Walter vuol guarire l’università. Ma sa di che parla?
19 Febbraio 2008
Di Fabio
Mussi, al Ministero dell’Università e della Ricerca, non sentiremo certo la
mancanza. Del suo velleitarismo burocratico ne abbiamo avuto abbastanza. Ma
adesso che cosa propone Walter Veltroni per guarire l’università e la scuola
dai loro mali? Abbiamo letto con attenzione quel punto del suo programma sul
quale il leader del neonato Partito Democratico chiede il voto degli elettori.
Francamente, c’è da trasecolare. Chiunque gliel’abbia scritto, quel punto, è
uno che non ha mai messo piede in una università, e che della scuola ha un
ricordo molto lontano.
Della scuola in
genere, è presto detto, perché Veltroni non propone praticamente niente di
nuovo: le solite ovvietà sulle scuole come “luoghi di formazione
permanente” (oggi che cosa sarebbero?), con apertura pomeridiana (davvero
una novità), nonché periodi “sabbatici” di aggiornamento intensivo
per gli insegnanti: già intravediamo all’orizzonte gli antichi “corsi
abilitanti” o altre famigerate Scuole di Specializzazione all’Insegnamento
Secondario (SSIS). E che cosa sarebbero quei “test oggettivi” per gli
studenti? Si torna ai voti, ai rimandati a ottobre, ai bocciati?
Ma è sull’università che Veltroni si è davvero sbizzarrito a trovare il
minimo comune denominatore dell’ovvio. “Cento campus universitari e
scolastici dovranno essere pronti entro il 2010”, dice Veltroni. Ma
scherziamo? In primo luogo, non era stata proprio la sinistra ad accusare il
ministro della Ricerca e dell’Istruzione Universitaria dell’ultimo governo
Berlusconi, Letizia Moratti, di avere autorizzato l’aperture di troppe sedi
universitarie nuove e non all’altezza del loro compito? Non abbiamo tutti da
tempo deprecato la proliferazione incontrollata delle sedi nonché la loro
gemmazione in assenza di risorse? E adesso Veltroni ne vorrebbe creare altre
cento — e nel giro di tre anni?
In secondo
luogo, ma lo sa Veltroni che cos’è un campus universitario americano, o li ha
soltanto visti al cinema, magari in “Fragole e Sangue” (1970) o in
“Come eravano” (1973)? Lo sa che i campus hanno dormitori, palestre,
piscine, laboratori, ristoranti, e soprattutto delle biblioteche e uno
sterminato numero di lavoratori, quasi tutti precari? In tre anni? Francamente,
“the mind boggles” verrebbe da dire a Veltroni — se sapesse l’inglese.
L’altra perla
del cosiddetto programma universitario di Veltroni riguarda l’introduzione
della valutazione per merito, di contro all’ideologia del famoso “sei
politico”. Diciamo subito che quello del “sei politico” è un
luogo comune della vulgata storica del Sessantotto. Il “sei politico”
non c’è mai stato (all’università semmai si trattava di diciotto, non di sei),
se non i rarissimi casi in cui alcuni docenti accettavano di fare esami
collettivi a una classe, interrogando un po’ qui e un po’ là, e poi dando a tutti
lo stesso voto. Ma erano, appunto, situazioni rarissime.
Anche in questo
caso, il cosiddetto programma di Veltroni crolla sotto il peso della sua
ovvietà. Chi è mai che sostiene, oggi, che non si debba valutare il merito? O
che non si debbano premiare gli studenti bravi e penalizzare i cattivi? Il vero
problema è come farlo. E finché si continueranno a finanziare le università e a
premiare i professori in base al numero degli studenti che laureano o
esaminano, come stupirsi che il livellamento del voto verso l’alto (quello sì,
un vero e proprio trenta politico) non continui tranquillamente a prosperare,
soprattutto nelle facoltà umanistiche.
Manca, nel
programmino veltroniano, l’unica riforma veramente fondamentale, quella che da
sola farebbe cadere il castello di carte dell’attuale sistema universitario:
l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Finché tutti i diplomi e
tutti i trenta saranno uguali di fronte allo stato, non ci sarà mai
competizione tra gli atenei, desiderio di miglioramento, introduzione di
standard più elevati. Ma di questo, l’ovvio Veltroni naturalmente non fa
nemmeno parola. Per fortuna, non sarà lui a scegliere i prossimi ministri della
scuola e dell’istruzione universitaria.