Venezuela, le elezioni si avvicinano e Chavez mette a tacere l’opposizione

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Venezuela, le elezioni si avvicinano e Chavez mette a tacere l’opposizione

07 Agosto 2010

Il pugno duro di Chávez miete nuove vittime. La messa sotto stato d’accusa di uno dei suoi acerrimi nemici, il proprietario di Globovisión, Guillermo Zuloaga, oggi rifugiato negli Stati Uniti, è solo l’ultimo atto della repressione politica portata avanti dal dittatore venezuelano. Alle porte di un importante evento elettorale, il chavismo s’inasprisce, sferrando attacchi contro i nemici interni e riaccendendo vecchie, ma mai risolte, questioni con i vicini regionali, prima tra tutti la Colombia. Una cartina tornasole di un regime autoritario ormai in crisi, incapace di mantere il controllo interno e di garantirsi il consenso popolare.

67 anni, Zuloaga è una delle figure più odiate dal regime chavista. Il suo canale TV, Globovisión, è l’unica voce ancora indipendente, pronta a denunciare lo stato di degrado in cui versa il Venezuela. La sua linea editoriale, contraddistintasi sempre per libertà ed autonomia, infastidisce non poco il governo centrale, rinomato nel mal sopportare qualunque tipo di critica gli sia mossa. Non sottoposta alle “linee di indirizzo” dettate da Chávez, Globovisión si è sempre premurata di mostrare all’opinione pubblica l’altro volto del “neobolivarismo”, fatto di corruzione, scandali e mal governo. L’ultimo reportage mandato in onda, ad esempio, denunciava la presenza di decine di milioni di tonnellate di cibo avariate, importate dal governo, e lasciate marcire. Fatto non certo encomiabile, se si pensa che il cibo è divenuto il nuovo “oro sociale” in Venezuela.

Dopo diversi tentativi di zittire la rete, tutti miseramente falliti, il caudillo ha deciso di impiegare uno dei suoi bracci più efficaci per annientare lo “scomodo” Zuloaga: la frangia corrotta della magistratura. L’11 giugno, infatti, Chávez è riuscito a far emettere un avviso di garanzia contro il dirigente, accusato di “appropriazione indebita di denaro” per aver truccato il prezzo di alcune vetture della sua concessionaria d’auto. Le porte del carcere di massima sicurezza si sarebbero aperte per il temuto oppositore al regime, se questi non fosse riuscito prontamente a fuggire e ottenere asilo politico negli Stati Uniti. Dopo la fuga di Zuloaga negli USA, il Presidente venezuelano ha deciso di assestare un altro colpo all’indipendenza di Globovisión: un’abile manovra finanziaria ha assicurato allo Stato la detenzione del 48,5% delle quote azionarie della rete TV, garantendo la presenza di un rappresentante governativo all’interno del consiglio di amministrazione (CdA) dell’emittente. E proprio mentre Hugo Chávez enunciava la sua visione di come dovrebbe essere composto il CdA di Globovisión, questa promulgava un comunicato stampa nel quale ricordava che la “la linea editoriale non ha quote azionarie, acquistabili da alcun soggetto, privato o pubblico che sia”.

Il caso di Zuloaga e Globovisión non e’ tuttavia l’unico nel Venezuela di Chávez. La scure del regime ha infatti colpito giornalisti “indomabili” come Francisco Pérez, condannato a tre anni e nove mesi di reclusione per “offesa a pubblico funzionario”, dopo aver denunciato il nepotismo di un sindaco venezuelano. Nel 2007, la repressione aveva mietuto un’altra vittima importante: l’emittente televisiva RCTV. La sua chiusura aveva provocato reazioni di sdegno a livello nazionale, tanto che manifestazioni prevalentemente organizzate da gruppi studenteschi si erano ripetute per giorni lungo le strade delle principali città del paese. Zuloaga è quindi solo l’ultima vittima della strategia praticata dal Chávez, preoccupato per un possibile rafforzamento del fronte dei suoi oppositori.

Come riportato da Freedom House, il Venezuela oggi si colloca tra i paesi a rischio d’implosione per la natura antidemocratica del regime e la crescente mancanza di libertà, come quella di espressione. L’inasprirsi della repressione deve far riflettere sullo stato dell’arte di questo governo: garantitasi la possibilità di essere rieletto a vita alla carica presidenziale (in seguito al referendum costituzionale del febbraio 2009), Chávez deve affrontare oggi il problema del mantenimento del consenso popolare. Un’impresa non semplice, data la crisi economica e la povertà in cui versa il paese, ma che per il regime e’ di fondamentale importanza, alla luce delle elezioni per l’Assemblea Nazionale che si terranno il prossimo 26 settembre. Secondo gli ultimi sondaggi, infatti, il fronte anti-Chávez conquista sempre più l’opinione pubblica, tanto da far temere al PSUV (Partido Socialista Unido Venezuelano) di perdere la maggioranza dei seggi in Assemblea.

 Incapace di risolvere i problemi reali che attanagliano il Venezuela, il governo preferisce ricorrere a vecchie tattiche, come la creazione di “nemici della patria che cospirano contro la felicità ed il benessere del popolo venezuelano”. Non solo nemici interni, come la stampa sovversiva, ma anche esterni, in primis Bogotà, sempre pronta, grazie all’“avallo degli yankees” ad “infangare il buon nome del Venezuela, con fumose accuse di collusione di Caracas con le FARC”. I problemi del paese, invece, non appaiono così vaghi. Questi sono identificabili e quantificabili: inflazione al 30 per cento; criminalità organizzata dilagante; carenza di servizi pubblici di base; gap sempre maggiore tra zone urbane e rurali; violazioni delle libertà democratiche; corruzione come pratica sociale istituzionalizzata.

L’agenda politica di una classe dirigente responsabile dovrebbe porli come primi punti all’ordine del giorno, ma così non è nel caso venezuelano. La violazione quotidiana della libertà di stampa è il riflesso di una più generale e disprezzabile pratica governativa per il sostentamento dello status quo politico. La propaganda istituzionale a tutto campo, il controllo dei mezzi di comunicazione, l’asservimento della magistratura e delle forze di polizia sono i pilastri su cui si è costruita e si regge oggi la “dittatura chavista”.