“Una mescolanza di dignità e compostezza”

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“Una mescolanza di dignità e compostezza”

11 Dicembre 2011

Un nano. Un metro e venti di statura, smilzo, testa piallata. "Tabasco" non è uno scherzo della natura, un uomo venuto male per beffa della sorte; lui non ha da nascondersi dagli sguardi che irridono, dai baffi che celano l’abiezione dello scherno. 

Tabasco è un "alieno", gli esseri umani li chiamano così, con un’etichetta che sa di filo spinato, a separare con un cavo di rovi d’acciaio l’antropomorfo da ciò che è ritenuto mostruoso. Dall’altro.

Non si sa dove trovino la certezza che l’universo sia popolato solo da creature col "manto" di diverso colore, a seconda di quale quartiere del mondo abitino, e un muscolo che pulsa nel petto. Forse c’è solo lui in più, 6 miliardi di umanoidi più uno, ma per come è Tabasco vale la pena coltivare la speranza che abbia migliaia di replicanti sparsi in altri angoli di universo.        

Si è costruito una capanna nel punto più remoto della luna, praticamente una casa all’ingiù: non è così sicuro di essere solo, e ha preferito starsene in disparte. Ma non per desiderio di separatezza altera, tutt’altro: ha scelto "un suo posto" soltanto per umiltà, che si fa pudore quasi castrante. Una mescolanza di dignità e compostezza che susciterebbe lacrime a brocche in chi lo conoscesse.    

Eccome se ha un significato l’esistenza di Tabasco: come un rabdomante degno figlio di Bacco va cercando vino su quella terra che non ha mai visto una vigna. E non lo fa per sé, per dissetarsi con più soddisfazione rispetto all’acqua sciapa; lui non ha bocca per bere e va in cerca di nettare rosso solo per poter offrire un ristoro degno a chiunque dovesse smarrirsi per l’universo, finendo per bussare alla sua porta tarlata.

Cerca vino e prova – nonostante non ci sia mai riuscito in 276 anni – a coltivare quel cemento a peperoncini, tentativo di omaggio creativo al suo nome così plastico e pungente. Non si sa mai che l’ospite gradito porti mezzo chilo di pasta e si possa mangiare insieme due bucatini all’amatriciana. 

Questo nano ha voglia di condividere, e soprattutto di dare qualcosa a chi può averne bisogno. E’ un tributo ai soli, ai soli più luminosi: cercateli meglio perché se avete bisogno di cibo, o di una carezza che fa raddoppiare i battiti, quei soli qualche volta si trovano anche sulla luna.