Tutti pazzi per la Green Economy. Ma senza incentivi sarà il diluvio
01 Ottobre 2010
Sembrano tutti pazzi per la Green Economy (l’economia che ruota intorno alla tutela dell’ambiente): il Presidente Obama, i giornali, i sindacati, la Comunità Europea, i giornalisti, i divulgatori scientifici, tutti, chi non parla di Green Economy è “out”. Nel panorama dell’economia verde, il campione assoluto è la produzione di energia da fonti rinnovabili che salverà il mondo dalla catastrofe ambientale e ci libererà dalla dipendenza degli stati canaglia e dalle multinazionali del petrolio.
Sta scoppiando una nuova rivoluzione verde? Se si guardano gli incrementi degli investimenti nell’installazione dei pannelli solari, o centrali a biomasse si potrebbe sospettarlo, ma il trucco c’è e si vede, si chiama incentivo. Quasi tutti gli stati nazionali finanziano a piene mani tutti gli imprenditori, che si lanciano nel settore, con diverse forme, in Italia, ad esempio, con il conto energia. Questa pioggia di soldi provoca un effetto benefico nel mondo del lavoro, creando occupazione e possibilità per molte persone che, colpite dalla crisi, possono riqualificarsi con un po’ di coraggio e iniziativa. In un recente studio dell’Osservatorio Energia Ires-Cgil, si legge: "Mentre in tutto il paese sono sempre di più le aziende che chiudono o fermano la produzione – sottolinea il rapporto – il settore dell’energia continua la sua crescita. Nell’ultimo anno le imprese energetiche sono cresciute del 16,8% dopo essere aumentate del 12% l’anno precedente". Sembra tutto magnifico. Ma se i soldi finissero? E’ il caso spagnolo. Zapatero dopo i suoi proclami ambientalisti e la sua macchina elettrica ha dovuto chiudere i rubinetti (2009), e la green economy si è improvvisamente fermata.
La realtà è molto semplice: lo Stato, soprattutto nella vecchia Europa, sta forzando il mercato, sta drogando, per l’ennesima volta, l’economia. Nell’attuale quadro finanziario ed economico creare questo tipo di situazioni forzate non crea il volano sognato dall’Onorevole Bersani (quando ci disse che “per rilanciare l’economia occorreva rendere di nuovo obbligatorio la certificazione energetica degli edifici”), ma costituisce l’ennesima bolla che quando esploderà farà male.
L’intervento dello Stato può servire, ma quando diventa strutturale, ovvero quando si sostituisce alla principale produttrice di ricchezza, l’impresa, il collasso dell’intero sistema non è un ipotesi remota. L’Unione Sovietica, l’esempio più completo di uno Stato che si è sostituito completamente alla libera iniziativa, collassò su se stessa più che essere battuta da un avversario esterno. La differenza sostanziale con lo Stato è che libera impresa si trova di fronte a un problema reale, ovvero come produrre un prodotto che abbia un valore per il proprio cliente, e, se non è il monopolista, l’imprenditore sarà costretto a renderlo sempre migliore perché sia ancora appetibile.
La Green Economy, e in particolare la trasformazione di energia rinnovabile in energia elettrica, non è in queste condizioni. Se noi prendiamo l’indice Eroei – “Energy Returned on Energy Invested”, ossia il rapporto tra l’energia che una determinata fonte può fornire e l’energia che bisogna utilizzare per la costruzione, il mantenimento e lo smantellamento di tale fonte – per determinare la bontà del prodotto scopriamo che, ad esempio, il fotovoltaico ha un indice compreso tra 4 e 10, mentre per il nucleare l’indice è compreso tra 10 e 60, ovvero il nucleare è un prodotto mediamente 5 volte superiore al fotovoltaico. Lo Stato sta colmando di tasca sua, anzi nostra, questo divario.
Un altro mito della Green Economy è il miglioramento delle tecnologie, le tecniche di trasformazione delle energie rinnovabili stanno diventando più efficienti. In parte è vero, ma nel mondo industriale dove si fa ricerca perché ha un fine concreto il miglioramento del prodotto, non per soddisfare elucubrazioni mentali. Se lo Stato copre la mia inefficienza, non esiste più la necessità di cercare alle soluzioni, il prodotto è già sufficientemente competitivo.
L’unico effetto che produce l’incentivo statale è la creazione di posti di lavoro a tempo determinato fino alla chiusura dei rubinetti pubblici. La Green Economy è vista come la soluzione della crisi finanziaria ed ecologia che crea posti di lavoro e rende il mondo più pulito: ha lo stesso suono delle sirene che tentarono Ulisse! A vederla un po’ più da vicino sembra il solito intervento pubblico più che una vera rivoluzione verde. Qualcuno sospetta che la social-democrazia abbia trovato una nuova via per imporre la propria visione del mondo, ma visto che non siamo maliziosi diciamo solo che la tutela dell’ambiente passa per un economia sana, un’economia che sia fondata sull’uomo e le sue necessità reali non su alchimie finanziarie o politiche.
La tecnologia verde deve ancora dimostrare la sua validità alla prova dei fatti. Non esiste ancora un esempio di tecnologie di trasformazione che abbia superato la prova del tempo e del libero mercato. La ricerca non ha trovato soluzioni che abbassino i costi e rendano il prodotto competitivo, questa è la realtà, tutto il resto è semplice mito.