“Usciremo prima dalla crisi se riusciremo a valorizzare le eccellenze”

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“Usciremo prima dalla crisi se riusciremo a valorizzare le eccellenze”

10 Giugno 2010

L’Italia cammina lungo la strada della modernizzazione. Quella della Pubblica Amministrazione ma anche quella delle imprese, che sebbene soffrano una crisi che è allo stesso tempo finanziaria e industriale  e sulla cui gravità tutti i più autorevoli osservatori sono concordi ma sulla cui durata nessuno è in grado di formulare previsioni, attraverso una buona politica industriale possono tornare a respirare. La linea di Danilo Broggi, amministratore delegato di Consip, società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze che lavora al servizio esclusivo delle pubbliche amministrazioni, è all’insegna dell’ottimismo: “La crisi c’è, riusciremo ad uscirne fuori gradualmente, ma meglio e più velocemente se saremo capaci di porre in atto quelle politiche che vanno a valorizzare il positivo che c’è nella nostra economia”. Una ricetta, quella della valorizzazione delle potenzialità del sistema, valida anche per la PA, che Consip mette in pratica attraverso la gestione e lo sviluppo dei sistemi informativi del Ministero, fornendo consulenza tecnologica, organizzativa e processuale e gestendo il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella PA. Una strategia d’azione che appena un anno fa le è valsa l’European e-Goverment Awards.

Consip è considerata una delle migliori società in Europa nell’ambito della centralizzazione degli acquisti pubblici e del supporto di sviluppo dell’Ict. In quale punto della strada della modernizzazione ci troviamo?

L’obiettivo di Consip è di contribuire al processo di modernizzazione della Pubblica Amministrazione del Paese per quanto riguarda i nostri ambiti, che sono quelli degli acquisti pubblici e dell’informatizzazione. Ritengo che importanti obiettivi siano già stati raggiunti: il riconoscimento europeo non è tanto verso la Consip ma verso i progetti che abbiamo realizzato nei confronti delle Amministrazioni. Certo, il percorso è ancora lungo e richiede una continuità di sforzo da parte nostra e, soprattutto, un maggior coordinamento tra tutti i soggetti che concorrono allo stesso obiettivo.

Gli anni passano ma la Pubblica Amministrazione resta uno degli argomenti-principe di discussione. Quali sono i mali di cui soffre?

Anzitutto, vi è la necessità di evitare che stesse Amministrazioni compiano gli stessi errori. Detta in maniera diversa c’è necessità di avere più punti di riferimento che sappiano supportare le Amministrazioni nel loro processo di modernizzazione, proprio per evitare che ognuno scelga la sua strada. Il secondo elemento sul quale bisogna ancora lavorare è l’utilizzo sapiente dell’Information e Communication Technology nella revisione dei processi delle attività core delle Pubbliche Amministrazioni. Non è solo l’applicazione dell’informatica tout court ma è una rivisitazione dei processi anche nella direzione della semplificazione utilizzando l’informatica come strumento abilitante.

Ci sono delle potenzialità all’interno della PA che vengono disperse?

Si. Questo è un tema centrale: le cose si fanno e magari non si conoscono. C’è necessità di maggior informazione, comunicazione, sensibilizzazione affinché queste buone pratiche realizzate possano diventare patrimonio comune.

Lei nasce come imprenditore ed è anche Presidente del centro per la cultura d’impresa di Milano. Cosa crede si debba fare, oggi, per stimolare il mondo dell’impresa e accrescerne la competitività?

Bisogna avere il coraggio di riguardare i modelli di sviluppo anche con qualche cambio di paradigma. La crisi che stiamo vivendo non fa parte dell’ordinarietà, è straordinaria, è una crisi globale e locale insieme. E’ una crisi finanziaria ma è anche una crisi industriale. Il nostro paese ha delle peculiarità: abbiamo il più alto numero di Pmi in Europa, abbiamo dei settori manifatturieri di eccellenza, abbiamo una situazione sul piano finanziario che porta un debito pubblico importante ma è bilanciato da un basso debito delle famiglie.

Quindi di cosa abbiamo bisogno in questa fase?

Serve maggior selettività per esempio per quanto riguarda gli incentivi. Bisogna pensare a investire le poche risorse sull’inizio della catena del valore, per esempio sulla parte di ricerca e innovazione, anche stimolando la stessa finanza ad essere più attenta negli investimenti nel venture capital. Insomma, stimolare quel grande patrimonio italiano e fare in modo che si trasformi in competitività, quindi in valore aggiunto, per fare in modo che le nostre aziende che per esempio pagano uno scotto in termini di costo del lavoro, abbiano nuova linfa.

Quanto incide la pressione fiscale come elemento di soffocamento per le imprese?

Io credo che la questione fondamentale da porre non sia tanto lo stock del peso fiscale quanto l’utilizzo sapiente della leva fiscale, che può diventare uno strumetno utile a incentivare aspetti quali la formazione del personale, la ricerca. Anche in questo caso manca un po’ di selettività.

Cosa pensa della possibilità di modificare l’Articolo 41 della Costituzione?

Sono più preoccupato di porre in atto politiche attive o politiche industriali che sappiano cogliere le grandi potenzialità del nostro mercato e permettere alle nostre eccellenze di sapersi ben esprimere nei mercati nazionali e internazionali.

Sta dicendo che per riuscire a rendere le imprese più libere dallo Stato si può prescindere dalla modifica della Costituzione?

Credo che sia più importante guardare al concreto. Concordo con un percorso di riconoscibilità costituzionale ma non ne vedo la priorità.

Insomma, serve incrociare una nuova politica industriale?

E’ certamente l’agenda attuale, quella sulla quale è necessario puntare l’attenzione. Dopo i tagli dobbiamo pensare allo sviluppo

Crisi. Ottimista o pessimista?

Vedo una ripresa graduale, quindi noi usciremo dalla crisi con gli anni ma ne usciremo meglio e più velocemente se saremo capaci di porre in atto quelle politiche che vanno a valorizzare il positivo che c’è nella nostra economia. Pensiamo ai tanti settori in cui siamo eccellenti per esempio quello delle  esportazioni, alle tante multinazionali tascabili di cui il nostro paese è ricco, alla grande creatività e ai grandi cervelli italiani. Io mi definisco ottimista, a patto che sapremo puntare alle eccellenze e alle potenziali eccellenze del nostro Paese.