Vegas: “Con questo Governo l’Italia è un paese morto”

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Vegas: “Con questo Governo l’Italia è un paese morto”

04 Gennaio 2008

Il carovita cresce inesorabilmente al punto che a dicembre l’indice dei prezzi al consumo registra una crescita del 2,6% rispetto allo stesso mese del 2006, la più alta dal 2003 (e dello 0,3% rispetto a novembre).  La Spagna ci ha superati e anche la Grecia minaccia un salto in avanti. Le liberalizzazioni sono ferme al palo. Perfino lo sbandierato taglio delle buste paga dei parlamentari pare finirà per essere solo un’idea. Mentre il rischio che il debito pubblico e il deficit aumentino, per l’ex  viceministro dell’Economia Giuseppe Vegas, “è ormai una certezza”.

Perché senatore?

Perché dal 2007 al 2008 sono cambiate troppe cose. Lo scorso anno è andato bene per due motivi: il Pil è cresciuto e le entrate tributarie sono aumentate ma per il 2008 non sono previste misure antielusive nuove. Il gettito diminuirà e l’economia subirà un rallentamento anche perché il valore molto alto dell’euro creerà dei problemi alle esportazioni. In più ci sono i nodi di carattere macroeconomico: l’economia mondiale in frenata e l’aumento del prezzo del petrolio. A cui va aggiunta una Finanziaria di spesa che influirà negativamente sui conti pubblici.

Cosa si dovrebbe fare?

Intervenire subito. Il problema è che mancano vere politiche governative. Davanti alla crescita del prezzo del petrolio si può far poco, ma sul fronte dell’aumento della spesa pubblica che causa appunto l’inflazione il Governo dovrebbe far sentire la sua voce. Non è un mistero che le tariffe pubbliche colpiranno in modo pesante i cittadini. Perché non si cerca di tamponare la situazione con metodi di contenimento delle tariffe? Dove sono le Authority? Dov’è il Governo?

Vere liberalizzazioni avrebbero potuto migliorare l’offerta dei servizi pubblici?

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Certo, invece le liberalizzazioni fatte da questo Governo hanno riguardato settori marginali. L’intervento sui taxi sarebbe stato un segnale positivo per esempio, ma la situazione romana dimostra il fallimento della misura.

Il sottosegretario all’Economia Mario Lettieri pochi giorni fa ha ricordato le novità positive in materia di tassazione delle imprese come la riduzione dell’Ires dal 33 al 27,5 per cento e gli altri sottosegretari, i vari ministri e lo stesso presidente del Consiglio si affannano a descrivere un’Italia in splendida forma…

La fotografia che scattano è penosa e non risponde alla realtà.  La diminuzione dell’Ires è stata decisa con la Finanziaria e se favorisce alcune imprese ne penalizza altre. Il trucchetto è semplice: diminuisce l’aliquota nominale ma aumenta la base imponibile quindi per il sistema-imprese quella dell’Ires è una misura a saldo zero. Mentre con il bonus occupazione (330 euro mensili per ogni lavoratore assunto, ndr) dicono che daranno un sostegno all’occupazione ma non sono le cifre che fanno decidere per un’assunzione: la Legge Biagi funzionava, rivederla  come hanno fatto va contro l’occupazione, non a favore.

Quindi il 2008 comincia con un passo indietro anche sul fronte del mercato del lavoro?

Sì, come per le pensioni. Non si può tornare indietro rispetto alla riforma Dini. Il resto del mondo allunga l’età pensionabile e noi cosa facciamo? La diminuiamo abolendo una legge (quella che prevedeva il famoso scalone Maroni, ndr) che sarebbe dovuta entrare in vigore il primo gennaio. Inoltre il carico della controriforma delle pensioni andrà a riversarsi tutto sui precari. E i giovani dovranno pagare per i vecchi.

Cosa succederà quindi tra vent’anni?

Che i vecchi saranno relativamente ricchi e i giovani molto poveri. Con questa riforma è stato innescato un meccanismo autodistruggente perché  i più anziani chiederanno dei servizi che i giovani potrebbero non essere in grado di svolgere.

Quali servizi, per esempio?

Gli infermieri specializzati. Con due possibili conseguenze. La prima: gli over 65 potrebbero trovarsi a pagare di più per “importare” chi fa il servizio (con un conseguente aumento del costo di quel servizio). La seconda: i giovani, soffocati da salari da fame e privati di prospettive di crescite serie,  protesteranno e si dovrà rivedere il meccanismo delle pensioni. Insomma, si verificherà un problema intergenerazionale mostruoso.

Intanto la Spagna pare ci abbia superati, anche se sui dati è guerra. L’Italia è davvero destinata ad essere il fanalino di coda dell’Europa?

Una cosa è certa: il trend di crescita della Spagna è superiore a quello dell’Italia, quindi se pure non ci ha superati sta correndo per farlo e a breve ci saluterà. Loro hanno voglia di fare mentre noi siamo un Paese di gente riflessiva. E come se non bastasse questo Governo continua a fare scappare capitali e risorse.

In che senso?

Prendiamo il caso delle rendite finanziarie. E’ un’operazione sbagliata e lo sanno anche i sassi. Ma la maggioranza continua a parlarne e ogni tanto la questione torna a galla…