Ultimatum a Bruxelles? Sull’immigrazione dall’Europa solo grande cautela e tante pacche sulle spalle all’Italia renziana
30 Giugno 2017
di Carlo Mascio
Dopo le minacce di Minniti e Gentiloni di chiudere i porti italiani in seguito allo sbarco record di 12mila migranti in 48 ore, dall’Europa si è levato un coro di belle parole: “Aiuteremo l’Italia, mi sta proprio a cuore questa necessità” ha dichiarato la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il numero uno della commissione Ue, Jean Claude Juncker, sobrio come sempre, va oltre e parla addirittura di “eroismo di Italia e Grecia…”. “Noi sosteniamo l’Italia, la Francia deve fare la sua parte sull’asilo di persone che vogliono rifugio” sostiene invece il presidente Macron.
Tante belle pacche sulle spalle, insomma. Peccato però che mentre davanti a microfoni e telecamere gli europapaveri e i leader europei si proclamano amiconi dell’Italia, una volta spenti i riflettori, chi si è visto si è visto. E così, alla fine, come avevamo già scritto ieri, il vertice di Berlino, anticipato dai fulmini e dalle saette scagliate da Roma, si è concluso con nessun impegno concreto sulla questione immigrazione. L’ennesimo nulla di fatto. L’unico risultato è stato l’inserimento del tema al tavolo informale dei ministri degli interni Ue a Tallin, in programma la prossima settimana, come annunciato dal commissario per le migrazioni Dimitris Avramopoulos. Un contentino, sia chiaro. Un modo come un altro per dire: calmi, stiamo calmi. Insomma davanti alle reprimenda degli italiani da parte di Bruxelles c’è solo una estrema cautela.
La ragione è semplice: l’ormai traballante asse franco-tedesco, più tedesco che franco, che tiene sempre meno in pugno la Ue, a parole promette solidarietà e aiuti all’Italia ma nei fatti non prende alcuna decisione concreta, perché, anche questo l’abbiamo scritto più volte sull’Occidentale, l’Europa ormai va avanti sempre di più tutelando gli interessi di alcuni paesi a discapito degli altri. Prendiamo la Germania. La Merkel, dopo aver costretto i partner europei, Italia compresa, a pagare miliardi di euro la Turchia di Erdogan per fare il guardiano dei confini orientali dell’Unione, ha ottenuto quello che le serviva, chiudere, anzi, serrare, la cosiddetta “rotta balcanica”.
Chiusa quella rotta, l’altra, quella che dalla Libia porta a Lampedusa, Italia, si è trasformata di nuovo in una autostrada per i clandestini e i disperati che sognano di arrivare in Europa, prima di scoprire che vita faranno una volta arrivati qui da noi – sempre che ci arrivino vivi. La Merkel, poi, deve stare molto attenta anche agli appuntamenti elettorali interni, a settembre in Germania si vota e l’immigrazione – come del resto ha dimostrato nei giorni scorsi proprio l’Italia – è una delle questioni che pesano nell’orientamento degli elettori. Da qui l’’Italia, aufidersen!’ della signora Merkel. Neppure al bell’Emmanuel, il francese Macron, conviene così tanto aprire le porte ai migranti provenienti dall’Italia, come del resto ha fatto il suo predecessore, il socialista Hollande, serrando il confine a Ventimiglia. Parigi deve fare i conti con una situazione interna che ha il sapore della guerra civile, Macron è alle prese con gli attentati, sanguinari, del terrorismo islamico. Anche solo socchiudere la porta all’Italia significherebbe offrire un assist clamoroso proprio a quella Marine Le Pen che, seppur sconfitta, rimane pur sempre un avversario da tenere sotto controllo. Quindi, stesso discorso della Germania: ‘Italia, au revoir!’.
Ripetiamo: dietro la cautela europea c’è il freno franco-tedesco. Se a questo si aggiunge che l’altro blocco interno all’unione, il gruppo di Visegrad, V4, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, l’Europa centro-orientale, negli anni scorsi non ha certo dimostrato di voler condividere con Roma e Atene onori e oneri dei “ricollocamenti” di profughi e rifugiati, diventa evidente che l’impegno europeo per il problema che si trova da anni ad affrontare l’Italia è tutto fumo e per niente arrosto. Del resto le responsabilità della situazione in cui versa il nostro Paese hanno nome e cognome, e la sinistra, per modo di dire, che ha governato da Renzi a Gentiloni l’Italia negli ultimi anni non ha fatto granché per rovesciare lo schema delle forze che abbiamo descritto parlando dei blocchi di potere e di interessi nella Unione. La sfuriata di Minniti e Gentiloni è il punto di arrivo di un processo di esasperazione che è andato avanti troppo tempo.
L’errore, anche questo ormai lo stiamo ripetendo allo sfinimento, è l’uso che si è fatto in Italia della parola accoglienza. Da sola, l’accoglienza, non è una politica migratoria. Gli italiani sono un popolo generoso e solidale che si è fatto in quattro per salvare gente che rischia di morire affogata nel Mediterraneo, gli schiavi degli scafisti e, se ricordiamo lo scandalo del mese scorso sulle Ong, merce di scambio che arricchisce se non altro la “dark side” del sistema della cooperazione internazionale.
In precedenza, quando al Viminale c’era Alfano, si annunciava ai quattro venti: “Cambieremo l’accordo di Dublino” su profughi e rifugiati. Ma, alla fine, ciò che è cambiata è solo la poltrona di Alfano che da ministro dell’Interno, con Gentiloni, è passato agli Esteri. “Verranno fatti i ricollocamenti” diceva Renzi quando era premier, chiedendo aiuto ai partner europei, ma anche i ricollocamenti dei migranti da Italia e Grecia negli altri Paesi europei si sono dimostrati una farsa. In tutti questi casi la responsabilità è italiana: per finanziare la sua politica economica, la Renzinomics, la politica del debito, degli 80 euro e dei costosi proclami elettorali come quelli fatti a ridosso del, perduto, referendum costituzionale, Renzi ha sempre chiesto “flessibilità”, più flessibilità, a Bruxelles, evidentemente in cambio di una cosa: gli occhi chiusi degli altri Paesi europei sulla questione migratoria, che sono rimasti tali, serrati. Come dire, noi accogliamo, voi in cambio chiudete un occhio sui nostri conti pubblici.
Per non dire della insistenza del Pd sullo “ius soli”, sulla cittadinanza “automatica” agli immigrati, che per adesso, dopo la scoppola alle elezioni comunali, probabilmente verrà messo in stand by visto che dietro la scarsa affluenza al voto dell’elettorato Pd c’è anche la rabbia di tanti italiani verso il modo con cui il governo gestisce la questione migratoria. La sconfitta del Pd alle comunali, con annesso il crollo di roccaforti rosse come Genova, La Spezia, Pistoia e Sesto San Giovanni, mostra tutta la delusione del popolo italiano verso una situazione che si continua a gestire in modo emergenziale ma non viene affrontata con un programma politico serio e capace di raggiungere dei risultati concreti.
Così, governo e renziani adesso scoprono l’acqua calda, che si possono chiudere i porti italiani per frenare gli sbarchi. Ma se andrà a finire com’è già andata a finire in passato, proclami che non hanno prodotto alcun cambio di linea in Europa, se non, come abbiamo visto, tante belle pacche sulle spalle, allora avremo la prova provata che i pugni sbattuti sul tavolo da Gentiloni sono solo un’altra strumentale trovata di Renzi per recuperare consenso, consenso che però ormai sembra irrecuperabile.