Ultimi scampoli di campagna elettorale

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Ultimi scampoli di campagna elettorale

Ultimi scampoli di campagna elettorale

13 Aprile 2008

Ultimi scampoli. Sabato giornata di
“chiusure”. A me toccano Montevarchi e Arezzo. Si teme per il tempo,
claudicante come se anche lui, giunto alla fine di un periodo
massacrante, non ne potesse più. Molta agitazione tra gli organizzatori
delle ultime manifestazioni, ma li riesco a tranquillizzare con una
considerazione: quella del tempo atmosferico è l’unica par condicio che
funziona. Se pioverà per noi, pioverà anche per loro!

Ultimi
scampoli. Beppe mi comunica che un piccolo gruppo di amici da lui
contattati – poco più della tradizionale sporca mezza dozzina – ha
versato un contributo per la mia campagna elettorale. Il pensiero mi
commuove. In questi giorni non sono riuscito a sentire nessuno, anche
perché convinto che quel che facessi interessasse soprattutto me. D’un
tratto avverto sostegno, solidarietà umana e anche, più forte, la
responsabilità. Gianni, evidentemente, sapeva tutto. Quando c’era da
affrontare una spesa imprevista, io gli chiedevo: ma quanto ci costa? E
lui mi rispondeva “tu non ti preoccupare”. Io abbozzavo, anche per non
fare la parte del tirchio. Però un po’ mi preoccupavo.

Ultimi
scampoli. Ad Arezzo si fa visita alle categorie produttive, industriali
e agricoltori. E’ un modo per ringraziarli dell’interlocuzione ricevuta
e, soprattutto, d’assumere ufficialmente l’impegno a non sparire. Ci
rechiamo in una fattoria-modello alle porte della città. E’ una storia
esemplare. Negli anni sessanta i vecchi mezzadri divengono salariati e
da allora, innovazione dopo innovazione, l’azienda, commercializzando
direttamente i suoi prodotti, riesce a restare sul mercato. E ad
aumentare, gradatamente, il numero dei suoi dipendenti fino a portarlo
ad 80. L’avversione sociale delle istituzioni non per questo viene meno
ma, d’altra parte, la contraddizione resiste e si accresce. Se un
giorno la Toscana cambierà volto, sarà anche per questi pionieri.

Ultimi
scampoli. Il clima agreste ci porta a parlare d’arance. Maurizio
D’Ettore che tra gli altri mi accompagna e che ormai ha con questo
diario un rapporto interattivo (ad ogni cosa che ci accade, mi domanda
preoccupato “ma non è che domani lo scrivi?”), mi promette di
mandarmene un camioncino di quelle calabre (mi convinco
definitivamente: è più calabro che toscano!). Penso: “ecco, dopo il
carcere di Pisa, ora sono arrivate anche le arance”.

Ultimi
scampoli. A Montevarchi chiusura con Bianconi, accanto a una vecchia
Ape sulla quale sono montate le trombe. In piazza, sotto le finestre
del sindaco, circa 100 persone. Chiusura tenera. Ad Arezzo ancora con
Bianconi. In piazza, dopo un buon aperitivo, ancora poco più di 100
persone. Dopo che ne abbiamo dette tante per un mese sono venuti solo
quelli impegnati nella campagna che non avranno da domani il problema
di garantire la presenza nei seggi. E’ giusto che sia così. Chiusura
doverosa.

Ultimi scampoli. Si va a Firenze per
riunirsi con gli altri, che confluiscono dalle altre “chiusure” sparse
nella regione. Giove pluvio qui è meno clemente. Piove e la temperatura
è più fredda. Piazza della Repubblica, con pizza, mozzarella di bufala
e tendoni, sembra addobbata a Festa dell’Unità: sarà l’animo comunista
del Verdini che, infine, si manifesta. Arrivo quando i discorsi si
stanno esaurendo, giusto in tempo per ascoltare Elio Vito gridare “viva
il Popolo della Libertà”. Poi si accende il maxi-schermo in attesa di
Berlusconi a Matrix e gli ombrelli s’infittiscono. Ogni gol del capo è
una piccola ovazione. Più che la fine della campagna elettorale, sembra
capodanno. Si attende il conto alla rovescia che sancisca la fine e un
nuovo inizio.

Ultimi scampoli. In piazza, mentre mi
muovo tra la gente un po’ ciondolante (è la mia andatura tipica ma alla
fine della campagna il ciondolamento è decisamente più pronunziato),
incontro mia moglie con i miei cugini. E’ una gradita sorpresa. Non
sapevo venissero. Un altro stadio del ritorno a casa. Stamattina alla
rituale richiesta di come stessero le bambine, mi aveva risposto:
“iniziano ad avere nostalgia del papà”. Ed io avevo commentato:
“Finalmente!”. Quando le rivedrò, però, saprò cosa dire loro. Anna
Elisa qualche giorno fa al telefono, dopo che le avevo raccontato le
mie giornate, mi aveva chiesto: “Papà, ma tutto questo serve a
qualcosa?”. Ero rimasto meravigliato della sagacia e perplesso. Nei
giorni seguenti ci ho pensato non poco. Ora che tutto è finito, anche
prima di conoscere i risultati, potrò risponderle: “Si, a qualcosa è
servito”.

Diario di un candidato