Un nuovo oscurantismo si abbatte sull’Italia
20 Luglio 2010
C’è da augurarsi che coloro che sui giornali descrivono come P3 il gruppo di persone appartenenti all’associazione Diritti e Libertà di cui sono esponenti Flavio Carboni ed alcune altre persone di vario calibro, con e senza laurea, si rendano conto del fatto che questa denominazione non solo è impropria e fuorviante, ma è anche espressione di una cultura liberticida.
Infatti già l’episodio della persecuzione della P2 è stato vergognoso, dal punto di vista di una società basata sul credo della libertà.
E se coloro che sono stati protagonisti della campagna anti P2 e quelli che continuano a dare a questa sigla un significato infamante non se ne vergognano è perché sono, alla radice, illiberali. Infatti la P2 era una loggia massonica coperta.
Appartenere alla massoneria non è un reato e non è indice di spregevolezza morale. Si tratta di un organizzazione che, nei propri annali, annovera fra i suoi membri grandi personaggi, che hanno fatto la storia del mondo occidentale e la storia di Italia. Ed essere membri di una loggia coperta della massoneria per il diritto delle genti di una società libera non può essere un crimine, salvo qualora si faccia una legge per stabilirlo.
Una legge persecutoria che non può non ripugnare a chiunque rispetti i principi di libertà di pensiero, di riunione e di associazione che fanno parte dei diritti dell’uomo e del cittadino e sono generalmente affermati dalla costituzione dei popoli liberi. Questi principi sono accolti anche dalla costituzione italiana, che gli inventori della legge contro la Loggia P2 hanno disonorato. Non si è mai capito quali crimini abbiano commesso gli aderenti a questa loggia coperta.
In ogni caso, la cosidetta P3 non è una loggia di una società segreta e tanto meno è una loggia coperta come la P2. Si tratta di una associazione palese, i cui membri sono palesi. Una associazione la quale ha organizzato congressi e convegni con personaggi noti come Niki Vendola governatore della Puglia e Roberto Formigoni governatore della Lombardia in località note, in sale di convegni aperte al pubblico e alla stampa. A qual fine si usa, dunque, questa sigla, che ha ormai assunto connotati infamanti? Per criminalizzare l’associazione in quanto tale e per coprire di vergogna chi ha partecipato ai convegni che essa ha indetto?
Con questo modo fuorviante di usare le parole, dando un senso di illegalità e di criminosità potenziale ad una associazione di dubbio valore culturale, cui per altro hanno partecipato personaggi importanti della politica, della cultura e della magistratura, si attua una escalation di P infamanti e dal 2 al 3 , è facile arrivare alla P38, se non in senso materiale, in senso morale.
Un nuovo oscurantismo si abbatte sull’Italia, dal tintinnio delle manette si è passati al rumore più cupo delle ferraglie delle carceri medievali. Confondere una associazione di pubbliche relazioni para culturali come Diritti e Libertà di Flavio Carboni con una associazione a delinquere come si intende fare, quando se ne descrivono i partecipanti ai convegni come persone potenzialmente sospette è una mossa molto pericolosa, non solo per la stampa, anche per la magistratura, che, come era da prevedere, dopo avere processato gli altri, ha iniziato a processare sé stessa.
E’ è la storia di saturno che divora i suoi figli, è la storia della rivoluzione francese, dai girondini, dei giacobini ed è la storia dei comunisti sovietici da Stalin in poi. Nessuno è più immune dal sospetto.
Gli epuratori, che sono saliti al vertice dell’ordine giudiziario per essersi distinti in queste operazioni, ora vengono epurati. Ciascuno può epurare gli altri. Certo, Flavio Carboni non è un personaggio raccomandabile. Ma non lo era neppure quando faceva l’editore di giornali di sinistra collegati al gruppo Espresso-Repubblica. E d’altra parte il costume di partecipare a convegni con uomini politici da parte di magistrati importanti non è stato inaugurato dal dottor Marra, risale al rito della magistratura ambrosiana, romana, campana e siciliana che da tempo ama la pubblicità, la mescolanza con i giornali e la politica. Non è chiaro perché le cene con dei lobbisti siano, di per se sole un indizio di reato. In tal caso ogni giorno si materializzerebbero moltissimi indizi di reato.
I gruppi di interesse politici, economici, sindacali, culturali, editoriali, ambientali, religiosi, patriottici, militari, sportivi, e via elencando, costituiti in associazioni riconosciute e non riconosciute, in fondazioni, in cooperative, in onlus e anche solo riuniti in club e circoli mondani o di scacchi o di vela o di tennis o dei canottieri, organizzano riunioni, cene, colazioni, cocktail, presentazioni di libri e di mostre d’arte, invitando persone importanti o influenti che permettono loro di premere per il conseguimento dei loro scopi.
La stessa magistratura è organizzata in correnti che operano tramite associazioni e designano loro rappresentanti nel Consiglio superiore della magistratura che perseguono gli scopi generali dell’associazione e tutelano gli interessi dei loro iscritti oltreché della categoria nel complesso.
Essendo Carbone e i suoi amici, personaggi magari di serie B ma navigati, tutto si può dire di loro tranne che, nel loro tentativo di trovarsi nuovi ruoli e spazi, fossero così male informati da non rendersi conto che le raccomandazioni presso il Consiglio superiore della magistratura erano impossibili e che cercando di farle perdevano tempo e fatica. Se le hanno fatte, vuol dire che sapevano che si trattava di una prassi, che poteva anche funzionare. Se hanno adottato il sistema di invitare alti magistrati in hotel di lusso di luoghi turistici, con spese pagate, e ciò ha funzionato pur non essendo la loro associazione una illustre accademia, ciò vuol dire che si tratta dì una usanza normale, di una prassi diffusa. E del resto solo ora si adottano misure disciplinari per magistrati che hanno partecipato a questi eventi, non prima.
Anche nella magistratura come nelle imprese, come nella politica, come nelle carriere universitarie, come nella chiesa cattolica, nelle diocesi e nella curia romana e negli ordini religiosi, nei premi letterari e nel mondo delle arti, assieme al merito contano le amicizie e le cordate. E vediamo quindi quanto ingenua o meglio strumentale sia la tesi che solo la magistratura, proprio quella di adesso, organizzata in associazioni sindacali che si mescola alla politica e agli eventi editoriali e culturali con tanta facilità, sarebbe super partes. E super partes sarebbe il Consiglio superiore della magistratura.
Facendo il punto sulla situazione della P3, dunque, non si può non concludere che fino ad ora ciò che è emerso non è il fatto che i membri della Associazione diritti e libertà, abbiano commesso dei reati. Ciò che è emerso è che allo scopo di ottenere dei vantaggi economici, che potevano essere del tutto leciti, come quelli riguardanti le concessioni di installazione di impianti di energia eolica, nei siti consentiti dai piani regionali, si sono mossi oltreché nel mondo della politica, anche nel mondo della magistratura, sfruttando conoscenze personali e occasioni mondane. E questo mondo non sembra insensibile a tali allettamenti. Non si può generalizzare, naturalmente.
Si tratta, di certo, di casi isolati. Ma diventeranno molto numerosi se si adotterà, anche per i magistrati, come fu per i politici della cosidetta “prima repubblica”, la tesi per cui un sospetto anche vago, come una foto comparsa su un giornale vicino a una persona a sua volta sospettabile o una intercettazione telefonica che, tolta dal contesto, appare ambigua, sono indizio di colpa eventuale. E comportano di “fare un passo indietro” dichiarando di credere nella imparzialità dei giudici.
Dalla P3, così, si può arrivare alla P38 morale contro una parte dell’ordine giudiziario. Ciò in attesa che venga il governo dei tecnici. Perché il vero teorema che si sta cercando di porre al centro della politica italiana dagli anni ’90 in poi – e sopratutto dall’inizio di questa legislatura, che ha visto la vittoria campale di Berlusconi – è che il governo eletto dal popolo non va bene. E che in Italia, per il risanamento morale, occorre il governo tecnocratico. Come se i signori della finanza avessero titolo per dare lezioni di morale.