Un libro racconta la Repubblica di Venezia e i suoi tesori numismatici

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Un libro racconta la Repubblica di Venezia e i suoi tesori numismatici

Un libro racconta la Repubblica di Venezia e i suoi tesori numismatici

28 Febbraio 2010

Lo straordinario contributo offerto dalle banche italiane, dal secondo dopoguerra in avanti, alla pubblicistica di argomento artistico è questione da tempo all’attenzione dell’opinione pubblica. A riguardo, già negli ultimi anni del secolo scorso, si sono prodotti studi, tenute manifestazioni, realizzati eventi espositivi, promossi, per lo più, dall’ABI, con il supporto di propri valenti funzionari, espressamente incaricati di seguire e valorizzare, a livello di associazione nazionale, il “filone culturale” coltivato, con pochissime eccezioni, dall’intero settore creditizio.

Negli ultimi tempi le diffuse politiche di contenimento dei costi, poste in essere da tutte aziende, da un lato, e, soprattutto, i numerosi accorpamenti intervenuti tra istituti, dall’altro, hanno prodotto un sensibile ridimensionamento quantitativo del fenomeno. Va detto poi che il rarefarsi dei grandi temi ha altresì determinato l’approdo di talune storiche collane ad un’eccessiva micro-specializzazione, che ne ha inevitabilmente determinato una caduta, se non, forse, di valore qualitativo intrinseco della singola pubblicazione, certamente di interesse generale. Di anno in anno risultano quindi sempre più deluse le aspettative di bibliofili e collezionisti che, ancora nel recente passato, attendevano con ansia e ghiotta ingordigia l’arrivo della stagione degli omaggi bancari legati alle festività natalizie, scatenandosi poi, per molti mesi del nuovo anno, nella ricerca delle pubblicazioni di rispettivo interesse.

Nel richiamato contesto, di qualche criticità, merita quindi un plauso davvero particolare la Banca Popolare di Vicenza che, in occasione del Natale dello scorso anno, ha curato l’edizione di un volume di “qualità perfetta”, dedicato alle oselle veneziane. La pubblicazione è intervenuta per opportunamente celebrare l’eccezionale acquisizione al patrimonio culturale, storico e numismatico italiano, compiuto dalla Banca stessa, proprio relativamente alle oselle. Non pochi lettori ignoreranno di che cosa si stia parlando, per cui corre l’obbligo di qualche precisazione di carattere preliminare.

Dai tempi più remoti del consolidarsi della Serenissima Repubblica era invalsa la consuetudine che il Doge, ogni anno, il giorno di  Santa Barbara, rendesse omaggio ai patrizi,  facenti parte del Maggior Consiglio,  donando loro due esemplari di prelibati uccelli palustri, anatre dalle zampette rosse, detti volgarmente “oselle selvadeghe”. Le anatre selvatiche erano una vivanda assai apprezzata e pregiata, oggetto di caccia, realizzata nelle paludi di Marano dalle barche, con arco e frecce, come testimonia l’ampia iconografia esistente. Le crescenti difficoltà di approvvigionamento di volatili e le ragioni di malcontento talora sorte tra i destinatari del dono, posto che non tutte le anatre potevano, ovviamente,  essere rigorosamente eguali, indussero, nello spirare del giugno del 1521, il Maggior Consiglio a deliberare di sostituire il donativo di animali con quello di due monete d’argento, che dagli animali stessi presero il nome di oselle.

Queste ultime, quindi, furono battute, in un limitatissimo numero di esemplari, dalla Zecca veneziana, ininterrottamente, dal 1521 al 1796, l’anno prima di Campoformio, in duecentosettantacique diverse versioni, una per anno, sempre in argento di eguale titolo. Qualche volta esse furono replicate in oro, per particolari occasioni celebrative, in aggiunta, però,  mai in sostituzione di quelle in argento. Due monete, eccezionalmente, celebrarono anche altrettante dogaresse.

Il corpus integrale delle oselle coniate è, con ogni probabilità, la maggior rarità numismatica del mondo. Risulta, quindi, evento di indubbia straordinarietà e, certo, di rilevanza  nazionale la circostanza che la Banca Popolare di Vicenza, nella primavera del 2009, dopo oltre due lustri di appassionata ricerca e continue pazienti acquisizioni realizzate in tutti i continenti, sia riuscita ad acquistare, sul mercato internazionale, il pezzo ancora mancante: una delle due oselle del 1523  esistenti – o, per lo meno, note: l’altra, sino ad allora ritenuta esemplare unico, è custodita a Vienna.

L’Istituto portò così a termine quella che dagli addetti ai lavori era reputata una vera e propria Mission: Impossible: la realizzazione della raccolta completa di tutte le monete, repliche in oro comprese.
I duecentosettantacique esemplari di oselle sono riprodotti – al recto e al verso, in ordine cronologico e con una nota descrittiva per ciascuna moneta – in un’apposita Appendice numismatica del volume, curata, con impeccabile rigore tecnico, da Luigino Rancan. L’Appendice, di per sé, appaga appieno i numismatici, ma, da sola,  risulterebbe piuttosto ostica per un pubblico più vasto.

Con scelta opportuna e assai felice, la Banca affidò l’incarico di accompagnare le vicende alla coniazione delle oselle e, quindi, l’avvicendarsi dei dogi, alla coltissima penna di Avise Zorzi. Ne è così scaturita un’opera di piacevolissima lettura, nella quale la limpida e sempre scintillante scrittura dell’Autore ci conduce, con la consueta maestria,  attraverso secoli di storia e di costume veneziani, ricchi di grandi eventi, ma, anche, di fattarelli curiosi, di gloria, ma anche di vanagloria, sino a che il ciclone napoleonico sancisce la fine di uno Stato glorioso ma ormai esausto. L’ultimo, infelice doge, Ludovico Manin, è deposto, dando realizzazione all’amara profezia di Pierazzo Gradenigo da Rio Marin (“I ga fato Dose un furlan, la Repubblica xe morta”) e, battute malevole a parte, determinando che dopo mille e cento anni un esercito straniero dolorosamente violasse il territorio di Venezia.

Il dono dei dogi è un’opera rigorosa di storia e di costume ma, ad un tempo,  un vero e proprio romanzo dalla lettura a dir poco avvincente. Si tratta, almeno per il momento, di un’edizione fuori commercio. Non resta, quindi, che suggerire ai lettori interessati di mettersi alla caccia di un esemplare del volume, spulciando con attenzione nel sempre affascinante mondo delle bancarelle –  alimentato da mille rivoli inaspettati –  e delle botteghe di libri d’occasione  (proprio a Venezia ve ne sono ancora delle straordinarie, nonostante l’aspetto, talora, di antri). Alcune botteghe sono visitabili anche via internet, sia pure perdendo la maggior parte del piacere che assicura  la ricerca “reale”. In fondo sarà certo più facile e decisamente meno costoso reperire il libro, piuttosto che un’osella ……

"Il dono dei dogi – La raccolta di oselle dogali" della Banca Popolare di Vicenza
Biblos Edizioni, Cittadella (Pd), 2009, fuori commercio.