti di formazioni filo-islamiche decretati per via giudiziaria.

A differenza dei precedenti casi, l’AKP ha sfoderato la sua potenza istituzionale, in virtù della quale controlla parlamento, governo e presidenza della repubblica. Oltre al potere, la forza dell’AKP è un resistente consenso popolare che sfrutta il benessere economico e le politiche economiche di sostegno alle imprese.

La Turchia, d’altro canto, ha ancora i nervi scoperti per la strage di Istanbul in cui domenica scorsa sono morti diciassette civili in una duplice esplosione. La reazione è stata l’immediata ripresa delle incursioni nel Kurdistan iracheno, che Ankara considera il retroterra che offre riparo e rifornimenti ai terroristi curdi per colpire sul suolo turco. Adesso l’apice del potere giudiziario ha smentito le accuse sull’islamizzazione perseguita dall’AKP. E con l’esercito impegnato in una dura strategia di rappresaglie aeree, la strada di Erdogan sembra essersi sgomberata dai suoi più ostinati avversari.