Via il segreto sui misteri italiani!
19 Aprile 2016
Pubblichiamo il testo integrale dell’appello rivolto alle istituzioni dal senatore Gaetano Quagliariello, presidente del movimento Idea, per fare luce sugli “arcana imperii” e rendere pubblici gli atti relativi ai misteri italiani. L’appello è stato lanciato oggi dal quotidiano Il Tempo.
Può un Paese che pretende da un altro Stato verità su vicende recentissime come l’assassinio di Giulio Regeni, consentire che restino zone d’ombra su pagine drammatiche della propria storia nazionale? Può un Paese che arriva a minacciare una crisi diplomatica perché si faccia piena luce su un orribile delitto dei nostri giorni, lasciare che il racconto del nostro “secolo breve” e degli eventi che lo hanno insanguinato sia ancora coperto da omissis, da sigilli di riservatezza, da vincoli di segretezza? Può un Paese che rivendica l’acquisizione di tabulati relativi al traffico telefonico di un altro Stato, tenere sotto chiave cablo e informative che risalgono al secolo scorso? Può un Paese perseguire la giustizia e temere la storia? Insomma: possono esistere in una democrazia occidentale del terzo millennio gli arcana imperii?
Io credo di no. Prima ancora che alla funzione di parlamentare, mi rifaccio al mio vecchio mestiere di storico per rivolgere un appello a tutte le istituzioni affinché, in coerenza con il meritorio percorso già intrapreso con la declassificazione di atti di pertinenza di amministrazioni governative e di alcune commissioni parlamentari di inchiesta, vengano rimossi tutti gli ostacoli che rendono qualsiasi lavoro di ricerca, approfondimento, ricostruzione, inevitabilmente parziali.
La ricognizione si profila ingente e laboriosa, ma alcuni esempi eclatanti sono già sotto i nostri occhi. Una inspiegabile (o fin troppo spiegabile…) coltre di mistero avvolge ancora gli archivi della Commissione Mitrokhin, che nonostante le ripetute sollecitazioni (e “Il Tempo” ne sa qualcosa!) il Parlamento non accenna a voler desegretare. Un inestimabile patrimonio documentale sul fronte italiano della Guerra Fredda è così precluso all’accesso degli storici, dei ricercatori, degli studiosi e di chiunque non avendo un approccio superficiale all’abusato concetto di “verità” ritiene che solo la conoscenza possa avvicinare ad essa.
E ancora. E’ notizia di questi giorni che, accanto ai documenti declassificati nell’ultimo periodo, il governo abbia messo a disposizione dei componenti della Commissione di inchiesta sul caso Moro alcuni atti che i suddetti parlamentari hanno potuto visionare ma che un assurdo regime di segretezza preclude alla conoscenza pubblica. Questi documenti, a quanto è dato sapere, conterrebbero elementi di formidabile e forse decisiva importanza in ordine alla strage di Ustica e più in generale agli attentati che insanguinarono l’Italia in quel terribile 1980, ivi compreso quello alla stazione di Bologna. Eppure, ben trentasei anni dopo, non è dato conoscere. Non è dato sapere.
E’ uno strano Paese, il nostro. Si ha paura dell’approfondimento storico epperò, allo stesso tempo, si vorrebbe codificare l’assurdo reato di negazionismo, per perseguire attraverso lo strumento penale tesi certamente abiette ma che devono essere contrastate con lo strumento della conoscenza e non introducendo nel nostro ordinamento reati di opinione, peraltro soggetti ad ampia discrezionalità interpretativa. Insomma: si predica il negazionismo come reato ma si razzola l’oscurantismo di Stato.
Si frappongono barriere di segretezza rispetto a documenti che potrebbero avvicinare alla verità storica, epperò si foraggiano con soldi pubblici improbabili ricostruzioni cinematografiche spacciate come disvelamento di “verità nascoste”.
Si vorrebbe discutere addirittura se far cadere il segreto di Stato su vicende recenti che attengono alla guerra al terrorismo islamico e dunque alla nostra sicurezza nazionale, ma si ha paura di approfondire cosa sia accaduto a bordo di un aereo abbattuto quasi mezzo secolo fa.
Fatico a immaginare che negli anfratti polverosi degli archivi patrii del secolo scorso possano esservi elementi in grado di turbare l’attualità delle nostre relazioni internazionali e mettere a rischio la nostra sicurezza. In tal caso, tuttavia, nulla vieta di ricorrere a dei chirurgici omisiss. Ma gli arcana imperii no, un Paese democratico non se li può permettere. Un Paese che ha paura della propria storia non sarà mai riconciliato con se stesso. Un Paese che ha paura della verità non avrà mai la statura morale per pretenderla dagli altri a testa alta.