Tutto quello che si deve sapere sul terremoto della ricchezza
18 Agosto 2009
Erano trascorsi già anni otto. Il sisma magnitudo sette della scala Richter aveva colpito il 23 novembre dell’Ottanta, provocando in due regioni confinanti, Campania e Basilicata, un’autentica catastrofe: quasi tremila morti, più di 280mila sfollati. Gli aiuti erano stati cospicui, una vera pioggia di denari, eppure i risultati lasciavano molto a desiderare. In particolare, nella zona dell’Irpinia, dove il terremoto era stato particolarmente feroce, la ricostruzione sembrava procedere particolarmente a rilento, otre a risultare dispendiosissima. Avellino e la sua provincia vantavano, peraltro, una situazione molto speciale. Un ceto politico di prima fascia, con alla testa Ciriaco De Mita che dalla seconda metà del decennio si era affermato come il principale esponente del partito di maggioranza relativa.
Il politico che aveva anche diviso in modo netto i media: molto sostenuto da “Repubblica” e del suo direttore, Eugenio Scalfari, non era altrettanto ben visto dal direttore de “Il Giornale”, Indro Montanelli.
Quest’ultimo, in un editoriale, era giunto ad accusarlo di aver modi e pratiche da padrino. De Mita, piccato, aveva replicato duro, querelando l’estensore del pezzo. Sono le premesse di un’inchiesta a tempi definita “Irpiniagate” che, su sollecitazione del direttore, Paolo Liguori, allora giovane cronista politico del quotidiano milanese, conduce sull’utilizzo dei fondi per la ricostruzione. In cinque puntate, riproposte ora in volume con il titolo de “Il terremoto della ricchezza”, è raccontata un’autentica un’anomalia. Uno spreco senza eguali di pubblici denari gestito da un sistema di potere quantomai ermetico e familistico.
Leggendo la serie di articoli si scopre che il dissenso nell’avellinese non è previsto e chi osa rompere quel tacito accordo, si chiami pure come il leader diccì (nella fattispecie si tratta di un nipote) finisce ai margini della vita politica locale, con tanto di autocritica e pubblico processo. Liguori, dato il contesto, non ha vita facile nel reperire le fonti e tuttavia, grazie ad alcuni colpi di fortuna, entra in possesso di una serie di dati che la dicono lunghissima sui termini dello sfacelo e su chi ne ha approfittato. Gli aspetti numerici di quel collasso sono imbarazzanti (oltre 63mila miliardi), così le conseguenze politiche. L’onnipresente De Mita, segretario del partito e premier, esce dalla vicenda fortemente ridimensionato, il Pci che a lungo gli ha tenuto bordone, rompe le righe e passa a un’opposizione frontale. Ulteriore ricaduta dell’inchiesta la nascita di una commissione parlamentare ad hoc presieduta da Oscar Luigi Scalfaro che, se al termine dei suoi lavori assolve De Mita, non può non constatare le “moltissime speculazioni nate intorno alla ricostruzione”. Il volume che è il terzo di una nuova collana, “Inchiostri” dedicata a grandi reportage italiani del più o meno recente passato, è egregiamente curato da Filippo Maria Battaglia.
Paolo Liguori, “Il terremoto della ricchezza”, Mursia, pagine 98, euro 10,00.