Vecchi almanacchi e nuovi auguri

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Vecchi almanacchi e nuovi auguri

01 Gennaio 2008

“Almanacchi, almanacchi nuovi;
lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?”.

Tutti avranno riconosciuto
senz’altro l’incipit di una delle più belle e più famose “Operette morali” di
Giacomo Leopardi: il “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere”,
metafora struggente del trascorrere inesorabile del tempo e dei nostri vani
sogni di futura felicità.

In prossimità del capodanno,
questa “operetta” leopardiana è diventata per me una sorta di lettura
obbligata. Ma quest’anno, a mo’ di “scherzo”, ho assecondato un desiderio che
mi porto dietro dai tempi del liceo: continuare il dialogo tra i due
personaggi; immaginare il venditore che rincorre il passeggere, per riprendere
il discorso e farlo finire in un altro modo. Spero che Leopardi non se l’abbia
a male.

 

Venditore.  Illustrissimo,
vogliate scusarmi (il passeggere nemmeno lo riconosce); sono il venditore di
almanacchi. Poco fa ne avete comperato uno da me per trenta soldi.

Passeggere.  Ah, sì, ditemi.

Venditore.  Vedete, caro
Signore,  vi ho venduto il più bello. Ma
non credo di aver fatto bene.

Passeggere. E perché mai?

Venditore.  Io vendo
almanacchi da vent’anni e non posso sopportare quello che Voi, poco fa, m’avete
fatto dire. Non mi va proprio l’idea di vendere tristezza e illusioni, mascherate
con lieti inganni.

Passeggere.  Eppure,
concordavate, è proprio questo il vostro mestiere. Voi approfittate dei nostri
giorni infelici per illuderci ogni fine anno con improbabili promesse di
felicità.

Venditore.  Signore
illustrissimo, Voi lo sapete bene, la felicità non si compra. E quando ce la
figuriamo nel futuro è perché non abbiamo la più pallida idea di che cosa essa
sia.

Passeggere. Infatti! Da che siamo nati, Voi, io e tutti, non
facciamo altro che inseguire chimere.

Venditore.  Veramente non è
questo che intendevo dire, Signore.

Passeggere. E che cos’altro allora?

Venditore.  Felice è chi
riesce a vivere il presente senza oscurarlo con l’ansia del domani. I nostri
anni non sono certo gran cosa, ma Voi, Voi Signore, non vorrei che bruciaste i
vostri nell’affanno di raggiungere sempre qualcos’altro che non c’è mai.

Passeggere.  Ma la vita è
questa. Suvvia brav’uomo non siate troppo ingenuo; anche se in fondo invidio la
vostra ingenuità.

Venditore. Voi, illustrissimo, non invidiate un bel nulla. Sembrate
piuttosto uno di quegli smaniosi faccendieri che si distruggono la vita perché
non riescono mai a fermarsi da nessuna parte.

Passeggere.  Scusate se mi
accanisco a mia volta, ma è perché ci sono questi “smaniosi faccendieri”, come
voi irrispettosamente li chiamate, che potete vendere i vostri almanacchi e
sbarcare così il lunario.

Venditore.  Oh illustrissimo,
qui invero qualche ragione l’avete. Ma se sono tornato a importunarvi è perché
voi, poco fa, mi chiedeste l’almanacco più bello. E sono venuto a
riprendermelo. Ecco i vostri trenta soldi.

Passeggere.  Adesso non vi
capisco.

Venditore.  I miei
almanacchi, Signore, intendo quelli più belli, li vendo soltanto a coloro che
mi danno l’impressione di saper assaporare sul serio la felicità. E Voi, Voi,
no, non siete di questi. A voi, a pensarci bene, lo regalo. Con l’augurio che
possiate veramente principiare la vita felice. Buon anno. Almanacchi,
almanacchi nuovi; lunari nuovi.