Una moratoria contro la condanna a morte degli embrioni umani

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Una moratoria contro la condanna a morte degli embrioni umani

21 Novembre 2007

Quando il presidente degli Stati Uniti, George Bush, bloccò i finanziamenti federali ai progetti di ricerca che pre­vedevano la distruzione di embrioni umani, ci furono violente polemiche. Eppure Bush non aveva vietato gli studi sulle staminali embrionali (che sono andati avanti con fon­di privati, o di singoli Stati) ma solo eserci­tato il diritto del governo a privilegiare alcu­ni indirizzi di ricerca ad altri. Da quel mo­mento, infatti, si sono moltiplicati i tentati­vi di trovare nuove strade, eticamente ac­cettabili, per ottenere cellule staminali sen­za sacrificare gli embrioni. Il blocco dei fon­di non è stata l’unica molla, perché già da al­cuni anni i ricercatori erano impantanati in mille difficoltà. La prima è il reperimento degli ovociti, necessari alla creazione di em­brioni in laboratorio; le donne, a cui si chie­de di donarli, sono restie a sottoporsi a trat­tamenti pesanti e rischiosi per puro ‘spiri­to di servizio’ nei confronti della scienza. Ma anche per i centri che hanno avuto cen­tinaia o migliaia di ovociti a disposizione, la clonazione terapeutica è rimasta un mirag­gio, il Santo Graal della ricerca: nessuna sta­minale embrionale umana è mai stata pro­dotta con la tecnica della clonazione. Inol­tre proprio la virtù principale di queste cel­lule, la totipotenza, le rende difficili da con­trollare e propense a generare tumori.

Tutto questo era già noto quando, appena in­sediato il governo Prodi, il ministro Fabio Mussi ha tolto la firma dell’Italia dalla co­siddetta minoranza di blocco, che impedi­va che fondi comuni europei fossero desti­nati alla ricerca sugli embrioni. I fatti, a di­stanza di poco più di un anno, dimostrano che Bush ha avuto ragione, e Mussi torto. Ie­ri sono stati resi pubblici due studi conver­genti, uno americano e l’altro giapponese, che rivoluzionano il campo delle staminali, aprendo prospettive di ricerca totalmente nuove. Si tratta, in entrambi i casi, di ripro­grammare cellule adulte per trasformarle in cellule staminali ‘pluripotenti indotte’, si­mili, ma non identiche a quelle embrionali. Gli esperimenti sono agli inizi, ma sono ba­stati a Ian Wilmut – lo scienziato che ha de­terminato il successo della tecnica di trasfe­rimento del nucleo, clonando la pecora Dol­ly – per annunciare al mondo l’abbandono della clonazione, ritenuta ormai una tecni­ca deludente e obsoleta.

Il danno, però, è fatto. In Europa il gesto di Mussi ha permesso che venissero finanzia­ti, con i soldi di tutti, progetti di ricerca sul­le cellule staminali embrionali. Ma oggi lo sterminio di embrioni rischia di essere una forma di accanimento ideologico privo di serie giustificazioni scientifiche e tantome­no umanitarie, visto che le terapie promes­se si sono rivelate illusorie. Come rimedia­re? Facciamo una proposta: una moratoria europea, che permetta di sospendere per 5 anni la distruzione di embrioni umani. Nel frattempo, i laboratori possono usare le linee cellulari esistenti, senza dover interrompe­re gli studi già intrapresi e finanziati dall’ul­timo programma quadro. Ma basta con la catena di smontaggio degli embrioni, con la creazione di esseri umani destinati ad esse­re vivisezionati entro il quattordicesimo gior­no. Diamo tempo alle nuove tecniche di svi­lupparsi e dimostrare la propria validità, e cominciamo a utilizzare anche nel campo dell’umano quel principio di precauzione così spesso invocato dagli ambientalisti.

Il presidente del Consiglio Romano Prodi, insieme al suo governo, si è meritoriamen­te adoperato per la moratoria sulla pena di morte nel mondo, mettendo in gioco il pe­so dell’Italia. Gli chiediamo di farlo anche per sospendere, nella civile e democratica Europa, l’inutile condanna a morte degli em­brioni umani.