Un Babbo Natale carico di giocattoli e speranza per i bimbi dell’Ucraina
21 Dicembre 2022
Bakhmut, Ucraina – Arriva in un freddo pomeriggio di metà dicembre sotto un cielo carico di nuvole basse e minacciose. Percorre una strada a dir poco dissestata. Verso un villaggio il cui nome non dice nulla ai più. A bordo di un vecchio veicolo fuoristrada che di chilometri ne ha percorsi tanti ma che fa ancora il suo dovere. Davanti ci sono due giovani uomini. Alla guida un massiccio militare con elmetto e con un fucile Ak47 a portata di mano. A fianco un altro militare con la stessa stazza.
Giovane di età, sempre in divisa, ma con la lunga barba bianca. Un viso che esprime un bel sorriso e dietro alla sua spalle un carico di tanti giocattoli e libri. Il passeggero ha indosso altri vestiti, oltre la divisa da militare. Un vestito di colore blu. Vorrebbe rappresentare, non è difficile capirlo, con la barba lunga, bianca, un Babbo Natale che porta a dei bambini regali per tutti, come avviene in tante parti del mondo. Doni e giocattoli.
Ma qui siamo in Ucraina nella regione di Bakhmut. Una delle zone più colpite dall’invasione russa. Fino ad ora gli invasori sono stati respinti ma i combattimenti proseguono violenti. Possono riaccendersi da un momento all’altro. Perdite, da entrambi gli schieramenti. Feriti. Civili colpiti che non vogliono lasciare le proprie abitazioni dove sono nati e vissuti. Dove il popolo ucraino ha le proprie radici.
I due giovani soldati fanno parte della 10a Brigata dell’esercito di Kiev e a sentirli non ricordano neanche più da quanto tempo hanno indosso la divisa. Un popolo diventato esercito come ha detto qualcuno. Attraversano paesi distrutti dagli invasori che anche qui hanno scatenato la propria violenza contro le infrastrutture come in tutte le città del paese. In quasi tutte le zone manca l’elettricità, il riscaldamento. L’acqua.
Sembra incredibile che questo possa avvenire nel cuore dell’Europa. Ma qui la popolazione ha imparato che se vuole vivere deve resistere ad ogni costo. La libertà ha un prezzo, inutile dirlo. Qui si sa e si continua combattere, a stringere i denti. Il vecchio fuoristrada è scortato da altri militari ucraini. Sorridono davanti alle telecamere. Scherzano, fanno battute sul loro compagno vestito da Babbo Natale.
Il suo abito blu si richiama ad una vecchia tradizione che si perde nella notte dei tempi, legata ad una figura slava nota come “Ded Moroz”. Nonno gelo. Il militare alla guida dice che i russi vogliono farci morire di freddo ma non sanno che nella nostra antica cultura nonno gelo è dalla nostra parte. Un nostro alleato. E’, aggiunge, un Babbo Natale che porta un gelo fatto di regali e sorrisi. Un vecchio nonno che consiglia e aiuta i bambini e le bambine.
Ai lati della vecchia jeep ci sono del muschio e alcuni orsacchiotti di peluche che dal bagagliaio per colpa delle tante buche sono finiti nel posto di guida accanto ai militari. Il veicolo si ferma circondato immediatamente da altri veicoli militari. I soldati scendono, prendono posizione, non si sa mai. Anche Babbo Natale e la sua barba bianca si avvia a piedi, con orsacchiotti e regali in mano verso una casa o perlomeno quello che è rimasto di quella abitazione.
C’è fango gelato dappertutto. Davanti al massiccio militare ci sono adesso un giovane donna e sua figlia con i capelli corti. Avrà forse nove anni. Gli occhi limpidi guardano la madre prima di rivolgersi allo strano Babbo Natale che gli porge un peluche. “Mamma, posso prenderlo?”. Un sì della donna. Sorrisi. Prima di un abbraccio della bambina con l’omone sconosciuto ma che sembra un grande fratello maggiore.
Sono tutti con abiti pesanti. Il freddo intenso fa la sua parte in Ucraina. Mentre l’altra Europa parla del gas russo, di pagamenti e transazioni, qui si muore letteralmente di freddo. La madre invita i militari a scendere in una specie di scantinato dove si sono rifugiati lei e altre famiglie. Babbo Natale dice ai militari di portare altri doni e giocattoli. Più un basso ci sono altri piccoli. Sorrisi e stupore da parte di bambini e bambini.
I giocattoli in questione non sono davvero il massimo, non ci sono pacchi e carta regalo. Niente a che vedere con i nostri regali ma questi qui, in questo sperduto villaggio orientale dell’Ucraina, fanno il loro dovere. Qualche bevanda calda per quello che si può, poi il giro di Babbo Natale per portare doni e giocattoli continua attraverso questa landa desolata di guerra.
Pure il paesaggio sembra meno sconfitto, almeno in quei pochi momenti, mentre le mani si protendono con i doni, i sorrisi e gli abbracci. Anche se si sta al chiuso nelle cantine tutti sono carichi di vestiti. Un bambino di pochi anni guarda incredulo quello che Babbo Natale gli porge prima di un grande sospiro che scalda il cuore. Sono questi i piccoli fratelli e sorelle di quanti hanno perso la vita in questa folle e insensata guerra.
Le cronache narrano di centinaia e centinaia di piccoli che non vedranno il loro futuro. Altri orrori, bambini deportati in Russia. Perché, per quale ragione? La mente umana rifiuta tutto ciò. Forse non è vero, non è possibile. Sono notizie false create dalla propaganda di guerra. Forse. Ma la certezza non c’è. Adesso c’è anche la musica natalizia. Suoni di Natale che ricordano anni di feste, pace e serenità lontani un secolo. Poi la musica si placa. Si inizia a pregare. San Nicola.
Tutti insieme come per darsi calore e coraggio. Grandi e piccoli e i militari non sono da meno. Pronunciano parole che conoscono da tanto tempo, da quando erano civili. L’identità e la cultura di un popolo che vuole essere libero nella vecchia cara Europa. Prima invasi dai comunisti di Stalin, la grande fame degli anni Trenta, per le folli scelte economiche dello zar di una capitale russa, Mosca.
Poi l’invasione della Ucraina da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Milioni di morti. Il numero esatto non si saprà mai. Infine il ritorno dei sovietici. Altra guerra, altre violenze. Pochi lo ricordano ma il popolo ucraino mentre l’Occidente faceva finta di niente combatte’ contro i comunisti di Mosca per altri 8 lunghi anni prima di arrendersi. Il passato è lì come un enorme macigno impossibile da spostare. Ora c’è il presente, rappresentato da un popolo che non vuole arrendersi.
Un costo per la propria libertà e, non è difficile dirlo, per la libertà di noi tutti. La storia insegna. I dittatori vanno fermati. Il popolo della Ucraina lo sta facendo. Bisogna solo decidere cosa fare, come intervenire. Come muoversi. Altre persone che portano regali, doni, uomini e donne della Chiesa ortodossa di Kiev. Anche loro con la barba lunga sono vestiti di nero con strani, per noi, copricapo. Ma i sorrisi sono gli stessi dei militari vestiti da Babbo Natale.
I bambini hanno anche loro gli stessi occhi carichi di stupore. E così accanto al passato, al presente, c’è anche il futuro. Perché quei bambini e quelle bambine rappresentano una nuova realtà, gli anni che verranno. Saranno loro a dover ricostruire un Paese devastato dall’odierna guerra. La storia è dalla loro parte. Il futuro di libertà e progresso del mondo libero gli appartiene. Oggi sembrano indifesi come un loro piccolo neonato in una grotta di Betlemme.
Ma quel neonato indifeso ha finito per cambiato il mondo. Forse tra qualche anno toccherà a quella bambina di quello sperduto villaggio della Ucraina che chiedeva alla mamma il permesso di poter prendere un peluche di orsacchiotto che gli porgeva un grande, strano Babbo Natale, nonno gelo, con il fucile in spalla. Ricorderà quel dono ricevuto alcuni giorni prima di Natale. E allora quella bambina di nome Nataklna, Sofiya, Svitlana, Zoya si sentirà orgogliosa di ciò che hanno fatto i suoi fratelli maggiori.