Yanukovich promette riforme ma l’Ucraina ormai somiglia alla Russia
04 Giugno 2010
Il primo discorso alla nazione del presidente ucraino Viktor Yanukovich sulle misure per superare la crisi economica è stato un perfetto esempio di retorica economica. Invece che rivolgersi al parlamento, Yanukovich ha preferito spostarsi al Palazzo dell’Ucraina, il più grande centro congressi del Paese, dove sono stati invitati in gran numero anche intellettuali, scienziati e militanti del partito del presidente. Pochissimi invece i rappresentanti della società civile e dell’imprenditoria, che dovrebbero essere tra i principali destinatari delle riforme. Fuori, a protestare, si sono radunate le sparute pattuglie dell’opposizione, capitanate dall’inossidabile Yulia Tymoshenko, che continua nella sua rauca retorica anti-Yanukovich.
Gli obiettivi fissati da Yanukovich sono ambiziosi e sono riassunti nella volontà di portare entro dieci anni l’Ucraina nei venti Paesi più sviluppati al mondo. Per centrare questo obiettivo, attualmente più simile ad un sogno, il presidente ha delineato una strategia aggressiva: ridurre il deficit di bilancio, stabilizzare il debito pubblico, alleggerire il peso fiscale, abbassare l’inflazione, fornire credito, sviluppare i mercati finanziari, semplificare la burocrazia per le imprese, privatizzare le imprese pubbliche e raggiungere un’avanzata integrazione con l’Europa. E’ il perfetto decalogo del riformatore liberale. Nessun economista avrebbe da eccepire su queste dichiarazioni di principio. Il vero banco di prova è l’attuazione di questo corposo programma di riforme. Ma è qui che Yanukovich si è dimostrato molto, forse troppo, vago, senza indicare modi, tempi e soprattutto i costi sociali.
Nonostante ciò Yanukovich ha chiesto al Fondo Monetario Internazionale di sbloccare un prestito di ben 19 miliardi di dollari, ricevendo una logica risposta negativa. Infatti è talmente evidente la distanza rispetto alla dettagliata proposta del Fmi, da indurre il suo rappresentante residente in Ucraina, Max Alier, a sollecitare il governo per predisporre misure realmente operative per l’attuazione delle riforme – a partire dalle più impegnative, come le pensioni e l’energia. Ma questi settori non coinvolgono soltanto la politica economica nazionale, perché tirano in ballo la politica estera, che a Kiev ormai significa principalmente i rapporti con Mosca.
La situazione allarmante dell’economia ucraina permette soltanto cure dolorose che colpiranno la popolazione. Ma Yanukovich è ancora fresco di elezione e non vuole rovinare la luna di miele col suo elettorato. Ecco perché ha bisogno della Russia. Allora il teorema fondamentale della nuova politica economica di Kiev, che precede ogni riforma dell’economia è consolidare il legame economico con la Russia, perché solo la Russia può impedire all’economia ucraina la bancarotta. Ecco il senso della recente visita di Medvedev a Kiev, lo scorso 17-18 maggio: stabilire una forte integrazione tra le economie dei due Paesi. Ma a questo punto, la politica economica lascia il posto alla sola politica. Mosca ha ottenuto il rinnovo fino al 2042 della permanenza della sua flotta navale nel Mar Nero, oltre al ritorno dell’Fsb russo a Sebastopoli. Ancora prima Putin aveva proposto a Gazprom l’acquisto di Naftogaz, la compagnia pubblica ucraina, per dare ossigeno economico a Kiev mentre la Russia avrebbe la strada spianata per dominare il mercato dell’energia in Europa, sia per mare, con North e South Stream, sia per terra, passando per l’Ucraina. Intanto, dopo anni passati in stato dormiente, ha ripreso a lavorare in modo febbrile la Commissione Interstatale Russia-Ucraina per “sincronizzare”, come ha detto Medvedev, “lo sviluppo socio-economico” dei due Paesi.
In pubblico Yanukovich professa il non-allineamento internazionale e promette riforme per la ricchezza dell’Ucraina. Nei fatti gli investimenti dalla Russia sono l’unica sponda per tenere a galla l’economia ucraina. Finora le riforme sono una retorica di impronta populista. Ma il sostegno economico del Cremlino, che guarda caso si è attivato presso il Fmi per sbloccare il prestito all’Ucraina, ha un comunque un costo politico, perché Mosca vuole ripristinare la sua egemonia sull’Ucraina. Ecco la “politica nascosta” che l’opposizione rimprovera a Yanukovich: svendere sottobanco l’Ucraina alla Russia. Ma in questo momento l’urgenza è tenere in piedi il Paese, anche appoggiandosi alla pericolosa stampella russa. Infatti Yanukovich ha presentato il suo ambiguo programma economico nel Palazzo dell’Ucraina, una monumentale architettura sovietica dei primi anni ’70. Il passato non si cambia. Forse nemmeno il futuro.