Una cena all’Acquolina per ricordare gli antenati (e Don Bosco)

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Una cena all’Acquolina per ricordare gli antenati (e Don Bosco)

04 Luglio 2010

Il nonno di mia madre, Emilio, era figlio di un’austera e abbastanza agiata famiglia  ligure-piemontese. Per ciascuno dei figli – una nidiata, com’era consueto a metà dell’ottocento – il padre aveva stabilito l’avvenire, con ferrea determinazione, curando innanzitutto l’obiettivo di salvaguardare la conservazione in capo al primogenito della maggior quantità possibile di patrimonio familiare. Nel disegno paterno a Emilio, figlio cadetto, era toccata in sorte la carriera ecclesiastica e appena adolescente fu collocato in seminario, dove riuscì a studiare con qualche profitto, a innamorarsi per sempre della lingua di Cicerone, ma non a maturare alcuna vocazione al sacerdozio.  Fu così che, giunto il momento di prendere i voti, dopo infinito travaglio, vincendo l’estrema mitezza del carattere, trovò il coraggio di esprimere  “il gran rifiuto”,  abbandonando all’ultimo istante la prospettiva di vestire  l’abito talare. 

Il padre non gli perdonò mai  la ribellione – considerata  alla stregua di un vero e proprio tradimento – ed anche in punto di morte si rifiutò di incontrarlo, rammaricandosi, anzi, di dovergli comunque riconoscere, in sede di successione, la “quota legittima”. Anche i numerosi fratelli e una sorella suora – benché tale, ella pure, d’imperio –  in conseguenza della scelta compiuta cessarono tutti i rapporti con lui. Il bisnonno Emilio, segnato dalle vessazioni subite da ragazzo in seminario,  per ovvia reazione, per tutta la vita fu fiero e convinto anticlericale.  A dispetto di ciò, una sola cosa non tollerava avvenisse in sua presenza e, sebbene persona rispettosa ed educatissima, era disposto, sul punto, anche ad ingaggiare il più duro dei litigi: che qualcuno parlasse non già male ma anche solo in modo irrispettoso di Don Bosco, che aveva personalmente conosciuto, quale  insegnante, nei durissimi anni del seminario. Mia madre, giovinetta portata all’impertinenza,  una volta gli chiese conto di questo suo comportamento così irrazionale ed egli, quasi stupito della domanda, rispose candidamente, usando la confidenzialità del dialetto, che Don Giovanni, come lo chiamava lui,  non era un “preive”, bensì un “Sant”.

Debbo confessare che, negli anni, il racconto di mia madre mi è tornato più volte in mente, allorquando mi è accaduto di dover motivare scelte palesemente irrazionali e di per sé contradditorie,  sia in vicende importanti, sia  in situazioni di minor momento.  Restando alle seconde, in effetti solo forti ed intrinseche ragioni valoriali consentono, ad esempio, di giustificare l’innamoramento per un quadro di un astrattista del novecento, giudicato di straordinaria forza, da parte di un collezionista di pittura barocca di figura, ovvero, venendo, dopo tante chiacchere,  al merito della nostra rubrica, l’apprezzamento per un locale, di eccezionale qualità, apparentemente affatto alieno rispetto alla filosofia che è alla base della rubrica stessa.

E’ quello che è accaduto per il ristorante romano Acquolina, collocato nell’anonima Via Serra, in area Collina Fleming, quindi assai  cccentrico rispetto al nucleo storico della città. Il locale è ospitato in uno dei tanti palazzoni anni sessanta che caratterizzano, non troppo allegramente, la zona e  sin dall’arrivo sorprende gli avventori, tanto per la nitida appropriatezza della disposizione delle due sale interne, quanto per la piacevolezza di un’inaspettata terrazza. Del tutto coerente con la gradevolezza dell’impatto strutturale è l’accoglienza, cortese e professionale, assicurata dal personale. Del resto cortesia e professionalità sono le cifre che connotano in via generale il  servizio offerto dall’Acquolina e per un locale della Capitale questo non è davvero già  merito da poco.

La cucina proposta, esclusivamente a base ittica, frutto dell’impegno e della passione di un giovane e valente chef, risulta estremamente innovativa, particolarmente curata nella presentazione, assai fantasiosa, ma sempre realizzata facendo ricorso a materie prime di eccelsa qualità.

Il menù è ricco di proposte, giornalmente condizionato, com’è ovvio, a quanto le reti riescano a trarre  dal mare. Per l’avventore alla prima visita è forse saggio affidarsi al percorso proposto dallo chef, scelta che consente di agevolmente ottenere una “visione panoramica” delle molte stupende elaborazioni della casa. Se, tuttavia, il costruire un proprio iter gastronomico è  un piacere, a cui  non ci si riesce a sottrarre, allora non si può non consigliare di gustare, innanzitutto, il gran crudo Acquolina, vera e propria saporitissima enciclopedia del mare. Benissimo le tre tartare, tra cui va segnalata, per sapore, quella di ricciola allo zenzero, il piatto di merluzzo crudo sotto, olive fritte sopra e maionese, ancora, deliziosamente, allo zenzero, la torta di baccalà e patate con salsa bagna cauda moderna – per fortuna “moderna”, cioè decisamente light, parola di vecchio piemontese – e anello di cipolla fritto.

Tra i primi piatti, vanno almeno ricordati i vermicelli con lupini, lattuga di mare e bottarga di muggine o le sagne di mamma Paola con scarpette della Madonna, asparagi, pomodoro arrostito e olio affumicato e tra i secondi, tutti veramente meritevoli di attenzione, si può spaziare dal gran fritto della casa – affrontabile anche dallo stomaco più delicato – alle diverse tipologie di pesce, proposte al vapore – da non perdere ! – o arrosto, dall’entusiasmante rana pescatrice bardata con sconcigli di mare in cremolata e insalata di finocchi alla gallinella in crosta di pain brioche su crema di piselli, peperoni arrostiti e bottarga di muggine.

Le proposte dei dolci appaiono in menù sotto la voce “ girone dei golosi”, si aprono, giustamente, con un ricco omaggio a Ciacco e proseguono lungo percorsi che non mancheranno di deliziare gli appassionati, posto che riescono ad entusiasmare persino chi scrive, dotato di un palato francamente  poco propenso nei riguardi di tutto ciò che non sia salato. Molto interessante la carta dei vini, ricca di etichette non banali, proposte, per lo più, con ragionevole ricarico. Il locale si colloca in una fascia di costo medio alta, con un ottimo rapporto qualità/prezzo.

ACQUOLINA Via Antonio Serra, 60 – ROMA Telefono 063337192- chiuso la domenica e tutti i giorni a pranzo.