Welfare: governo, sindacati e sinistra trovano l’accordo. Ma Montezemolo da che parte sta?

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Welfare: governo, sindacati e sinistra trovano l’accordo. Ma Montezemolo da che parte sta?

18 Ottobre 2007

Finalmente una buona notizia dal fronte Palazzo Chigi. Una
buona notizia che soprattutto ci conforta sul fatto che il Paese nei momenti
cruciali riesce a ritrovare la sua unità. Nelle ultime settimane, di fronte
alle notizia confuse che giungevano dalla vicenda protocollo welfare, una certa
inquietudine cominciava serpeggiare nella società civile. Oddio, vuoi vedere
che il grande disegno di riforma del welfare rischia di mettere a rischio i
nostri bagni di mare l’anno prossimo e addirittura la passata verace di
pomodoro (indispensabile sia per gli spaghetti che per la pizza).

Ed in effetti la pasticciata stesura del disegno di legge
che recepiva l’accordo del luglio sul welfare che irrigidiva i rapporti lavoro
a tempo determinato (dopo 36 mesi una sola proroga e poi trasformazione del
rapporto) rischiava di mettere in crisi sia gli stabilimenti balneari che le
imprese di trasformazione del pomodoro (incluso l’amato San Marzano) che di
lavoratori a termine hanno una strutturale necessità.

Ma poi la bonomia del Presidente del Consiglio, la saggezza
dei leader del sindacato, ma soprattutto la ferrea determinazione del
Presidente della Confindustria hanno scongiurato il grave pericolo. Alla fine a
prevalso la saggezza e l’unità nazionale: si può discutere di tutto, si possono
fare le riforme e le controriforme che si vogliono, ma guai a mettere in
discussione valor fondanti dell’identità nazionale (mare, spiagge e pizza).

La complessa vicenda del protocollo welfare nasce dalla
infedele trasposizione dei contenuti dell’accordo con le parti sociali nel
testo del d.d.l. approvato dal Governo. In particolare, rispetto all’accordo il
testo del Governo approvato venerdì scorso presentava in particolare tre punti
di differenza:


per i contratti a termine veniva introdotta la
regola per cui dopo i 36 mesi complessivi di rapporto nuovi contratti dovevano
essere stipulati davanti alla direzione provinciale del lavoro, con
l’assistenza di un rappresentante sindacale, e (qui la novità) per una sola
volta;

– per i lavori usuranti saltava il tetto delle
5000 unità come limite massimo da rispettare in sede di attuazione della legge,
ai fini del riconoscimento di un regime pensionistico più favorevole;

-non vi era alcun riferimento al principio
(concordato a luglio) secondo il quale dovrà comunque essere garantito ai
giovani neo assunti un trattamento pensionistico pari ad almeno il 60%
dell’ultima retribuzione (mandando così all’aria definitivamente il sistema
contributivo faticosamente introdotto negli ultimi dieci anni). 

Ciò aveva finito per scontentare tutti sindacati (CGIL
compresa), che denunciavano la scorrettezza del Governo che viene meno alla
parola data e scavalca a sinistra lo stesso sindacato, e gli imprenditori, che
oltre a richiedere il rispetto del principio pacta sunt servanda lamentavano le modifiche relative ai contratti
a termine, che avrebbero irrigidito il mercato del lavoro, ed ai lavori
usuranti, potenzialmente esplosive per gli equilibri del sistema previdenziale.

Così dopo giorni di tensione, di febbrili trattative, di
minacce di sciopero, di ultimatum sindacali, ieri sera si è finalmente
raggiunta la quadratura del cerchio. Governo e parti sociali hanno raggiunto un
nuovo accordo. Un accordo che nella sostanza accogli tutte le rivendicazioni
dei sindacati e della sinistra radicale (che pure ieri si è astenuta per non
pregiudicare definitivamente la manifestaizone di sabato). L’accordo, infatti,
conferma la modifica restrittiva dei contratti a termine (riconoscendo solo
alle imprese un periodo transitorio di 15 mesi), conferma l’eliminazione di
alcun tetto quantitativo al numero di posizioni che possono essere riconosciute
come lavoro usurante, reintroduce il riferimento al principio di salvaguardia al
60% per le pensioni dei giovani. Ma anche le imprese hanno avuto la loro
contropartita. L’accordo come detto esclude i lavori stagionali dalla
disciplina restrittiva dei contratti a termine. Evviva!

E’ ancora presto per cantare vittoria. Occorre vedere in
dettaglio il testo del d.d.l. licenziato dal Governo. Occorre aspettare la
grande manifestazione contro il precariato di sabato. Occorre verificare cosa
succederà in Parlamento quando sarà esaminato il disegno di legge.

Una conclusione è però possibile tirarla sin da subito. Ma
Montezemolo ci è o ci fa?