Unioni civili: se il Pd vuole vincere truccando i dadi
16 Febbraio 2016
Il Pd sulle unioni civili è bloccato in una palude, stretto a sinistra e a destra. In queste ore gli esperti si stanno lambiccando il cervello per trovare il modo di far uscire gli alfieri del ddl Cirinnà fuori dalla trappola in cui si sono cacciati da soli, per fare i bulli e i troppo furbi. Ma una soluzione decorosa non c’è: l’unico modo per tirarsene fuori è forzare ancora una volta in modo pesante le regole e le procedure democratiche, trasformando -metaforicamente ma non troppo- l’aula del Senato in un “bivacco di manipoli”.
Cosa è successo? Tutto deriva dal primo, fondamentale atto di arroganza e disprezzo nei confronti dell’opposizione: con una procedura mai attuata prima, il presidente Grasso ha permesso al Pd di depositare un nuovo testo sulle unioni civili, il Cirinnà bis, e di sottrarsi completamente al dibattito in commissione, portando il nuovo testo direttamente in aula. E’ in quel momento, di fronte a un gesto di plateale prepotenza e di assoluta incostituzionalità, che con un gruppetto di parlamentari, tra cui l’ex coordinatore Quagliariello, siamo usciti da Ncd e abbiamo fondato il movimento Idea, togliendo il nostro sostegno al governo.
Ma torniamo agli espedienti parlamentari del Pd. Saltando a piè pari il percorso in commissione (garantito esplicitamente dall’art.72 della Costituzione), il disegno di legge è approdato in aula in tempi record. Ma Renzi vuole fare in fretta, molto in fretta. Per evitare l’ostruzionismo dell’opposizione, il Pd ha deciso quindi di ricorrere al cosiddetto canguro, cioè un emendamento premissivo, firmato dal renziano Marcucci, in cui si anticipano in sintesi i punti fondamentali del testo: in questo modo si fa decadere la maggior parte degli emendamenti. Con questo trucco però, decadono anche emendamenti che il Pd vuole fare approvare, e soprattutto viene resa impossibile ogni modifica all’art.5, quello sull’adozione. Risultato: se l’emendamento Marcucci passa, la stepchild adoption non si può più stralciare, e anche ritoccarla è difficile. I cattodem a questo punto si ribellano, e si rifiutano di votare un emendamento che vanifica i logoranti tentativi di mediazione sull’art.5 (come l’affido rafforzato) su cui hanno lavorato per mesi.
Intanto la trattativa con la Lega per un “disarmo bilaterale” fallisce. Calderoli, che ha presentato 5000 emendamenti, non è disposto ad arretrare: se il Pd vuole chiudere in una settimana, ricorresse pure al canguro. L’emendamento Marcucci, però, ha un’altra controindicazione: che faranno i cinquestelle? Va ricordato che all’epoca del canguro sulla riforma istituzionale, i grillini fecero fuoco e fiamme: come potranno oggi accettare che esistano canguri buoni e canguri cattivi? Intanto nel Pd si studiano trucchi e trucchetti per uscire dal guado: si è pensato di tutto, scartando varie soluzioni. In queste ore si oscilla tra la riformulazione dell’emendamento Marcucci e la sua votazione per parti separate, e vedremo martedì che cosa il Pd, con l’appoggio di Grasso, avrà escogitato.
La questione, però, è grave. Se le forzature, che abbiamo già visto in opera durante i voti sulla riforma istituzionale, diventano un’abitudine, le garanzie costituzionali si trasformano in carta straccia, e la democrazia è a rischio.
E’ evidente che, avendo saltato l’iter in commissione, almeno in aula l’opposizione deve avere lo spazio per intervenire, proporre emendamenti e discuterli. Perché tutta questa fretta? Qui non si tratta della riforma istituzionale, ma di un disegno di legge di iniziativa parlamentare, in cui il governo non c’entra (o non dovrebbe entrare) e che, secondo tutti i sondaggi, lacera profondamente il paese. Sarebbe dunque un gesto di rispetto non solo verso le opposizioni, ma verso il popolo italiano, prendersi il tempo necessario, discutere in modo approfondito e votare alla luce del sole.