Università, il mondo accademico ha il dovere morale di prendere posizione
25 Novembre 2010
La lunga deriva del post-sessantotto e politiche accademiche sbagliate nel corso dei decenni hanno minato la credibilità dell’università italiana, producendo privilegi di casta, insopportabili sperperi, soffocamento dei talenti e sacrificio delle pari opportunità sull’altare di un falso egualitarismo.
Nessuno ha mai pensato di possedere una bacchetta magica con la quale risolvere dall’oggi al domani problemi stratificatisi negli anni. Ma è certo che la riforma Gelmini modernizza il sistema universitario del nostro Paese introducendovi parole finora sconosciute come merito, trasparenza e concorrenza.
Anche fra le file dell’opposizione vi è chi, fino a ieri, lo aveva riconosciuto. A fronte di tale situazione, in questi giorni stiamo vedendo di tutto: assalti al Senato, lanci di uova, contestatori arrampicati sui tetti, mobilitati contro il loro futuro, in compagnia di leader dell’opposizione schierati con la conservazione dello status quo e contro il cambiamento. Al cospetto di questo spettacolo, chiediamo al mondo accademico di non restare inerme. L’università italiana – rettori, dirigenti, docenti – hanno il dovere morale di dire con chiarezza se stanno dalla parte della riforma, o se ritengono che l’unico problema sia strappare qualche soldo in più.
Non è né serio né decoroso un giorno stracciarsi le vesti per la condizione comatosa in cui versa la nostra università, soprattutto se paragonata con i migliori standard europei, e il giorno dopo avallare con un complice silenzio la trasversale ‘guerriglia di conservazione’ che ha la riforma Gelmini come obiettivo da abbattere.