Un po’ mago e un po’ somaro ecco il segreto della creatività

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Un po’ mago e un po’ somaro ecco il segreto della creatività

09 Agosto 2009

L’affermazione secondo cui sussistano almeno due approcci di lettura del nuovo librino di Stefano Bartezzaghi, appena edito presso Laterza, penso sia in grado di suscitare veri e propri sghignazzi nell’Autore, paladino della molteplicità di interpretazioni anche delle cosiddette frasi senza senso.
Sfido, comunque, il ludibrio, ponendomi dalla parte dei lettori disarmati, privi, come me, di specifiche cognizioni tecnico-linguistiche e affatto impreparati alle astratte raffinatezze dell’enigmistica e zone limitrofe. Ebbene, se il lavoro di Bartezzaghi è suscettibile di richiamare la più viva attenzione degli addetti ai lavori di quel campo, reputo possa comunque risultare una lettura di grande piacevolezza anche per quanti (i più) non lo siano affatto.

Procediamo però con ordine.

Va detto, innanzitutto, che l’agile volumetto, come puntualmente illustrato nella prefazione, è lo sviluppo di una conferenza, incentrata sul tema della “creatività” delle parole, tenuta dal noto “ludolinguista” nell’agosto dello scorso anno a Sarzana, in occasione del Festival della Mente. Non ho ascoltato la conferenza, ma la sua rielaborazione in un testo scritto ne ha certamente consentito uno sviluppo che va ben al di là della discorsività di una sia pur specialistica chiacchierata, per avvicinarsi alla seriosità di un saggio. Alla qualifica di vero e proprio saggio sfugge, tuttavia, per essere, comunque, un lavoro ancora  abbastanza asistematico.

L’indicata, relativa, asistematicità è però un pregio e non già un difetto del libro, giacchè funge da stimolo, per il lettore “ordinario”, ad un approccio del tutto libero, volto alla ricerca di battute e passi divertenti e/o interessanti, a prescindere – come avrebbe detto Totò – dal filo del discorso srettamente tecnico. In quest’ottica il lavoro è davvero  godevolissimo, posto che consente di reincontrare  giochi di parole dell’indimenticabile Marcello Marchesi o la straordinaria poesiola di Toti Scialoja – Il sogno segreto / dei corvi di Orvieto / è mettere a morte / i corvi di Orte – la quale, al di là dell’intrinseca deliziosità linguistica, potrebbe offrire lo spunto per serissimi studi storici o politologici sulle caratteristiche dell’italianità. Come non sorridere (ed essere tentati di inventare – “creare”? – varianti, magari come gioco da spiaggia) per la citazione del famoso “ Ei non venne da Lodi per lodarvi o da Piacenza per piacervi, ma venne da Predappio per predarvi” (strofetta ingenua, dal sapore antico, che, ricordo, in questa lezione, tanto divertiva mio padre, il quale, invece, austeramente censurava qualche altra similare creazione, non di carattere politico, un po’ troppo goliardica) o dell’ancor più celebre contrario di “abbondantemente”, con la chiamata in campo dei fondatori dell’italico poetare? E ancora: come non interessarsi alla lettura proposta di Anassagora, cui si attribuisce il pensare l’atto cosmologico della creazione in termini di un Intelletto Anagrammatore, o alle vicende del malcapitato Italo Calvino, probabilmente inconscio dedicatore delle sue Fiabe italiane al quasi anagramma della donna clandestinamente amata, ovvero alle acute osservazioni, in tema di arti figurative, scritte da Bartezzaghi a proposito di M. C. Escher, in occasione della, peraltro,  noiosissima trattazione dell’ambigrammatica? Notata la circostanza che la parola attore reca le stesse lettere della parola teatro, si può proseguire, con profitto, la lettura dégagé del libro, sorbendo magari un buon caffè, dopo avervi mescolato lo zucchero col cucchiaino (mezzo minuto di raccoglimento…).

STEFANO BARTEZZAGHI,  L’elmo di Don Chisciotte – Contro la mitologia della creatività, Bari, 2009 – Euro10,00