Utopie e piccole avventure di un giornalista con la passione per lo sport

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Utopie e piccole avventure di un giornalista con la passione per lo sport

01 Giugno 2008

Dall’altra parte dell’Oceano, in quel di Torino, risiede un amico, con il quale si condividono più di un diletto. All’amico che si campa raccontando di pedate e di virtuosi, Osvaldo Soriano, argentino, classe 1943, già un cult, dopo la pubblicazione nel 1973 del memorabile, Triste, solitario y final, invia una lettera che suona quasi accorata. L’alter ego piemontese all’anagrafe fa di nome Giovanni Arpino, lavora nei giornali ed è scrittore noto e ammirato: “Mi raccontano gli amici  che in un piccolo club di Buenos Aires, l’Argentinos Juniores, si trova la salvezza del Torino. Si chiama Diego Armando Maradona, ha diciotto anni ed è, stando al parere dei giornalisti e dei miei stessi amici,  il miglior giocatore (sebbene sia bassetto) degli ultimi trent’anni. Segna due goal a partita (la sua squadra fa pena ma lui è il migliore), ed è già nella selezione nazionale. Certo, tutte le grandi squadre, e il Barcellona, lo vogliono comprare; costa, credo, cinque milioni di dollari. Se il Torino ha questo denaro, è salvo. Dicono che accanto a lui Sivori pare un plantigrado. Dopo non si vengano a lamentare che non li avevo avvertiti”.

Così il pampero. Scrittore di agoni sportivi, con una giovanile passato di asso mancato (ragione un brutto infortunio) del rettangolo verde. Lo scrittore, che muore piuttosto giovane sul finire degli anni Novanta, è peraltro un narratore a tutto campo. Le sue storie non parlano necessariamente di eventi muscolari, raccontano il suo travagliato paese, la buttano talora in politica. E’ il caso delle situazioni peroniste di cui è infarcita la bella antologia "I racconti degli anni felici 1974-1996" curata per Einaudi da Paolo Collo e Glauco Felici e tuttavia sullo sport, l’argentino, svetta, con pochi eguali nel panorama letterario recente.

Tanto per gradire (e naturalmente godere), si parta subito da qualche storiella minore. A cominciare, magari, dall’epopea malinconica di Sonny  Liston, lo sfortunato avversario di Cassius Clay, al vertici dei massimi nel 1962, il titolo vinto contro Floyd Patterson, dopo poco più di un anno detronizzato, in soli sei round, dal rampante e giovanissimo futuro Moahmed Alì. La sua è la parabola di un idolo dei bassifondi, arrivato ai vertici della più gettonata categoria della nobile arte, che poi rapidamente finisce laddove è partito, ovvero agli inferi. Stroncato  non è chiaro se per eccesso di alcool oppure per un’ennesima resa dei conti. Forse, conclude Soriano, è proprio quest’ultima la morte che Sonny avrebbe desiderato: perché il campioncino “visse sempre nel pericolo, sputò sulla società, starnutì contro le basi del sistema e pagò cara la sua audacia. Le canaglie preferiscono morire di fronte”.

Passando ad altro tema, formidabile è il racconto Il sorpasso dell’Italia. Vi si dice delle reazioni fra immigrati della pampa, siamo a metà del millenovecentoottantassette, alla notizia che il Belpaese
ha scollinato il quinto posto fra le potenze industriali. I commenti sono raccolti fra chi si era dato a gambe da uno Stivale messo in ginocchia dalla guerra perduta. Ai nostri ex connazionali la notizia dà alla testa. Un misto di orgoglio per la botta di vita della terra d’origine, un pizzico di malinconia per quel oggi Bengodi che si è abbandonato di tutta fretta. Allora, quasi per reazione, alla fantasia si può lasciare davvero briglia sciolta, alla maniera di quel tale don Gennaro che tutti “dice che hanno cominciato a profumare l’acqua di Venezia” mentre a Roma si accingono a scavare “dei sotterranei in modo che i giapponesi possano vedere l’impero così com’era”.

Osvaldo Soriano, I racconti degli anni felici 1974-1996, Einaudi, pagine 404, euro 15,80.