Veltroni cerca di ripulire la facciata sporca della sinistra

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Veltroni cerca di ripulire la facciata sporca della sinistra

27 Giugno 2007

Il luogo ha qualcosa di vagamente metaforico. Il Lingotto è un brutto esempio di architettura industriale. E’ stato trasformato in un moderno complesso nel quale si tengono mostre, si svolgono dibattiti e si dorme in stanze di lusso. Poi, se lo si frequenta a lungo, si scopre che alcuni difetti della struttura originaria non sono venuti meno. In albergo, ad esempio, non si può essere quel che si è. Se ci si spoglia, in qualsiasi ora del giorno, ci si sente osservati a trecentosessanta gradi. Non resta, per questo, che un’alternativa: o si resta “al coperto” con tutti i propri vestiti addosso o si rinunzia alla luce del sole.

In un luogo siffatto Walter Veltroni ha deciso di celebrare il suo rito d’accettazione. E da lì avrà inizio il suo tentativo di “grande trasformazione”. Così come per il Lingotto, si tratterà di mutare l’attuale immagine fatiscente e demodè della sinistra in qualcosa di allettante. Anche se, per riuscirvi, sarà necessario nascondersi, se non dietro una tapparella, almeno dietro una cortina di luoghi comuni, rinunziando a ciò che si è.

Perché, nella realtà delle cose, Veltroni è il volto umano del prodismo che, imbellettandosi, ha inevitabilmente perso di sostanza. Il dossettismo di Prodi ha in sé qualcosa di tragicamente grande. Rappresenta una radice culturale profonda del Paese che, a causa della Guerra Fredda, è scorsa come un fiume carsico lungo tutti gli anni della Repubblica potendo venire finalmente alla luce quando, ormai, era diventata storicamente improponibile. Solo l’ossessione anti-berlusconiana è riuscita ad offrirle un’occasione tardiva. E il suo attuale disastro è innanzitutto il risultato dell’enorme iato che passa tra la sua sostanza e i bisogni della modernità. Dietro la maschera di cinica cattiveria dell’attuale Presidente del Consiglio resta pur sempre, però, qualche tratto d’autenticità. Prodi, ad esempio, credeva veramente che la sconfitta del referendum in materia istituzionale avrebbe significato una nuova primavera della nostra Costituzione. Così come è in buona fede quando reclama un europeismo più aggressivo, non volendo prendere atto di cosa l’Europa, anche grazie al suo contributo, è nel frattempo divenuta.

Veltroni è il prodotto secolare di tutto ciò. E’ la trasformazione di una radice culturale drammaticamente importante in un’accozzaglia di luoghi comuni che reclama l’innocenza. La sua proposta, proprio per questo, risulta però meno datata, più elastica e adattabile alle esigenze contraddittorie della modernità. E’ scontato e neppure criticabile che egli cerchi di sfruttare tali doti per rimettere in pista una sinistra oggi allo sbando. Per questo avrà bisogno di tempo (altro che elezioni alle porte!) e la necessità di abbeverarsi nelle oasi della demagogia che gli offre la Capitale mentre Prodi porta avanti la sua traversata in un deserto senza fine.

Non è operazione agevole. Ma potrebbe riuscire se a destra vi sarà chi continuerà a sottovalutarla. E’ vero: nel passaggio da Prodi a Veltroni le difficoltà strutturali dell’attuale maggioranza non cambiano. Ma se si continuerà a concederle tempo nella speranza che la forza carismatica di Berlusconi nel frattempo si esaurisca; se si tergiverserà in alcuni passaggi istituzionali quanto meno esposti (si pensi alla incredibile vicenda della sostituzione del capo della polizia) per un malinteso senso di responsabilità; se si riterrà possibile sconfiggere il veltronismo senza metterne a nudo la sua effettiva essenza culturale, l’operazione di Walter Veltroni potrebbe anche riuscire.

Sarkozy in Francia è riuscito a presentarsi come la ropture rispetto a un Presidente della Repubblica del quale era stato ministro, e non di seconda fila. Per questo, ha aperto un contenzioso politico-culturale sul ruolo storico della destra europea nel ventunesimo secolo. Veltroni, più semplicemente, cercherà di far passare la merda per nutella. La sostanza politica del tentativo non per questo è diversa. E se non ci sarà chi saprà dimostrare che sempre di merda si tratta, potrebbe non essere dissimile anche l’esito finale.