Iran, manifestanti violentate dalla polizia ma la protesta va avanti

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Iran, manifestanti violentate dalla polizia ma la protesta va avanti

Iran, manifestanti violentate dalla polizia ma la protesta va avanti

22 Novembre 2022

Sempre più drammatiche le notizie che arrivano dall’Iran. Torture e abusi nei confronti dei manifestanti diventano ogni giorno più indiscriminati. La Cnn, in un ampio reportage, ha dato conto di un aspetto particolarmente odioso della repressione perpetrata dal regime islamico. Molti giovani manifestanti, una volta arrestati, sono aggrediti sessualmente dalla polizia. La maggior parte delle denunce di violenze sessuali esaminate dalla Cnn dall’inizio delle proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini provengono dall’ovest del paese. In quell’area vive una vasta popolazione di origine curda.

 

Hana e le altre, violenza e repressione in Iran

E’ curda Hana, nome di fantasia, che racconta all’emittente all news americana di aver assistito a episodi di violenza e aver subito lei stessa abusi sessuali mentre era detenuta. “C’erano ragazze che sono state aggredite sessualmente e poi trasferite in altre città. Hanno paura di parlare di queste cose”, ha raccontato.

Una delle storie più atroci coinvolge una ventenne appassionata di TikTok. Armita Abbasi, capelli biondo platino e piercing al sopracciglio, come tante ragazze della Gen Z, amava condividere sul social più amato dai giovani video sui suoi gatti dal salotto di casa. La rivolta le ha cambiato la vita. Le forze di sicurezza iraniane, dopo averla arrestata nella sua città natale di Karaj, a ovest di Teheran, l’hanno sottoposta a violenze terribili. Dopo il suo arresto, però, erano trapelati su Instagram messaggi tra medici che avevano dovuto prendersi cura della ragazza a seguito delle violenze, dai quali emergeva chiaramente che la polizia aveva torturato e aggredito sessualmente Abbasi.

In alcuni dei casi scoperti dalla Cnn, l’aggressione sessuale è stata filmata e utilizzata per indurre i manifestanti al silenzio.

Una spirale di violenza senza fine. I gruppi per i diritti umani stimano che almeno 326 persone siano state uccise e circa 14.000 arrestate da quando è partito il movimento di protesta. 

 

“Un approccio anti insurrezionale”

Secondo il think tank americano Institute for the study of war (Isw), l’escalation è dovuta alla decisione del regime iraniano di adottare un “approccio anti insurrezionale” per affrontare le proteste in tutto il paese. Il corpo delle guardie della Rivoluzione iraniana, scrive Isw, è stato inviato in alcune città della provincia dell’Azerbaigian occidentale, fra cui Boukan, Mahabad, Oshnaviyeh e Piranshahr. Si tratta di unità militari propense “all’utilizzo estremo della forza e a uccidere i civili in modo indiscriminato”. Inoltre, forze di sicurezza stanno conducendo una “repressione brutale” a Javanroud, nella provincia di Kermanshah. La città è stata “isolata”, le principali strade che vi arrivano sono chiuse e sui manifestanti vengono sparati gas nervini e munizioni. Presumibilmente è stato lo stesso leader Supremo Ayatollah Khamenei a dare l’ok all’avvio alla fase più brutale della repressione di regime

Chi comanda a Teheran ha optato per la radicalizzazione del conflitto, trasformando i manifestanti in veri e propri nemici e rispondendo colpo su colpo, con violenza militare inaudita. La motivazione di questo inasprimento risiede nella consapevolezza degli ayatollah che la società iraniana si sta sempre di più secolarizzando e, in particolare nei grandi centri urbani, la maggioranza della popolazione è favorevole a un cambio di regime

 

Iran, una società sempre più laica

L’Iran vanta uno tra i sistemi sociali più dinamici nell’area del Golfo Persico. Un sondaggio realizzato dal Tony Blair Institute for Global Change rivela, ad esempio, che i giovani non sono l’unico gruppo che si oppone all’hijab obbligatorio. Il 78% degli intervistati di età compresa tra 20 e 29 anni, il 68% tra 30 e 49 anni e il 74% di età superiore ai 50 anni sono contrari all’imposizione obbligatoria dell’hijab. Inoltre, gli uomini sostengono le donne iraniane e si oppongono all’imposizione obbligatoria dell’hijab. Attraverso sondaggi realizzati sul territorio, l’Institute for Global Change ha scoperto che il 71% degli uomini e il 74% delle donne non sono d’accordo con l’imposizione obbligatoria dell’hijab. 

In tema di rapporto tra società e religione, la ricerca rivela che solo il 26% degli iraniani urbani prega cinque volte al giorno, mentre il 33% degli iraniani rurali segue la stessa prescrizione islamica. Allo stesso modo, solo il 28% degli iraniani rurali e il 21% degli iraniani urbani credono nella pratica di indossare l’hijab.

Il movimento di protesta contro il regime in Iran è fondamentalmente laico. Tra gli iraniani che vogliono un cambio di regime, il 76% considera la religione poco importante nella propria vita. Infine, tra coloro che sono contrari all’hijab obbligatorio, l’84% vorrebbe vivere in uno stato laico.