Vendola, Renzi e l’amore
29 Febbraio 2016
Quando non si hanno buoni argomenti, si esibiscono buoni sentimenti, e se gli argomenti sono proprio pessimi, per renderli più appetibili si avvolgono nella melassa. E’ sorprendente che il nostro presidente del consiglio, uso ai toni spicci, ricorra allo stile Harmony, o che lo faccia un affabulatore di provata esperienza come Nichi Vendola; eppure entrambi in questi giorni hanno adoperato toni da romanzo rosa, usando la stessa magica parola, amore.
“Ha vinto l’amore” è stato il commento di Renzi alla fine di una battaglia in cui in realtà ha utilizzato una cinica logica di potere, violando più volte la costituzione, e imponendo il voto di fiducia su un provvedimento di iniziativa parlamentare. “E’ solo amore” ha commentato Vendola a proposito del contratto di maternità a pagamento con cui il suo compagno ha avuto un figlio da una signora di origine indonesiana. Amore è la parola che tutto giustifica e nobilita: il disprezzo nei confronti delle regole della democrazia parlamentare come l’acquisto di ovociti da impiantare nell’utero di una donna-oggetto, pagata per abbandonare il proprio bambino.
Ma l’amore, questa volta, è solo la spolverata di zucchero per coprire l’ossessione renziana per il potere, o per camuffare un’operazione di brutale supremazia economica esercitata ai danni dei più deboli, come ha fatto il leader di Sel. Se le informazioni uscite sulla stampa sono corrette, la coppia Vendola-Testa ha comprato ovociti presso una biobanca californiana, e ha scelto una donna indonesiana con passaporto americano per il contratto di utero in affitto. Oggi Vendola (che non è il padre del bambino, ma solo quello che nel linguaggio del nuovo mercato della filiazione si chiama “committente”) sostiene che “niente è più lontano da me della definizione di utero in affitto” e che la madre del bimbo “fa parte della famiglia”. Frasi ovvie, che mascherano una realtà molto dura, in cui più che di amore si tratta di soldi, contratti, penali, garanzie commerciali e giuridiche.
Prima di tutto il contratto: sarebbe giusto che Vendola lo rendesse pubblico, non tanto per verificare la cifra sborsata, quanto le condizioni e le eventuali penali per la madre. Per esempio sarebbe interessante sapere perché la coppia non abbia utilizzato gli ovociti della stessa donna che ha partorito, riducendo di molto lo stress fisico della mamma. Forse perché si preferiva un figlio bianco, selezionato secondo criteri precisi, mentre la signora che ha fatto crescere il bambino nel suo grembo era indonesiana? O perché quella donna, che Vendola vorrebbe spacciare come un “membro della famiglia”, non potesse essere una madre a tutti gli effetti, così da non poter vantare diritti legali sul bimbo? Ma se il gesto è stato altruistico, se con la mamma c’è un buon rapporto, perché non fidarsi?
La verità è che il contratto di utero in affitto prevede sempre lo sfruttamento di due donne diverse, proprio per evitare eventuali ripensamenti e contenziosi legali: altro che donazione, rapporto di fiducia, famiglia. Le coppie che ricorrono a queste pratiche selezionano accuratamente gli ovociti, e quindi la donna che trasmette il proprio patrimonio genetico al piccolo; invece per portare avanti la gravidanza vanno bene donne di colore, indiane, cinesi, di qualunque etnia, tanto la purezza del Dna è assicurata.
Ai tempi in cui le accuse sulle serate ad Arcore erano finalizzate ad abbattere il governo Berlusconi, Vendola parlava in termini enfatici di rispetto della dignità femminile: “Bisogna avere rispetto delle donne, della loro dignità, della loro sensibilità. Non si può immaginare che siano carne da macello, corpo da mercimonio”, e tuonava contro “una tratta infame”. Il mercimonio dei corpi non riguarda evidentemente la maternità su ordinazione, perché la mamma del piccolo Tobia, costretta da contratto ad abbandonare il figlio, lo fa, secondo il difensore del proletariato, di sua spontanea volontà, e non per soldi.
Diciamo che Vendola ha cambiato idea sul mercimonio dei corpi femminili, sulla dignità delle donne, sul potere e l’uso dei soldi. E che prima dei diritti dei più deboli, per il leader di Sel, vengono i propri desideri.