Una maratona verso i mulini a vento
20 Aprile 2007
Come è noto, talvolta, il destino di un uomo è nascosto nel suo nome. E proprio a causa del cognome un po’ ridicolo che nostro padre ci ha donato, la presenza del Don Chisciotte nella nostra vita è stata continua, discreta ma persistente. Certo non molti fra coloro che abbiamo incontrato erano consapevoli di trovarsi di fronte alla reincarnazione di quel bacile di ottone recato in testa da un onesto barbiere in viaggio verso un paesino dell’Andalusia, per effettuare un salasso e radere una barba; bacile che l’immortale cavaliere dalla triste figura di Cervantes scambia per il sacro elmo di Mambrino, attaccando di conseguenza l’ignaro viandante e conquistando il sacro cimelio. Ma tant’è, l’inconsapevolezza dei più ha rinforzato il legame, condizionando lo sviluppo di una vita! Forse inconsapevolmente, forse per un sottile gioco letterario, abbiamo da sempre concepito il nostro lavoro, e forse l’intera nostra esistenza, come una visionaria avventura verso il nulla, una tenace ed eroica battaglia in nome di valori nobili quanto impossibili, un inestricabile sviluppo fra tragedia, ironia ed autoironia.
Non potevamo pertanto rimanere indifferenti nell’apprendere la notizia che l’Instituto Cervantes di Roma, per celebrare il grande genio della letteratura moderna, ha organizzato presso la propria sede di Piazza Navona, la lettura integrale del Don Chisciotte. E che la lettura, mai realizzata in Italia, fatta in lingua originale e in italiano, avrà inizio sabato 21 aprile alle ore 12 e si concluderà, dopo una maratona di 48 ore, lunedì 23 aprile a mezzogiorno. Quale migliore rappresentazione dello spirito del nobile hidalgo Alonso Queiana e della sua folle ed instancabile ricerca di un’ideale, apparentemente inconsistente, ma che, proprio a causa del suo carattere effimero, rivela la sua invincibile moralità! Un evento, quello di sabato e domenica, assolutamente folle e visionario, lontano anni luce dal politicamente corretto di tante (troppe?) manifestazioni culturali tese ad agevolare la fruizione (o il consumo) di letteratura da parte di un pubblico frettoloso ed in cerca di emozioni rapide e di facile godimento. Uno slow food della cultura che in realtà non è che una forma sofisticata del più vieto fast food, che dovrebbe far inorridire i sacerdoti della via veltroniana alla cultura di massa. Al contrario, è proprio la radicale insensatezza ed “infruibilità” della maratona letteraria del “Cervantes” a renderla assolutamente sublime ed imperdibile e soprattutto assolutamente donchisciottesca. Del resto, come ammoniva Oscar Wilde, “l’arte è tutta inutile”: e meno male!