Verde e hi-tech: la nuova economia russa secondo Medvedev
09 Ottobre 2009
In Russia la crisi economica ha avuto un impatto più incisivo e prolungato rispetto all’Occidente – solo nel secondo trimestre del 2009 il Pil russo ha perso il 10,9%. Dopo quattordici mesi consecutivi di perdite, all’inizio di ottobre il settore della manifattura ha dato un flebile segnale di ripresa. Ma non basta per far ripartire lo sviluppo. Nonostante il ministro dell’economia Alexei Kudrin abbia dichiarato che la tempesta è passata, si prevede che occorrano almeno tre anni per ritornare ad un ritmo di sviluppo paragonabile a quello precedente alla crisi. Questo grave deterioramento dell’economia ha indotto il presidente Medvedev ad esporre la sua nuova strategia economica.
Lo scorso 6 ottobre, nella simbolica cornice dell’istituto Kurchatov di Mosca, dove nel 1949 gli scienziati crearono la prima bomba atomica sovietica, Medvedev ha presentato il suo piano per un’economia “verde”. Per rispondere all’urgenza di ammodernare un sistema produttivo arretrato, obsoleto e dispendioso, Medvedev ha definito un obiettivo molto ambizioso: ridurre del 40% il consumo di energia dal 2020.
La situazione è allarmante: gli impianti industriali consumano fino a cinque volte in più rispetto a quelli occidentali; la distribuzione del riscaldamento disperde una notevole quota di calore prima di arrivare ai consumatori. Il messaggio di Medvedev è chiaro: “chi risparmia energia, risparmia denaro”. Ma la realizzazione di un’economia centrata sul risparmio energetico presuppone cospicui capitali che la Russia non riesce ad attrarre – oltre al know-how tecnologico che la Russia deve acquistare all’estero. Soltanto per sostituire la vendita delle tradizionali lampadine a bulbo con soluzioni più efficienti servono incentivi statali che tuttavia restano ancora da individuare.
L’economia verde è solo un aspetto della nuova strategia economica di Medvedev. L’innovazione tecnologica è l’aspetto in cui Medvedev si muove più in controcorrente rispetto alla tradizione. Al forum internazionale sulle nanotecnologie, svoltosi a Mosca all’inizio di ottobre, il presidente ha inaugurato Rosnano, il centro di ricerca russo per sviluppare un’industria delle nanotecnologie. Secondo Medvedev i margini di crescita di questo settore saranno paragonabili, dal 2015 in poi, a quelli dell’energia. Perciò il presidente ha annunciato il più imponente piano di investimenti statali al mondo: 318 miliardi di rubli fino al 2015. Ma lo stesso Medvedev ha riconosciuto che, finché sarà lo stato il soggetto economico predominante, è improbabile sviluppare un business privato efficiente.
Nonostante ciò, la rotta indicata da Medvedev apre scenari economici e politici volti a trasformare una Russia dove il modello Gazprom è in crisi. Infatti il 30 settembre il monopolista russo ha approvato un taglio del 17% sul budget 2009, a fronte di continue flessioni nella domanda di energia sui mercati globali. Ecco perché Gazprom è stata costretta ad abbassare le sue esportazioni al minimo storico, sia in Russia che in Europa. Inoltre sono stati decurtati gli investimenti su tutti i grandi progetti, dalla realizzazione del gasdotto Nord Stream fino all’esplorazione dei giacimenti sui mari di Kara e Barents.
Eppure a San Pietroburgo ancora si dibatte sull’impatto ambientale ed artistico della costruzione di una torre di 77 piani per la sede di Gazprom. Da questo punto di vista l’economia verde di Medvedev si configura come una necessità non solo di fronte alla crisi globale, ma soprattutto in risposta alla crisi dell’industria energetica che reggeva l’economia russa. E’ un salto evolutivo per un modello ancora aggrappato all’industria pesante, allo sfruttamento intensivo delle risorse energetiche e ad un basso livello di innovazione tecnologica.
Ma questa trasformazione strategica dell’economia si riflette anche sul piano politico. Le dichiarazioni di Medvedev sul risparmio energetico sono uno stralcio da “Russia Avanti”, l’articolo-manifesto con cui Medvedev avrebbe iniziato il suo distacco da Putin e dalla sua politica economica, accusata dal presidente di aver commesso “evidenti errori di sottovalutazione della crisi”. La diarchia del Cremlino è un’esperienza che forse sta per concludersi. Sull’economia non si gioca solo il futuro della Russia, ma anche quello dei suoi governanti.